Conte, da Milano, dice che non si può fare di più, e che non è ancora il momento di un ritorno alla normalità. Ma in Sicilia la percezione è assai diversa, tanto che Nello Musumeci – da sempre un fermo sostenitore del rigore – ha confessato di essere rimasto “molto deluso” per le decisioni comunicate dal premier nella discussa conferenza stampa di domenica sera. La sensazione, già esternata da Confcommercio, è che l’ultimo provvedimento romano salvaguardi il Nord – dove l’impianto produttivo più comune, quello industriale, si rimetterà in moto – e danneggi il Sud, dove spopolano piccole e medie imprese. Nelle prossime ore, qualora la cabina di regia (con gli altri governatori Fontana e Bonaccini) e la conferenza Stato-Regioni non dovessero portare a nulla, Musumeci è pronto a chiedere deroghe per la Sicilia.

Molte categorie di lavoratori sono sul piede di guerra per la mancata riapertura delle attività produttive. Questa sera i commercianti di Palermo parteciperanno a un flashmob nazionale: luci accese nei locali deserti, per dare un segno di vita. Ma sono in tanti a protestare: parrucchieri e saloni di bellezza non vedono alcun motivo nel protrarre l’asfissia fino al primo giugno. Le imprese del benessere sono 9 mila, per 15 mila addetti in totale, di cui una parte sostanziale (circa 4 mila) a rischio. Ma ci sono anche gli operatori del turismo, totalmente dimenticati nel discorso del premier. Musumeci, come riporta “Repubblica”, vorrebbe lanciare una sperimentazione a Lipari, nelle Eolie: aprire la stagione estiva dal primo giugno, normalizzare i flussi, imporre test sierologici a chi arriva e vedere come va. Il test sarebbe riservato, ovviamente, solo alla popolazione siciliana, con la possibilità di allargare il campione non appena le condizioni le consentiranno (e aprire, da luglio, a chi arriva da altre regioni via mare o in aereo).

Il presidente Musumeci, oltre a chiedere l’apertura di parrucchieri e centri estetici, con l’obbligo della prenotazione e ingressi contingentati (fino a un massimo di due persone per volta, ovviamente con la mascherina), cercherà di strappare una deroga anche per i punti vendita come bar e ristoranti, pur con delle limitazioni stringenti per l’accesso del pubblico. Una misura volta a superare quella dell’asporto, che tornerà dal 4 maggio ma rischia di creare assembramenti di fronte agli ingressi dei punti di ristoro. L’eccezione potrebbe riguardare anche i negozi d’abbigliamento, costretti alla quarantena fino al 18 maggio. A Musumeci è giunta pure la richiesta dei circoli sportivi, dove gli atleti – che comunque non usufruirebbero di spazi comuni come docce e spogliatoi – potrebbero essere “monitorati” meglio che al parco. Resta fermo il distanziamento sociale nell’esercizio dell’attività motoria (un metro) e sportiva (due metri). Per allenarsi in gruppo bisogna attendere ancora qualche giorno.

Musumeci: con Sicilia a contagi zero si riapre

“Se arriviamo entro il mese di maggio a zero contagi noi chiederemo al governo nazionale di riaprire la Sicilia”. Così il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, durante l’intervento a “Cento Città” su Radio Uno. “Pensiamo che la Sicilia – ha aggiunto – possa giocarsi una bella partita nel settore del turismo: questo tasso assolutamente basso del contagio può consentire una certa sicurezza almeno per un turismo locale che muove comunque alcuni milioni di persone. Stiamo consentendo agli stabilimenti di fare la manutenzione e regaliamo alcune notti in albergo e visite guidate”. In serata, attraverso una nota diramata da palazzo d’Orleans, Musumeci ha fatto sapere che domani, in videoconferenza, incontrerà i colleghi governatori di centrodestra. “Le misure annunciate per il 4 maggio lasciano scontenti tutti: settentrionali e meridionali, chi per l’apertura e chi per la chiusura e si muovono poi in evidente contraddizione. In Sicilia non abbiamo grandi fabbriche, ma una diffusa presenza di piccole e medie imprese nel commercio, nel turismo e nei servizi. Metterle in condizioni di lavorare, nel rispetto assoluto delle norme di sicurezza, è un dovere del governo nazionale. Se proprio non vuole farlo, autorizzi le Regioni ad adottare le misure che risultino compatibili con la situazione epidemica locale”.