Oggi tutti saranno per la legalità. Oggi, nel nome del giudice Giovanni Falcone – trucidato trent’anni fa a Capaci con la moglie e gli uomini di scorta – non ci sarà un politico, un amministratore, un magistrato, un inquisitore, un componente della commissione antimafia che non voglia dare prova di verità e giustizia. A cominciare dalla Corte dei Conti, tra le cui mani passano i bilanci e le spese della Regione. Ed è proprio dalla magistratura contabile che può partire un segnale importante e irreversibile. Pochi giorni fa si è insediato il nuovo procuratore. Si chiama Pino Zingale. E’ giovane, brillante, preparato. Vanta numerosi riconoscimenti e numerosissimi incarichi. Sarà la scopa nuova che servirà alla Sicilia per fare un po’ di pulizia. E soprattutto per chiarire misteri che si attorcigliano senza soluzione da almeno una diecina di anni. Quello più scandaloso è il mistero immobiliare. Che per un ristretto numero di avventurieri è un mistero gaudioso. Mentre per la gente onesta, quella che sfilerà oggi per ricordare il sacrificio di Falcone, rimane un mistero doloroso, imperscrutabile e vergognoso.
L’ultimo capitolo, manco a dirlo, è stato scritto con la Finanziaria approvata dall’Assemblea regionale appena il 13 maggio. In cui il governo Musumeci ha inserito una voce di spesa pari a 20 milioni per l’acquisto dell’area dove sorgerà il nuovo Centro Direzionale della Regione (facendo lievitare l’investimento complessivo a 445 milioni). Si tratta del “compendio immobiliare sito a Palermo in via La Malfa 169”, attualmente occupato dall’assessorato al Territorio e Ambiente. Molti pensavano che fosse già di proprietà della Regione. Non è così. L’edificio, infatti, appartiene a un fondo immobiliare del gruppo Prelios, di cui la Regione è socia al 30%. “Per poter realizzare lì il Centro direzionale – ha detto l’assessore all’Economia, Gaetano Armao – dobbiamo tornare alla piena proprietà dell’area. E a questo serve quella norma”.
Piccolo ma necessario inciso. Prelios, ex Pirelli Re, non è estranea alle vicende immobiliari della Regione nell’ultimo ventennio. Il fondo Fiprs (Fondo immobiliare pubblico Regione Siciliana) è lo stesso che nel 2007 entrò nell’operazione di “svendita” di 33 immobili regionali – tra cui il “compendio immobiliare di via La Malfa” – da parte del governo Cuffaro, di cui la Regione tornerà inquilina qualche anno dopo, riaffittandoli a cifre mostruose (circa 20 milioni l’anno). Il nuovo Centro direzionale, che Musumeci definisce “la più grande opera pubblica progettata a Palermo”, ha un duplice scopo: riunire sotto lo stesso tetto circa 4.400 dipendenti, ma anche risparmiare sui costi dei fitti passivi che tuttora la Regione versa ogni anno a Fiprs (circa 24 milioni). Questa dannata storia, e i legami del fondo immobiliare con un sistema di scatole cinesi che riconduce dritti ad alcuni paradisi fiscali, si intreccia in maniera preoccupante con lo scandalo del “censimento fantasma”, da circa 110 milioni, messo in piedi con la complicità di Sicilia Patrimonio Immobiliare (Spi) – una partecipata regionale tuttora in liquidazione – e del suo socio di minoranza, nonché amministratore delegato: il piemontese Ezio Bigotti. Quel censimento, che per lungo tempo è stato tenuto sotto chiave, oggi è tornato in possesso della Regione ma risulta inservibile.
Sperando di cancellare con un colpo di spugna una vicenda tanto dolorosa quanto grottesca, che l’assessore Armao ha vissuto in prima persona (avendo bloccato lui stesso i pagamenti nei confronti della Spi, da assessore al Bilancio, nel 2010, e generando un contenzioso milionario), il governo Musumeci si è fatto promotore di questa felice idea del Centro direzionale che però, durante la gestazione, ha avuto numerosi intoppi. Il più recente è una comunicazione dell’Anac, l’autorità anticorruzione, del 14 marzo scorso in cui viene ribadita la non conformità della procedura seguita per il concorso di progettazione. Con una sottolineatura: la nomina della commissione di concorso non può essere precedente alla data fissata per la scadenza delle offerte previste nel bando. “Questo, infatti, viola la normativa esistente che prescrive che la nomina dei commissari deve avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte, al fine di garantire l’anonimato dei commissari nella fase partecipativa”.
Ma c’è un’altra questione legata al conflitto d’interesse – ravvisato dalla stessa Anac – fra il presidente della commissione, il francese Marc Mimram e il raggruppamento vincitore, di cui fa parte lo studio d’architettura Leclerq Associès. Mimram e Leclerq avevano lavorato insieme, ma quest’ultimo non aveva mai dichiarato la sussistenza di cause di incompatibilità. Pertanto era stato escluso dal Rup, il Responsabile Unico del procedimento, assieme ai raggruppamenti arrivati al secondo e al quarto posto (per lo stesso motivo). Contestualmente, il Rup ha proceduto all’aggiudicazione provvisoria in favore del nuovo primo classificato: Studio Transit s.r.l. Peccato che con una sentenza della seconda sezione del Tar, giunta all’inizio di febbraio, i francesi siano stati riammessi. Secondo i giudici amministrativi, la disciplina pubblicata correttamente dalla Regione non legittimava il Rup ad escludere il vincitore del concorso. Il Tar ha rilevato inoltre che i provvedimenti impugnati “non delineano in alcun modo la sussistenza di un rapporto di collaborazione stabile e abituale tra il presidente della Commissione aggiudicatrice e l’architetto Leclercq, alla luce dell’esiguità degli episodi di cooperazione indicati, solo tre, e della distanza temporale che li separa, superiore al quinquennio”. Tutto da rifare, quindi.
Un groviglio inestricabile che, forse, avrebbe suggerito alla Regione di pazientare un po’. Invece, con un colpo d’ala tipico dei finali di legislatura, e di fronte a un parlamento distratto da mille cose, ecco la sorpresa: venti milioni per acquistare l’area dove sorgerà, chissà quando, il Centro direzionale. Una mossa che, a freddo, è stata contestata dal Movimento 5 Stelle ma anche dai gruppi della stessa maggioranza. La deputata della Lega, Marianna Caronia, ha segnalato che “effettivamente è come se la Regione acquistasse un bene già suo… Non molto conveniente, visto che il Centro direzionale è stato progettato per risparmiare sugli affitti”.
Anche Nuccio Di Paola, capogruppo del M5s, ha espresso molte riserve sull’operazione ispirata da Armao (e avallata da tutti gli altri): “Non sono bastati i dubbi che abbiamo avanzato sul bando di progettazione, i rilievi dell’ANAC, le perplessità sulla reale utilità dell’opera, il governo Musumeci anche in questa finanziaria ha deciso di investire sull’opera ulteriori 20 milioni di euro. Poco importa se i fondi per i siciliani sono perennemente a rischio, se ad ogni finanziaria si rischiano tagli: i fondi per il centro direzionale non finiscono mai, anzi aumentano. Il governo regionale invece di provare a risolvere, in questi quasi 5 anni, i reali problemi dei siciliani pensa in grande e si stacca dalla realtà. I proclami di questo governo sono ormai al capolinea e noi siamo pronti per ridare normalità a questa terra e a non sprecare 445 milioni di euro in opere faraoniche”.
Sarebbe solo l’ultimo tassello di una gestione disastrosa, e poco trasparente del patrimonio immobiliare della Regione. In quattro anni di governo Musumeci, d’altronde, l’assessore all’Economia non è mai riuscito a fornire un report dettagliato di tutti gli immobili di proprietà nonché un censimento completo (dopo quello del 2007 che risulta tuttora inservibile, come evidenziato da un servizio recente di Striscia la Notizia). E tutto ciò, nonostante il pressing della Corte dei Conti, che anche nell’ultimo giudizio di parifica aveva dichiarato ‘non regolare’ lo Stato patrimoniale dell’ente: “Al momento – si leggeva nella relazione dei magistrati – non si può contare su una pronta visione complessiva della consistenza immobiliare e dello stato di utilizzazione e redditività dei beni, situazione che, peraltro, si perpetua da molto tempo ed alla quale sarebbe giunto il momento di porre finalmente rimedio”. Magari.