Una volta era “E allora… il Pd?”, per indicare la scomparsa dalla scena pubblica del pensiero progressista. Uno slogan che ha contribuito all’affondamento del Partito Democratico prima dell’avvento (fin qui promettente e poco altro) di Elly Schlein. Ma a contendere ai dem il ruolo di bella statuina della politica siciliana, è senz’altro Forza Italia. Un partito “forte” nel nome e nei numeri, che negli ultimi mesi si è quasi smagnetizzato. Il controllo di numerosi organi di governo e di sottogoverno, dalla presidenza della Regione in più, l’hanno fatto sentire appagato. A tal punto da azzerare – oltre alla presenza sulla scena pubblica – il dialogo interno.
A farne le spese è stato soprattutto Edy Tamajo, la cui luna è calante. Dopo aver parlato troppo (persino ipotizzando, in alcuni audio, la propria corsa a palazzo d’Orleans al termine del primo mandato di Schifani), e aver dimostrato coi numeri la potenza di fuoco del proprio elettorato, ha subito due ceffoni che l’hanno ridotto a umile parvenu: prima con la decisione di escludere Carmelo Frittitta, ex direttore del dipartimento Attività produttive, dalla posizioni apicali della burocrazia regionale (nonostante lo spiegamento di forze); poi con la richiesta di Forza Italia al sindaco Lagalla, di sostituire l’assessore alle Attività sociali, Rosi Pennino, nella giunta di Palermo. Selezionata da Gianfranco Micciché dopo le ultime Amministrative, è passata progressivamente nello schieramento di Tamajo. Che – non da oggi – Palazzo d’Orleans ha deciso di ridimensionare.
L’assessore alle Attività produttive, che nelle scorse settimane è rimasto orfano dell’altro fedelissimo Ottavio Zacco (i due avevano fatto la guerra a Giorgio Mulé nel corso della campagna elettorale per le Europee), vede ridursi il proprio contingente. E’ l’unico strumento che FI conosce per evitare che la sua autostima si tramuti in ambizione. Non è detto che basti, ma nel frattempo ha finito per fiaccare l’ala del partito devota a Tamajo e, per induzione, al suo spirito-guida, Totò Cardinale. L’altro elemento del contendere, Frittitta, nel frattempo è passato dall’Inter al Milan: dopo l’esclusione dal giro dei burocrati, e dal dipartimento che Tamajo ha utilizzato come bancomat nei confronti delle imprese, il dirigente è diventato vice capo di gabinetto vicario del governatore.
I rapporti fra Schifani e Tamajo sono ai minimi termini, anche se entrambi fanno il possibile per rimanere coperti. Minimizzando. Eppure sono gli unici che si agitano, dal momento che i cosiddetti “murati vivi”, cioè le espressioni del partito deluse dalla gestione di Marcello Caruso – che avevano persino minacciato un documento per chiederne la revoca da segretario regionale – se ne sono rimasti con le mani in mano in attesa di un incarico. La moral suasion di Schifani è bastata, inoltre, a ricondurre all’ovile alcune pecorelle smarrite come Marco Falcone, mentre l’ala agrigentina – composta da Margherita La Rocca Ruvolo e da Gallo Afflitto – è stata ridimensionata.
L’unico ad aver fatto i bagagli davvero (ma questo è successo parecchio tempo fa) è Gianfranco Micciché, nonostante non abbia mai abbandonato del tutto la casa madre. Dopo essere passato al gruppo parlamentare del Mpa di Lombardo – federato a Forza Italia a livello nazionale, per effetto di un accordo stretto con lo stesso Tajani – l’ex presidente dell’Ars si è gettato a capofitto in un’avventura con lo stesso Lombardo e col sindaco di Palermo, Lagalla. Hanno creato un nuovo movimento, che sarà battezzato domenica mattina ad Enna. Ma anche su questo fronte, specie dalla sponda autonomista, non arriva alcun apporto all’azione di governo. Né compaiono spinte o critiche che vadano in senso opposto.
Per buona parte della legislatura l’ex governatore di Grammichele era stato una spina nel fianco di Schifani, imputandogli le difficoltà di gestione, specie sulla sanità (a partire dal metodo per la scelta dei manager); così come i pessimi giudizi espressi (anche pubblicamente) nei confronti di Roberto Di Mauro, poco per volta demansionato dai suoi incarichi di responsabile dei Rifiuti. La verve, però, è venuta meno. E qualsiasi approccio critico è stato sacrificato sull’altare del nuovo partito e del secondo mandato del presidente in carica, che Lombardo avrebbe intenzione di garantirgli.
Ma ciò che manca alla politica siciliana non sono le chiacchiere sterili e le ambizioni di riposizionamento; bensì la capacità di affrontare le grandi questioni che fanno gridare all’emergenza. Ad esempio, identificandosi con la sofferenza dei pazienti. Da Forza Italia sarebbe lecito attendersi una presa di posizione netta sulle responsabilità di Ferdinando Croce e sullo scandalo che ha investito l’Asp di Trapani, ma l’unico a parlare – da Roma – è il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, che ha chiesto un’assunzione di responsabilità collettiva, anche se a qualcuno dovesse costare una poltrona. Il segretario Caruso risulta non pervenuto e si ingegna (soltanto) nel dirimere la questione delle ex province, convocando il tavolo degli alleati e provando ad alimentare il sogno di candidature unitarie (sempre più improbabile); il gruppo parlamentare dell’Ars è evanescente; i rappresentanti del territorio sono stati “imprigionati” da una gestione sempre più centralizzata e unitaria.
Nessuno ha mosso un dito neppure di fronte alla nomina di Daniela Faraoni alla Sanità, nonostante lo sponsor principale di questa operazione fosse il leghista Luca Sammartino (mentre sulla Volo era chiara l’indicazione di Forza Italia). E oggi che l’assessore continua a faticare nella gestione dei numerosi dossier, che non riesce a venire a capo dell’affaire Trapani, che si dimostra incapace di risolvere la vertenza con le strutture convenzionate sull’applicazione del nuovo tariffario… beh, nonostante tutto, Forza Italia continua ad assistere inerme. E’ come se i problemi non la riguardassero. Cullandosi sul diritto acquisito di ricandidare Schifani, vantandosi per il risultato ottenuto alle Europee e per la cortina di ferro rappresentata dai suoi alleati (non solo Lombardo ma anche Cuffaro). Piuttosto che recitare un ruolo da protagonista, si è preferito fare da spettatore. Vietato disturbare.