Ha spento l’interruttore e sbattuto la porta in malo modo. Ringraziando Meloni e La Russa. E schifiando il resto della compagnia. Nello Musumeci se ne va due volte nell’arco di una settimana: prima da presidente della Regione, evitando il confronto con il parlamento. Poi da (ri)candidato in pectore, stanco di attendere le determinazioni degli altri partiti, che ormai non lo sopportavano. Ha usato un mezzo – Facebook – e dei modi che non si confanno granché al prestigio dell’incarico ricoperto.
Ma Musumeci è così. Uno sceriffo di cartone, che non ha mai perdonato agli alleati di interessarsi alla cosa pubblica e all’azione amministrativa, che pensava fossero di pertinenza sua e della sua giunta. E di nessun altro. Un fascista perbene e con la schiena dritta, che non retrocede neppure di fronte agli errori macroscopici: come quello di aver evitato il confronto coi partiti o aver oltraggiato i deputati. Un uomo tutto d’un pezzo, che tuttavia non accetta la sconfitta. E dopo i capricci e le impuntature tipiche dei bambini, diserta il bon ton e decide di andarsene sui social.
Dal livore non nasce nulla. Ma dopo averci abituato a mille piroette, difficilmente quelle poche righe coincideranno con l’uscita di scena definitiva. Il presidente, reduce da cinque anni di buio pesto e riforme mancate, non pone certo le condizioni per l’unità del centrodestra, che pure “viene prima delle ambizioni personali” (come ha ribadito più volte). Questo addio (o arrivederci, chissà) somiglia un sacco alle accuse isteriche riversate su franchi tiratori, definiti “scappati di casa”, che decisero di non votarlo come delegato per il Quirinale. Accuse rimaste in sospeso, come i riferimenti alle “palle pericolose” da non toccare, che gettano un’ombra sulle dinamiche di una coalizione che vorrebbe ritrovarsi dopo una legislatura di stenti: per vincere, ma soprattutto per governare.
E invece no. I primi segnali del colonnello Nello fanno temere il peggio. Sembrano proiettati allo sfascio anziché alla concordia. Alle divisioni anziché all’unità. La sua ombra incombe sulla Regione come un temporale d’agosto sulle vacanze già organizzate. Fa ancora in tempo a cambiare rotta.