L’eco dell’interrogatorio di Antonello Montante, ex leader di Sicindustria, nel processo d’appello di Caltanissetta, si propaga fino a Palermo. L’ex paladino dell’Antimafia, che è stato condannato a 14 anni in primo grado per corruzione, ha parlato ai giudici dei suoi rapporti con Nello Musumeci e Gaetano Armao, rispettivamente presidente e vice-presidente della Regione. Almeno fino al 2018, quando i due “venivano da me” e “discutevano con me” per “confrontarsi nei rispettivi ruoli istituzionali. Mi chiedevano cosa dovevano fare”. Le indiscrezioni di stampa – l’udienza di Montante si è tenuta a porte chiuse – attribuiscono all’imprenditore di Serradifalco alcuni dettagli sui rapporti con Musumeci e Armao, i quali continuavano a “chiedere indicazioni su come muoversi, su cosa portare avanti nella loro azione politica”.
Ma adesso, oltre alle trascrizioni giornalistiche, ci sono anche i verbali di quell’interrogatorio. In cui Montante, come riportato da ‘La Sicilia’, vuota il sacco: “No, no, mi ritrovo la Regione Sicilia parte civile in questo processo quando fino al 2018 il presidente Musumeci, ci chiamiamo Nelli e Antonello, veniva a Confindustria, e aspettava anche ore, perché gli impegni erano tanti, per chiedermi esattamente che cosa doveva fare, quali erano le attività di sviluppo che doveva portare avanti. Voleva giocare a bocce, ci incontravamo a bocce, facevamo i pranzi in Confindustria, facevamo i pranzi a Palermo, ci vedevamo dappertutto, parlo di cose istituzionali, non parlo naturalmente di cose private”.
A tirare in ballo Musumeci ci pensa Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia: “Dai verbali d’interrogatorio di Montante a Caltanissetta, si apprende che le frequentazioni tra lui e il presidente Musumeci furono assidue fino alla vigilia dell’arresto di Montante, nel maggio del 2018, e che il presidente della Regione lo avrebbe utilizzato come suo “spin doctor” per le politiche industriali della Regione, nonostante Antonello Montante all’epoca fosse indagato da più di due anni per concorso in associazione mafiosa. Ciò che appare ancor più grave – evidenzia Fava – è che il presidente Musumeci, audito in commissione Antimafia il 29 novembre 2018, ha più volte ripetuto che gli unici suoi incontri con Montante erano quei tre riportati nell’agenda dell’imprenditore, e dunque risalivano tutti al 2015. “Dal 2015 non ho più avuto, né telefonicamente né personalmente, rapporti con il dottor Montante” ha fatto mettere a verbale il Presidente”.
Ergo, “se Montante s’è inventato tutto, comprese le molte partite a bocce e i molti pranzi insieme, Musumeci avrebbe dovuto denunciarlo immediatamente per calunnia invece di tacere, come fa da quando s’è appreso sulla stampa di questa testimonianza. Se Montante dice il vero – conclude Fava – Musumeci non può restare un minuto di più alla guida della Regione: al di là dell’inopportunità di scegliersi, nei suoi primi mesi di governo, un indagato per mafia come consigliere economico, resterebbe il fatto gravissimo di aver ripetutamente e consapevolmente mentito ad una commissione del parlamento siciliano”.
Musumeci però non se la tiene e replica a stretto giro di posta: “Il deputato Claudio Fava, con molto anticipo, è entrato in campagna elettorale, come ha lui stesso dichiarato. Al suo posto mi dimetterei da presidente della Commissione regionale Antimafia, come ho fatto io quando ho ufficializzato la mia candidatura. Per il resto, quello che dovevo dichiarare sui rarissimi incontri avuti con il dottor Montante, quando rivestiva importanti incarichi istituzionali, l’ho già fatto all’autorità giudiziaria e non scendo in polemica con alcuno, né consento di mettere in dubbio la mia moralità, che i siciliani conoscono bene. Consiglio non richiesto: se cerca di ‘mascariare’ le persone perbene, notoriamente perbene, il deputato Fava ripete un inutile cliché che in Sicilia non ha mai avuto successo. E non faccia sempre il moralista a senso unico, perché si propone alla guida di una coalizione che nel recente passato ha governato l’Isola grazie al sostegno di un blocco di potere che con il mio governo non ha mai potuto alimentare i propri interessi”.
Ficcante, e forse definitiva, la controreplica di Claudio Fava: “Come sempre quando Musumeci non ha argomenti scappa, oppure se la prende con la campagna elettorale. La domanda era: Musumeci ha detto la verità in commissione antimafia oppure ha mentito? La risposta è stata: non ho niente da dire. Per il resto, la campagna elettorale sta alla pretesa di lealtà e verità nei confronti di un presidente della regione come i cavalli di Ambelia stanno al futuro della Sicilia”.
Montante, interrogato dai propri avvocati, ha svelato inoltre cosa lo collega a Gaetano Armao: “Il vice presidente Armao, mio amico, una persona che stimo, di grandissimo livello, fino al 2018, prima dell’arresto, veniva a cercarmi decine di volte – afferma Montante sotto giuramento – e a dirmi esattamente quali erano le attività che dovevano portare avanti”. Nelle ore immediatamente successive all’interrogatorio di Montante, il vicepresidente era intervenuto a Casa Minutella: “Io ho chiesto i verbali, perché sono un uomo di diritto. Non posso fidarmi solo delle trascrizioni giornalistiche – aveva spiegato Armao – Solo perché uno dice di aver interloquito con noi non credo io debba querelarlo”. Adesso le carte in tavola potrebbero cambiare.