Ci sono anche i futuri navigator siciliani, 429 per la precisione, fra le 54 mila persone (8.580 arrivano dall’Isola) che da giorni sgomitano, ma neanche tanto, alla Fiera di Roma per strappare un contratto di lavoro a tempo determinato, valido fino al 30 aprile 2021, e un reddito medio lordo che si aggira attorno alle 27.300 euro (più un rimborso spese di 300 euro mensili). In realtà gli aspiranti sono un pochino meno del previsto: alla prima sessione del 18 giugno, su 8.890 candidati attesi, se ne sono presentati 3.194 (il 35% scarso). Alle sessioni successive, di martedì pomeriggio e mercoledì mattina, una media fra il 36 e il 37%. Anpal, che organizza il quizzone, ha da ritenersi soddisfatta, dato che “a questi concorsi generalmente partecipa una percentuale intorno al 30%. All’ultimo concorso Inps il tasso di partecipazione era stato del 27%. La risposta dei candidati navigator è stata quindi positiva”. Sarà. Ma il dato non può che stridere con la rilevanza mediatica del concorso e, in generale, col provvedimento più atteso del governo gialloverde.
Il reddito di cittadinanza, liquidata la prima fase – che prevedeva il rilascio della card e del sussidio ai percettori (in Sicilia al momento sono 27 mila) – ora cerca di allestire il “dopo”. Cioè l’organizzazione dei Centri per l’Impiego, dove i percettori si recheranno per cercare di trovare un’occupazione. Perché non è l’assistenzialismo, a detta dei Cinque Stelle, che ne hanno fatto un baluardo del primo anno di governo, l’obiettivo ultimo del reddito minimo. Ma contribuire al reinserimento di queste persone nel mondo del lavoro, e abbattere la povertà.
A procurare un posticino alle migliaia di “stipendiati” da 780 euro al mese (cifra massima) dovrà essere il personale dei Cpi di tutta Italia, che fra qualche giorno, o più ragionevolmente qualche settimana, vedrà crescere il proprio organico. I 54 mila candidati “potenziali”, in realtà, si contendono appena 2.980 posti. Tra i possibili tutor, la laurea più diffusa è quella in giurisprudenza (16.953 candidati), seguita da quelle in psicologia (12.080) e scienze economico-aziendali (7.242). Alla Sicilia ne toccano 429, seconda dopo la Campania (471). La prima scrematura è avvenuta in base al voto di laurea, che ha lasciato fuori circa 25 mila persone. Ed è attorno all’interpretazione di due avvocati catanesi, intenti a difendere la loro assistita “esclusa”, che rischia di stagliarsi sul concorsone – 100 domande a risposta multipla (cultura generale, ma anche domande di logica e informatica) – l’ombra dei ricorsi.
Santi Delia e Michele Bonetta, infatti, si sono rivolti al Tribunale ordinario di Catania (non al Tar, che non ha giurisdizione su società pubbliche come Anpal, che organizza la selezione), ottenendo la sospensiva d’urgenza – a poche ore dall’inizio del concorsone – del provvedimento d’esclusione di una candidata. Il tutto per una clausola contenuta nel bando che, secondo i legali, è “palesemente illegittima”. L’articolo 6 dispone, infatti, che “sono ammessi alla selezione i candidati in possesso dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art.3 del presente Avviso, secondo un rapporto di 1 a 20 tra posizioni ricercate e candidature pervenute su base provinciale, in ragione del miglior voto di laurea”. Ma in questo modo, si sono opposti i due avvocati, “l’ammissione al quiz è legata non solo e non tanto al miglior voto di laurea, ma anche al fatto che vi saranno province in cui si è ammessi con un voto pari a 100 ed altre in cui non è sufficiente un 105”. Una vera e propria “discriminazione territoriale” che ha costretto il Tribunale ad accogliere il ricorso, dato che in questo modo “la concreta ammissione dei singoli candidati finisce per dipendere da fattori casuali, aleatori e non predeterminabili, quali sono quelli dipendenti dal numero di candidati in relazione a ciascuna provincia”.
Con le stesse motivazioni, e una sentenza non difforme, altri 100 ricorsi, in arrivo solo da Catania, potrebbero ingolfare la macchina organizzativa di Anpal e costringerla all’annullamento della prova, o all’aggiunta di una nuova sessione d’esami per chi era stato precedentemente escluso. Questa ipotesi, del tutto fondata, potrebbe provocare un ritardo consistente nell’iter – già al rilento – che secondo il Ministro di Maio prevedeva il test entro maggio e le assunzioni nei Centri per l’Impiego entro giugno.
All’indomani della prova per i navigator, comunque, potrebbe partire una nuova selezione, su base regionale stavolta, per altre assunzioni. Si parla di 5.600 nuove figure professionali, che andrebbero a rafforzare gli organici dei Cpi, non solo nei numeri ma anche in termini di competenze. Serve, però, che l’emendamento, allegato al decreto Crescita, passi al vaglio delle Camere (due giorni fa è stato bocciato). Puntare sulla qualità del servizio è, soprattutto, un’esigenza siciliana. Lo ha ribadito anche l’assessore alla Famiglia, Antonio Scavone, durante la visita, qualche giorno fa, di Mimmo Parisi, il guru americano voluto da Luigi Di Maio a capo di questa macchina infernale del reddito di cittadinanza. “Dei circa 1.700 dipendenti attuali – aveva ricordato Scavone – soltanto 600 sono di qualifica C e D, mentre il resto hanno soltanto competenze di base insufficienti per reggere all’onda d’urto del reddito di cittadinanza, ma soprattutto al progetto di trasformazione dei Centri per l’Impiego in cuore pulsante dell’economia siciliana”. A prescindere da un’altra, eventuale, selezione futura organizzata da Anpal, nell’Isola arriveranno comunque forze nuove: “Ci saranno 111 posti con le misure del Jobs Act e 277 dalla finanziaria dello scorso anno” ha ribadito Scavone in un’intervista a “La Sicilia”.
L’amministratore unico di Anpal si è riservato di dare notizie a Scavone relativamente all’ipotesi di “pilotare” all’interno dei Centri parte dei 1700 ex sportellisti ancora in attesa di collocazione, e tuttora disoccupati. Che avrebbero anche le giuste competenze per entrare in organico. “A Roma c’è un tavolo aperto, stiamo studiando soluzioni compatibili con il nostro piano industriale del fabbisogno” si è limitato a rispondere Parisi. Ma tutto il mondo è paese. Infatti, mentre Anpal organizza le selezioni per quasi 3 mila persone da mandare nei Cpi, 600 dei suoi dipendenti, che da anni lavorano per la società in house dell’Agenzia nazionale per il Lavoro, rischiano di rimanere a casa. Hanno un contratto in scadenza e nessuno se li fila.