Quando non c’è altro di cui parlare, in Sicilia, puntualmente, salta fuori il tema del Ponte sullo Stretto. Bello, bellissimo, praticamente impossibile. Ma l’attrazione dell’annuncite, in tempi di pandemia, ha dovuto ricalibrare i propri codici. Così, nel bel mezzo di una campagna vaccinale che non vuole saperne di ingranare – sebbene l’Isola sia fra le primissime regioni per percentuale di inoculi – ecco l’ossessione nuova: il vaccino Sputnik. Pensate un po’: l’Ema, l’agenza europea del farmaco, potrebbe approvarlo non prima di fine giugno, ma le regioni italiane sono già in fila per acquistarlo. In autonomia, fra l’altro. Tra queste c’è la Sicilia di Nello Musumeci, che ieri, a margine della presentazione del progetto del nuovo ospedale di Siracusa, ha rilanciato col solito (?) pragmatismo: “Se saranno autorizzati acquisteremo i vaccini Sputnik, ma come si chiamino a me poco importa. Il gatto può essere bianco o può essere nero l’importante è che dia la caccia ai topi”. In un’intervista a ‘La Verità’, il presidente della Regione aveva già chiarito il concetto: “Sono anticomunista dalla nascita, ma se la Russia produce un vaccino che consente l’immunizzazione, perché no?”.
Già, perché no? Ma il problema non è il partito di Putin, o i trascorsi missini del presidente della Regione, che lo portano, comunque, ad avere una mentalità aperta. Ossia l’inganno, vero o presunto, che si cela dietro la corsa a Sputnik, già alimentata da altri. Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, che assiduamente scavalca le decisioni del governo centrale, qualche giorno fa ha siglato un accordo con un fondo russo (RDIF) che commercia il siero russo per l’estero. Nella determina dirigenziale del direttore di Soresa, la centrale per gli acquisti campana, si legge che “l’efficacia del contratto resta sospensivamente condizionata al conseguimento delle autorizzazioni da parte degli enti regolatori Ema/Aifa” e che per la complessità “dell’operazione e del rischio connesso”, c’è stata “una intensa attività di confronto e di negoziazione rispetto all’offerta iniziale per ottenere condizioni vantaggiose per la fornitura del siero vaccinale”. Di questo contratto – che in caso di mancata autorizzazione dell’Ema diventerebbe carta straccia – non si sa praticamente nulla. Esiste infatti una clausola di riservatezza che impone il pagamento di un lauto indennizzo ai produttori (russi) qualora l’oggetto del contratto e il contenuto della trattativa venissero svelati.
Ma c’è anche un altro elemento da considerare: non si era detto che l’acquisto dei vaccini sarebbe stato centralizzato a livello europeo? Com’è stato possibile concludere una trattativa sulla base di un interesse parziale, nell’assoluta clemenza di Roma e di Bruxelles? Soresa ricorda che “la Commissione europea ha formalmente comunicato, in data 11 febbraio, che gli Stati membri e le Regioni possono procedere a negoziazioni dirette per l’acquisizione di dosi vaccinali ancora non ricomprese nella strategia comune”. Così De Luca ha affondato la lama nel burro ancora caldo e replicato a muso duro ai colleghi, come Bonaccini, che nelle ultime avevano invocato l’intervento del generale Figliuolo o degli enti regolatori: “Non siamo nell’ordinaria amministrazione, ma in guerra – e poiché sono vaccini già somministrati a milioni di cittadini, si può tranquillamente testarne l’efficacia in un mese, non in 6. È quello che chiediamo a Governo e Aifa”. Nella repubblica del Kampanistan, si può tutto. Anche acquistare Sputnik.
In Sicilia non siamo ancora a quel livello, ma le sirene russe risuonano già da settimane. “Ci aspettiamo vengano attivate tutte le procedure per autorizzare gli altri vaccini già disponibili (a partire dallo Sputnik V) e aumentare l’approvvigionamento nazionale delle fiale”, diceva l’assessore alla Salute Ruggero Razza, il 4 marzo. “Se ci fossero centinaia di migliaia di dosi a settimana, infatti, in ogni Regione non ci sarebbe neppure il problema di scegliere da dove partire”. Erano i giorni della guerra fra bande, quando risultò insostenibile la proposta dell’ex commissario Arcuri di vaccinare per categorie. Ma, al netto delle categorie, i problemi sono rimasti gli stessi. Pur di avere i vaccini – a Palermo si stima che le dosi disponibili bastino per un paio di giorni, non di più – si farebbero carte false. “Se noi riusciamo ad avere un vaccino che ci consenta di poter finalmente far operare i nostri punti vaccinali notte e giorno lo faremo: che venga dalla Cina dalla Russia o dall’America poco importa”, ha detto ancora Musumeci.
A sostenere le tesi del governatore siciliano è rimasto Luca Zaia, omologo veneto, che era stato fra i primi, all’inizio di febbraio, a valutare la proposta d’acquisto del siero russo. Ma fu anche il primo a doversi fermare, nonostante le interlocuzioni con alcuni intermediari “seri”. Su Sputnik, tuttavia, pesano tante incognite: oltre alle questioni di geopolitica, il fatto che i commissari dell’Ema, fino a metà aprile, non potranno ispezionare gli stabilimenti produttivi di Mosca (presupposto inderogabile per il via libera); ma anche che il vaccino russo non possa essere prodotto su larga scala da parte di Mosca. “La presidente della commissione europea Von der Leyen – ha detto qualche giorno fa il premier Mario Draghi – ha messo in luce il fatto che, parlando col fondo di investimenti che ha in mano la proprietà della produzione del vaccino Sputnik, loro possono produrre un massimo di 55 milioni di dosi, di cui il 40% in Russia e il 60% in vari siti internazionali. E non è stata ancora presentata formale domanda all’Ema, che non si prevede si pronunci prima di 3-4 mesi. Quindi, se va bene, il vaccino sarebbe disponibile nella seconda parte dell’anno”.
E’ questo l’elemento di fondo: perché spacciare per risolutiva una ricetta che non è ancora a disposizione? Non basta, e non serve, guardare all’esperienza della piccola repubblica di San Marino, dove Sputnik è già stato utilizzato. L’Europa è un’altra cosa, e i suoi meccanismi di controllo pure. Piuttosto, non sarebbe meglio chiedere agli americani di Johnson&Johnson, a tre settimane dall’ok di Aifa, quando verrà garantita la prima fornitura? O alla protezione civile regionale, come chiesto dal generale Figliuolo, di allestire il più in fretta possibile degli hub vaccinali decentrati per farsi trovare pronti al prossimo upgrade? Intanto, dopo Pasqua, l’ospedale Spallanzani di Roma in collaborazione con l’Istituto Gamalayeva di Mosca, inizierà una sperimentazione proprio su Sputnik. Lo studio verterà su due aspetti: l’efficacia del siero russo sulle varianti e il suo eventuale impiego come richiamo per vaccini non a mRna, ma che utilizzano la stessa tecnica, cioè AstraZeneca.
Il resto è aria fritta. Sterile dibattito da bar per riempire le cronache dei giornali, o distrarre l’opinione pubblica; talvolta un modo per coprire le pecche organizzative (che vanno di pari passo con la cronica carenza di fiale). Un po’ come la storia che in estate, a 40 gradi, si potranno somministrare le dosi nelle infermerie degli stabilimenti balneari. Un pour parler. “Finora abbiamo seguito le linee del governo, all’insegna della leale collaborazione – ha dichiarato Musumeci -. Ma se i vaccini dovessero tardare dai canali ufficiali, non avremmo difficoltà a guardare altrove” E ancora: “Sullo Sputnik non porrei alcuna pregiudiziale atlantista. Capisco che ci sono problemi di concorrenza, problemi politici e gelosie, che faccio fatica a comprendere, ma noi siamo per accettare questo vaccino e qualora fosse autorizzato chiederemo una deroga a Roma per trattare in autonomia”. Al limite, potrebbe accadere a estate inoltrata, quando tre milioni e mezzo di siciliani – l’ha promesso Musumeci – dovrebbero essere già immuni.