Musumeci, re degli annunci

Claudio Fava è uno scrittore, giornalista e politico. E' l'attuale presidente della commissione regionale Antimafia

A questa Finanziaria, secondo Claudio Fava, manca “una visione strategica” Al governo va dato atto, secondo il presidente della commissione Antimafia, di “aver ritirato la vecchia proposta ed essersi concentrato sull’emergenza”. Ma non è abbastanza di fronte a una terra vittima dell’incuria della propria classe dirigente. Volessimo scandagliare per un attimo l’emergenza politica, senza soffermarci su quella epidemica, lungo il percorso di Musumeci & co. si notano parecchi incidenti di percorso: “Da due anni e mezzo – esordisce il deputato dei Cento Passi, a mo’ d’esempio – c’è dietro l’angolo, pronto ad essere presentato ogni giorno, un piano organico sui rifiuti. Ma ancora non si vede. E’ la conferma di un governo che ama ascoltarsi dal giorno del suo insediamento, dire verità apodittiche che non ammettono repliche né smentite. Ma dietro quelle verità spesso non c’è nulla”.

Da cosa deriva questo senso d’incompiutezza, e perché ha a che fare con la Finanziaria? Forse perché Musumeci, un paio di giorni fa, ha annunciato che a partire da giorno 5 – dopo la sessione di bilancio – partirà la ricostruzione economica dell’Isola?

“Il problema è che il governo arriva a questa Finanziaria, al netto dell’epidemia, senza un’idea che non sia soltanto evocata e annunciata. Ma, piuttosto, costruita, materializzata, capace di tramutarsi in un progetto di indirizzo politico che ci dica cosa debba accadere in Sicilia nei prossimi anni. Parlare di “ricostruzione economica” è una frase ad effetto come quella sull’articolo 31, sui pieni poteri, sui cento milioni per i comuni: annunci che rendono felici tutti finché dura l’eco della frase, ma appena le parole cadono a terra ci si accorge di cosa ci sia dietro. Spesso niente”.

La Regione ha comunicato che i mandati di pagamento per l’assistenza alimentare sono ben avviati.

“Stiamo ancora ricucendo i cocci psicologici, emotivi con le amministrazioni comunali dopo l’annuncio improprio di qualche settimana fa, in cui si diceva che eravamo stati i primi ad avere messo mano al portafogli, salvo scoprire nel giro di 48 ore che i cento milioni non c’erano: 70, di fondi Poc, non sarebbero mai arrivati, gli altri 30, del fondo sociale europeo, soltanto a epidemia ampiamente conclusa. Nel frattempo, fuori dai municipi, si era già creata la fila dei questuanti e dei nuovi poveri che speravano che quei soldi fossero veramente disponibili”.

In questi giorni lei ha sollevato anche un’altra questione. La promessa – sancita da una delibera di giunta – di sospendere per sei mesi i canoni agli abitanti dell’edilizia popolare. Sul sito dello Iacp di Palermo si legge che i canoni vanno pagati regolarmente.

“E’ gravissimo. Comportamenti come questo fanno male: non soltanto a chi immagina che le parole di Musumeci abbiano dentro un elemento di verità, ma anche per l’infantilismo con cui da una parte si promette e dall’altra non si mantiene, attraverso un linguaggio della burocrazia che si conferma oscuro, rigido e tassativo come sempre. Inoltre, crea una fascia di enorme disagio sociale che qualcuno cercherà di coltivare. Diceva bene il prefetto di Palermo in un’intervista: c’è chi in questo momento pensa di poter fare nuovo reclutamento sociale all’interno di questa platea di nuovi poveri. Si riferiva ovviamente alla criminalità organizzata”.

In Finanziaria sono previste, effettivamente, misure di contrasto all’emergenza Coronavirus?

“Le misure ci sono. La preoccupazione è che nella gestione di queste misure ci sia anche un’eccessiva discrezionalità lasciata nelle mani del governo. Vedremo cosa succederà in aula. Le contorsioni all’interno della maggioranza non sempre ci portano a ritrovare ciò che abbiamo votato nelle commissioni di merito”.

Crede che questi fondi europei ci siano e siano spendibili?

“Io penso che i fondi europei ci saranno, il problema è la capacità di acquisirli e spenderli. Anche se andremo incontro a un periodo che avrà meno rigidità di spesa e meno regole. Il mio timore, invece, è che l’anima dei conti siciliani, legata alla quadratura del Bilancio, sia affidata agli esiti di un negoziato con il governo centrale che l’assessore all’Economia ha dato per concluso più volte”.

Ma non è ancora quagliato nulla.

“Lui dice sia questione di minuzie e di dettagli. Ma io non sono altrettanto sicuro che questo negoziato – che serve a rinviare il pagamento dei 450 milioni di rata per saldare il debito pubblico della Sicilia e gli altri crediti vantati dallo Stato – sia a buon punto. La Regione sostiene che il governo centrale è disposto ad accogliere le nostre richieste; ma le voci romane mi dicono esattamente il contrario”.

E’ emergenza Coronavirus anche nelle carceri. Il boss dell’Uditore, Francesco Bonura, ha lasciato il 41-bis di recente. In Campania è stato scarcerato Pasquale Zagaria. Al momento, invece, sembra rientrata l’ipotesi dei domiciliari per Nitto Santapaola. Qual è il confine tra rispetto della dignità umana e rispetto della pena?

“Intanto il rispetto della verità. Un capomafia al 41 bis non può essere scarcerato per il rischio di contagio, perché le condizioni in cui si trova lo rendono più al sicuro di qualsiasi altro anziano che, ad esempio, ha vissuto in una casa di riposo. Fatta questa dovuta premessa, se ci sono le condizioni – non mi riferisco solo a patologie non compatibili con la carcerazione, ma anche al rispetto della dignità umana – sono d’accordo che ci si assuma la responsabilità di una scarcerazione e di un differimento della pena. Ma non rifugiandosi dietro la foglia di fico ipocrita del Covid. Se un tribunale di sorveglianza vuole scarcerare un mafioso di 75-80 anni perché ritiene che non sia più pericoloso e le sue patologie non più compatibili con il carcere, lo faccia. Io non ho alcuna obiezione. Non penso che la pena debba essere una vendetta. Queste crociate minori non mi sono mai appartenute”.

Secondo lei la circolare del Dap (il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), in cui si chiede ai direttori delle carceri comunicare “con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza” le condizioni sanitarie dei detenuti ultrasettantenni, può aver generato qualche equivoco?

“Ha generato equivoco il riferimento al Covid. L’esigenza di avere un monitoraggio costante sulla situazione sanitaria della popolazione carceraria più anziana c’è sempre stata. Collegare questo monitoraggio al Covid, però, mi è sembrato uno scrupolo fuori posto perché per al 41 bis i contatti sociali sono minimi. Rischia di diventare una presa in giro e una mancanza di rispetto nei confronti di decine di migliaia di anziani che sono morti perché non hanno avuto alcuna tutela e hanno dovuto condividere questa malattia, soprattutto all’inizio, in condizioni di criminale promiscuità”.

Capitolo rifiuti. Il lavoro di sei mesi della commissione Antimafia ha fatto emergere altri elementi rispetto a quelli di cui aveva sentore anche prima?

“La commissione antimafia non è un’agenzia di investigazione, non lavora per scoprire verità occulte, ma per fornire un’analisi, un approfondimento, un’indagine politica su vicende e fatti che sono sotto gli occhi di tutti. Una visione d’insieme ti garantisce una lettura diversa e più ampia. E’ quello che è successo al termine del lavoro sui vent’anni di gestione politica e amministrativa del ciclo sui rifiuti, in cui abbiamo ascoltato presidenti, assessori, dirigenti generali, e preso visione degli atti giudiziari. Ne viene fuori una realtà inconfutabile: c’è stato un vassallaggio della funzione politica e  amministrativa a beneficio dei proprietari delle grandi discariche private. Con uno scarico costante e spesso indecente di responsabilità, e scelte di grande impatto dal punto di vista sociale e civile. Parliamo di una stagione in cui si sono state concesse autorizzazioni per ampliamenti fino a 7 milioni di metri cubi. Avvenivano senza che nessuno avesse contezza di cosa si stava autorizzando”.

Vuol dire che nemmeno le persone coinvolte sapessero?

“L’esempio più lampante proviene da un ex direttore generale (il capo del dipartimento Ambiente, Sergio Gelardi, citato nelle conclusioni), il quale ha ammesso di essersi trovato di fronte a pratiche di cui non capiva nulla, che riguardavano temi di cui non avesse una cultura specifica. ‘Sono stato messo lì – ha dichiarato alla commissione – soltanto per la mia incompetenza e per garantire la mia fedeltà. La mia funzione era soltanto quella di apporre una firmetta’. Ecco: l’istituto della firmetta è quello che ha massacrato la politica siciliana, le ha tolto ogni autonomia e funzione di indirizzo. Il risultato di tutto questo è non aver investito un solo euro nell’impiantistica pubblica. Ancora oggi abbiamo un conferimento dell’80-85% nelle discariche, che ad eccezioni di Bellolampo sono tutte private”.

L’esito della vostra relazione ha avuto una coda polemica. Il giornalista Paolo Borrometi, che nel 2015 sosteneva la necessità dello scioglimento del comune di Scicli, che avvenne realmente dopo la decisione da parte dell’ex sindaco Susino di non concedere l’ampliamento di una discarica privata, ha dichiarato che la relazione contiene il falso. Le ha dato fastidio?

“Avendo fatto il giornalista per 42 anni – oggi ne ho 63 – e svolto la funzione di presidente di questa commissione dopo un impegno nelle istituzioni che è sotto gli occhi di tutti per determinazione e limpidezza, mi fa ribollire il sangue sentirmi dire da un moccioso che abbiamo falsificato un documento. Mi induce a portare tutto nelle mani dei giudici di un tribunale per sporgere querela”.

 

La questione ruota (anche) attorno a un articolo – contrario allo scioglimento del comune di Scicli – che Borrometi non avrebbe mai pubblicato sul suo sito (La Spia) e che lui stesso, in audizione, disse di non ricordare. Quell’articolo, però, negli ultimi giorni è sbucato fuori. Chi ha ragione?

“Se sono vere le cose che ho letto sui giornali, siamo di fronte a un giovanotto che ha pubblicato un articolo che non esisteva, lo ha retrodatato a cinque anni fa e ha accusato la commissione antimafia di aver scritto falsamente che quell’articolo non c’era. Al di là dei rilievi penali pesantissimi di un’affermazione così offensiva, continuo a pensare che tutto questo con l’antimafia e col giornalismo non c’entra nulla”.

Borrometi l’ha accusata di aver usato con lui lo stesso metodo utilizzato con Antoci. In pratica s’è sentito mascariato.

“Il mestiere della vittima è un mestiere che produce onori e gratificazioni. Non credo vi sia persona al mondo che lo interpreti con maggiore zelo del signor Borrometi. Al quale piace essere vittima e cercare altre vittime con le quali condividere questo status privilegiato”.

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