A meno di un mese dall’elezione dei grandi elettori per il Quirinale, che ha relegato Musumeci al terzo posto e aperto un regolamento di conti all’interno della maggioranza, il governatore è tornato nella fossa dei leoni – leggasi Sala d’Ercole, all’Ars – per garantire che non c’è stata alcuna crisi. Almeno all’interno del governo: “Chi lo dice è in malafede o vive sulla luna – ha spiegato Musumeci -. Nessun governo regionale ha garantito stabilità come questo: in termini di ininterrotta attività di governo, ma anche di assetto assessoriale e dirigenziale. Tuttavia sarebbe da ipocrita negare che ci siano state fibrillazioni nel rapporto assemblea-governo, culminate in pregiudizio ideologico – da parte delle opposizioni ma non solo – e personale”.
Musumeci ha derubricato l’episodio del 12 gennaio, che su Facebook era stato annunciato come un “atto di intimidazione” da parte di “sette scappati di casa”, a “un voto anomalo”. Ma “la storia di questo parlamento – ha aggiunto – è caratterizzata da agguati, sgambetti, tradimenti, voltafaccia, tresche, intrighi e congiure ordite in ogni tempo contro presidenti e uomini di governo. Tutti metodi non edificanti”, chiarisce anche il governatore, anche se in quell’occasione – la votazione dei delegati – “l’aula era tenuta a esprimere un voto scevro da ogni risentimento di parte e personale”. Per Musumeci s’è trattato di “un’offesa all’istituzione che la mia persona rappresenta. Una pagina non bella. Comprensibile, quindi, la mia profonda amarezza e la mia ferma condanna, che ribadisco questa sera, verso chi ha agito con rancore e spirito di vendetta, forse a seguito di qualche mio ‘no’ a qualcuna delle loro richieste, tutte di natura politica”.
Il presidente della Regione si è scusato nei confronti dei “deputati rispettosi del loro ruolo istituzionale” se “i poco benevoli apprezzamenti generalizzati da me espressi nei confronti degli autori” di quella imboscata, “possano aver suscitato qualche risentimento”. E aggiunto che “il palazzo reale e il palazzo dirimpettaio del governo sono per me luoghi di una sacralità laica indiscussa per la storia che trasudano le mura e per il lavoro delle istituzioni che ospitano. Non ci sono santi e non ci sono diavoli in questi due palazzi”. Il governatore, che inizialmente sembrava orientato a dimettersi, è passato nel volgere di qualche ora dalle accuse sui social ai propositi di un azzeramento, e infine a un rimpasto che i partiti non gli hanno concesso: “Ho offerto ai partiti la disponibilità ad azzerare la giunta per favorire (persino) disimpegni dal governo – ha detto Musumeci -. Non un gesto di sfiducia verso la squadra degli assessori, ma un gesto di rispetto verso le forze politiche del centrodestra. La verifica ha portato a un risultato: nessuno ha chiesto di sostituire la propria rappresentanza in giunta e tutti vogliono continuare a lavorare fino all’ultimo giorno della legislatura. Ne ho preso atto con piacere. Vuol dire che quel voto non era frutto di scelte politiche legate alla volontà dei partiti”.
“L’approssimarsi delle elezioni regionali ha accentuato e continua ad accentuare clima di tensioni dentro e fuori dal palazzo – ha ammesso Musumeci -. Su questo bisogna fare chiarezza, a cominciare dalla ricandidatura del presidente in carica. Ma questo è un tema che riguarda la coalizione e sarà affrontato nei tempi e nei luoghi più opportuni. Comunque finirà, abbiamo tutti dei doveri da adempiere”. Poi passa ad elencarli: il primo riguarda la Finanziaria, che non verrà presentata prima del 30 marzo per consentire la messa a terra dei punti contenuti nell’ultimo accordo di finanza pubblica sottoscritto con Roma (l’esercizio provvisorio scade il 30 aprile); poi il Pnrr, su cui Musumeci ha promesso l’impegno del governo “per un confronto sugli obiettivi che si vogliono raggiungere. Da martedì ogni assessore potrà illustrare le proposte per ogni singolo dipartimento”; e infine, la programmazione europea 21-27.
“L’amministrazione regionale avrà la responsabilità di gestire più di 14 miliardi di euro”, ha detto Musumeci. E ha invitato tutte le forze politiche a “declinare in obiettivi strategici programmi e interventi questa enorme massa di denaro”. “Mancano sette mesi alla presentazione delle liste e circa due mesi alla formalizzazione delle candidature per le Amministrative – ha concluso Musumeci -. Un lasso di tempo non ampio, ma a volte l’avarizia del calendario può essere neutralizzata dall’impegno e dalla passione di ciascuno di noi. Saranno mesi di intenso lavoro per tutti, nell’interesse di questa nostra terra sconvolta e devastata dalla più grande pandemia che la storia conte ricordi. Vorremmo trovare anche il tempo per le riforme – alcuni ddl sono stati già licenziati dalle commissioni di merito –, da parte del governo si ribadisce la massima e doverosa disponibilità. E comunque sono certo che ognuno continuerà a fare la propria parte per guardare al futuro col necessario ottimismo”.
LE REAZIONI
“Dopo l’intervento di oggi pomeriggio in Aula, il Presidente Musumeci ci appare sempre più come il Conte zio dei Promessi Sposi: sopire troncare, troncare sopire. Perfino di fronte ad una mozione di censura di Forza Italia nei confronti del Commissario Tuccio D’Urso, uomo di fiducia che il Presidente ha messo a capo di una struttura importantissima come quella per l’emergenza Covid, Musumeci dice che la crisi ce la siamo inventata noi. Un fatto è certo: questo presidente – che si dimetta o meno poco importa – non ha più la fiducia della sua maggioranza”. Lo ha dichiarato intervenendo a Palazzo dei Normanni Claudio Fava, deputato de I cento passi e presidente della Commissione antimafia regionale.
“Oggi Musumeci ha fatto una lista di cose che avrebbe già dovuto fare negli ultimi anni e non ha fatto. Ha parlato di una crisi nella quale ha fatto tutto da solo: lui si è indignato per il pessimo risultato personale nella vicenda dei Grandi elettori; lui ha annunciato una crisi e poi lui ha detto che non c’era alcuna crisi; lui ha annunciato un rimpasto in Giunta e lui non ha fatto alcun rimpasto. Insomma, come si dice, non c’è stato niente. Ma non credo che ai siciliani importi alcunché di tutto questo. I siciliani avrebbero condiviso l’indignazione del Presidente se questa fosse stata legata alle emergenze della Sicilia: la mancata riforma della forestale, la mancata riforma del sistema dei rifiuti, la mancata stabilizzazione sui rifiuti, la mancata approvazione, per il quinto anno consecutivo, del bilancio. Nel 2017, il movimento di Sicilia Vera fu fra i primi a sostenere la sua candidatura ma ora siamo noi i primi a chiederle di dimettersi, per uscire da quella palude nella quale non è caduto ma si è tuffato e che non le consente più di fare alcunché di utile per la Sicilia. Invece di continuare a galleggiare rassegni le dimissioni così da poter andare a votare in primavera ed evitare altri 8 mesi di agonia”. Lo ha detto l’on. Danilo Lo Giudice, espressione del gruppo Misto.
“Siamo ai titoli di coda del governo Musumeci e di una legislatura partita male e finita peggio. Con un governo che si tiene in piedi dopo fratture clamorose rispetto alla coalizione presentata agli elettori, come quella del sindaco di Messina, e una compravendita di parlamentari mai vista nella storia del Parlamento siciliano”. Lo ha detto il deputato e segretario regionale del PD Sicilia, Anthony Barbagallo, oggi in aula all’Ars nel corso del dibattito sulle comunicazioni del presidente della Regione. “La coalizione non c’è più e riteniamo illegittima l’attuale composizione della stessa giunta di governo – ha proseguito – per violazione del principio della parità di genere. Questo governo è ultimo in classifica nelle regioni italiane per presenza di donne: a marzo si terrà l’udienza di discussione al Tar di fronte a cui abbiamo presentato ricorso”. “E’ singolare che Musumeci oggi si sia appellato al confronto – ha proseguito Barbagallo – mentre in questi anni ha speso il suo tempo in aula definendoci ‘pidocchi’”.
Il parlamentare regionale Antonello Cracolici (Pd) è intervenuto dicendo che “Musumeci ha gestito questa crisi con teatralità, e adesso tenta di piegare la Sicilia al ricatto della sua ricandidatura. Tutta questa vicenda fa emergere solo una cosa, la sua inadeguatezza: il governo Musumeci dopo quattro anni e mezzo ha prodotto zero risultati”.
Il parlamentare regionale Nello Dipasquale (Pd) ha invece sottolineato nel corso del suo intervento la sua contrarietà rispetto alla decisione presa dalla conferenza dei capigruppo di “strozzare il dibattito d’aula, concedendo solo 20 minuti ai due gruppi di opposizione, PD e 5 Stelle, per replicare all’intervento di Musumeci durato oltre 45 minuti”.
“Non c’è alcuna crisi nella coalizione del governo regionale. Nel dibattito in aula è emerso chiaramente che gli stessi partiti che hanno voluto Nello Musumeci alla guida della Regione, con la preziosa aggiunta di Attiva Sicilia che si è federata con DiventeràBellissima, lo sosterranno con convinzione nell’importante percorso che ci attende fino al termine della legislatura”. Lo afferma Alessandro Aricò, capogruppo all’Ars di DiventeràBellissima, aggiungendo: “Così come ha sottolineato il presidente della Regione nell’agenda politica e amministrativa ci sono temi fondamentali come la riprogrammazione dei fondi europei e il Pnrr, rispetto al quale il governo regionale ha garantito la propria disponibilità a rendere partecipi le commissioni dell’Ars del lavoro di tutti i Dipartimenti coinvolti. Si lavori ora per definire le riforme bloccate come quelle su rifiuti, consorzi di bonifica, commercio, forestali e polizia locale, facendo pure fronte comune sul tema della continuità territoriale che spetta alla Sicilia”.