Fra le tre-quattro cose che il presidente della Regione, Nello Musumeci, ha chiesto al premier Draghi nel corso della presentazione degli Stati Generali dell’Export (che si terranno a Marsala dal 24 al 26 settembre), c’è pure “un porto hub per accogliere le migliaia di navi che attraverso il Mediterraneo vanno verso il Baltico”. Una prospettiva che è piaciuta pure al sottosegretario alle Infrastrutture, il nisseno Giancarlo Cancelleri: “Secondo me dovrebbe nascere a Gela. Intanto stiamo lavorando per valorizzare i porti, ad esempio quello di Palermo e Termini Imerese”. Insomma, al di là della stucchevole pretesa di collegare con un ponte a una campata o a tre campate la Sicilia e la Calabria – stucchevole, soprattutto, quando alimenta lo scontro tra frange – il futuro della Sicilia potrebbe passare da altri collegamenti meno stabili, quelli via mare.
Ne è prova il fatto che all’interno del Recovery Plan c’è spazio per alcuni finanziamenti ad hoc: dal consolidamento della mantellata della diga foranea e il rafforzamento del porto di Catania, passando per l’elettrificazione delle banchine di quello di Messina (che permetterà alle navi di ormeggiare tenendo i motori spenti), senza dimenticare il ricongiungimento dei binari ferroviari al porto di Augusta. Certo, è poco o nulla in confronto a quello che poteva essere: da più parti, infatti, era giunto l’appello per la realizzazione di un porto hub. A Palermo giace il progetto di Eurispes, il centro studi di cui l’ex ministro Saverio Romano è responsabile del dipartimento per il Mezzogiorno: prevede un mega investimento da cinque miliardi, che però restituirebbero alla Sicilia mezzo milione di posti lavoro nei prossimi anni. La medesima richiesta era pervenuta da Marsala e da Augusta, che si trovano ai due capi della Sicilia. Ma nel Pnrr (il piano nazionale di ripresa e resilienza) sono stati inseriti soltanto progetti cantierabili, da terminare entro il 2026. Per i sogni di gloria bisogna aspettare.
Nel frattempo i porti siciliani restano un elemento di prospettiva e di contesa. Cancelleri ha parlato del potenziamento di quello di Palermo. Ebbene sì. Nello scorso mese di aprile, assieme al presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del mare di Sicilia occidentale (che comprende anche Porto Empedocle, Termini Imerese e Trapani), Pasqualino Monti, ha analizzato i dettagli del piano di rilancio che ha comportato un investimento da 500 milioni di euro “per opere già concluse ed in via di realizzazione. Palermo – ha detto il sottosegretario – sarà la prima Autorità di Sistema Portuale che godrà nel suo interno di un sito UNESCO, un bene di incredibile valore culturale”. Inoltre, “verranno sviluppate attività commerciali che renderanno Palermo il porto per eccellenza della Sicilia. Vogliamo portare nel capoluogo di regione oltre un milione e mezzo di passeggeri all’anno! Una importante novità, frutto dell’idea intelligente del presidente Monti, è quella di far diventare Palermo non solo un porto di attracco per le navi crociere ma anche di partenza. I passeggeri non resteranno così solo poche ore in città ma anche intere giornate”.
I complimenti a Monti, ex commissario straordinario dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, non erano casuali. L’incarico è in scadenza e il Ministero delle Infrastrutture, diretto da Enrico Giovannini, sta procedendo all’acquisizione delle manifestazioni di interesse per proporre il nuovo presidente. L’ipotesi di una riconferma è alta secondo i bookmakers. Le autorità portuali, che hanno autonomia finanziaria, amministrativa e di gestione, sono uno strumento importante di pianificazione territoriale, ma hanno pure funzione di indirizzo, coordinamento e controllo delle attività che avvengono all’interno dei porti. E, aspetto non secondario, aggiudicano appalti consistenti, come quello dello scorso luglio, da 136 milioni, per la gestione ventennale dei servizi portuali di Palermo e Termini Imerese: tra cui raccolta e smaltimento dei rifiuti, gestione della rete elettrica, idrica e dei servizi di erogazione, parcheggi, pulizia e manutenzione delle aree comuni.
Pasqualino Monti si fa forte di un dato su tutti: “Quando sono arrivato (era il 2017, ndr) ho trovato un utile di 313 mila euro e 400 milioni di residui passivi. Ora chiudiamo il bilancio con 25 milioni di utile d’esercizio”. Inoltre, poche settimane fa, è entrato nel lotto dei 28 commissari straordinari nominati dal governo Draghi per sbloccare 57 opere vitali nel Paese. Il presidente del Consiglio ha individuato tre opere portuali in tutta Italia – a Genova, Livorno e Palermo – con una progettualità matura e avanzata da meritare gli investimenti previsti. Al porto del capoluogo siciliano saranno destinati 155 milioni per i lavori di interfaccia città/porto, per il bacino da 150 Tpl e per la messa in sicurezza. Nel complesso, si vanta Monti, “complessivamente, in poco più di tre anni, il piano di investimenti per i porti di Palermo e Termini Imerese è stimato nell’ordine di oltre 400 milioni di euro. In totale, nei quattro porti dell’Adsp gli investimenti salgono a 530 milioni: sono già state collaudate opere per 298 milioni e tutte le altre sono in corso. Gran parte dei cantieri (55 quelli aperti) chiuderà nel 2021. Per gli interventi più impegnativi, si traguarda per step al 2023/24”. Un giro d’affari enorme.
Nella città terminata, per la verità, qualcuno storce il naso pensando alla sua riconferma ai vertici dell’autorità portuale. Come riportato in un articolo su Esperonews, Monti “è colui che in maniera decisa sta concretizzando la scelta di trasformare il porto di Termini Imerese in scalo commerciale, spostando il traffico pesante dal capoluogo al porto imerese e relegando l’approdo turistico nella parte marginale (nonostante il Piano Regolatore Portuale prevedeva diversamente): nei fatti frustando qualsiasi lontana ipotesi di uno sviluppo diverso per la città”. E ancora: “Ai palermitani Monti ha ridato il proprio mare, invece ai cittadini di Termini Imerese quell’antico rapporto l’ha totalmente cancellato. A chi ha deciso le sorti di Termini sono necessari altri quattro anni per completare l’opera di trasformazione del porto, o come ritengono tanti cittadini, gli interventi che condanneranno il nuovo scalo ad accogliere ogni tipo di merce, comprese quelle più inquinanti, e la città ad essere invasa ogni giorno da più di 600 tir, con tutte le inevitabili conseguenze per l’ambiente. E oltre al danno la beffa: essere condannati a vivere in un luogo degradato senza che la comunità termitana ne abbia il minimo beneficio economico. Peggio non si poteva fare”.
Sul fronte trapanese, invece, è sempre più vicino il completamento dei lavori di rifacimento del Trapani Cruise – RoRo terminal, “tutto questo per dare al mercato un risultato tangibile e promuovibile per attivare nuove rotte”. Lo scorso anno è stata rifatta la stazione degli aliscafi. Secondo il presidente dell’autorità portuale, “abbiamo dovuto colmare un gap di tanti e tanti anni in un porto che, per troppo tempo, è stato totalmente abbandonato a se stesso, sia dal punto di vista infrastrutturale che nella promozione della rete transeuropea”.
Passando da un capo all’altro dell’Isola, invece, la situazione diventa (drammaticamente) più politica. La presidenza dell’Autorità di Sistema Portuale del mare di Sicilia orientale – che comprende i porti di Catania e Augusta – è al centro di un braccio di ferro fra Nello Musumeci e Mario Draghi. Il governatore, spinto da alcuni rappresentati di peso di Forza Italia, che avrebbero finito per “fomentare” le amministrazioni comunali di Augusta, Melilli e Priolo, non vedono di buon occhio la decisione di palazzo Chigi di indicare alla guida quello che finora è stato un semplice commissario: cioè Alberto Chiovelli, dirigente ministeriale. La sua nomina non garantirebbe “nuove linee di sviluppo per la portualità della Sicilia Orientale, in discontinuità con il passato”.
Che dietro la richiesta ci sia qualcosa legato alle appartenenze, però, dall’intervento di varie organizzazioni datoriali e sindacali: “Dal momento del suo insediamento – scrive Confindustria Sicilia – l’ingegnere Alberto Chiovelli si è fatto apprezzare per i suoi requisiti professionali, per la sua competenza, per la sua esperienza e per la proficua collaborazione che sin da subito ha instaurato con il mondo delle imprese. Consapevoli quindi del ruolo fondamentale che le AdSP ricopriranno e, alla luce dell’intesa raggiunta e del buon lavoro svolto in questi mesi, auspichiamo di proseguire nella progettualità iniziata che non può e non deve subire alcuna battuta d’arresto”. Una considerazione necessaria, dato che “i porti siciliani – secondo gli industriali – giocheranno sempre di più un ruolo di fondamentale importanza nel futuro della regione e l’obiettivo deve essere quello di incrementarne la posizione commerciale e turistica nel Mediterraneo. Una sfida che non possiamo perdere”.
D’accordo anche il segretario regionale della Cgil, Alfio Mannino: “Un errore la mancata ratifica da parte del governo regionale della nomina di Alberto Chiovelli. Un errore, soprattutto in un momento come quello attuale, in cui bisogna accelerare i processi in vista dell’arrivo di ingenti finanziamenti Il cambio di chi ha esercitato un’azione positiva nel dialogo con le parti sociali rischia di produrre ritardi e un danno complessivo in un momento in cui è d’obbligo privilegiare la competenza e l’efficienza”. Persino più tranchant Claudio Barone, della Uil: “Il presidente Musumeci ci ripensi, non può azzerare tutto il lavoro svolto sino ad oggi per i soliti giochi politici”. Ma c’è un aspetto della vicenda che può tranquillizzare tutti loro: la ratifica della Regione, attesa entro trenta giorni dalla nomina del governo centrale (giunta il 20 aprile), non è vincolante. Il Ministro Giovannini può andare avanti per la sua strada. E tentare di riaffermare, attraverso la scelta dei ‘migliori’, una politica di sviluppo irrinunciabile per l’Isola: così sarà un po’ più dolce naufragar in questo mare.