Sono trent’anni, o forse più, che ci affliggono con le trame oscure e le regie occulte, con i servizi deviati e le verità inconfessabili, con i tavoli ovali e le complicità sottintese. E sono trent’anni che vagano per giornali e televisioni predicando teoremi che nulla hanno a che fare con un’indagine, con un’istruttoria, con un processo, con lo stato di diritto, con la giustizia. La mafia delle stragi non c’è più e i boss di quella stagione maledetta sono già morti o murati vivi nelle carceri di massima sicurezza. Ma i chierici vaganti dell’emergenza non si arrendono, non indietreggiano, non prendono atto che lo Stato ha vinto e la mafia ha perso. Non si piegano nemmeno davanti a una sentenza della Cassazione che sconfessa i loro impianti accusatori, che trasforma in monnezza quintali di fascicoli costruiti senza prove e senza riscontri, che riduce in cenere montagne di verbali sottoscritti da pentiti truffaldi e senza scrupoli. No, i reverendissimi predicatori della “Cosa Nostra eterna e invincibile” non cedono di un millimetro e non mostrano nemmeno un segno di pietà per tutti gli sventurati che sono finiti nel tritacarne di una imputazione senza capo né coda, che sono stati appesi con indicibile cinismo all’albero della gogna, che hanno perso onore, affetti e pezzi di vita e che si sono dissanguati per pagare le parcelle degli avvocati.

No, i catechisti delle sante inquisizioni non hanno rimorsi per tutte le chiacchiere inutili e infamanti sparse nelle aule dei tribunali; né per i giorni, i mesi e gli anni persi per inseguire i fantasmi. Hanno solo la sfrontatezza di dire che la sentenza della Cassazione altro non è che un colpo di spugna. Organizzato, va da sé, da uno Stato colluso che non vuole per nessuna ragione aprire il pozzo maleodorante dei misteri, delle collusioni, dei complotti e dei patti scellerati con le cosche.

L’antimafia della fuffa è fatta così. Passa da un polverone all’altro. Gli si spegne tra le mani la teoria farlocca dei “sistemi criminali” e inventa una fantomatica Trattativa tra tre onestissimi servitori dello stato, tre alti ufficiali del Ros, e i più sanguinari padrini di Cosa Nostra. E quando la grande patacca della Trattativa si schianta contro il muro della Suprema Corte basta agitare, per sopravvivere, il grande sospetto del colpo di spugna. Un sospetto, manco a dirlo, sul quale imbastire nuovi teoremi, nuove verità, nuove interviste, nuovi libri e – chissà – anche nuove carriere.

La giostra della fuffa purtroppo non si ferma mai. Gli angeli della purezza – o dell’impostura: scegliete voi – avranno sempre un infedele da bruciare nel rogo di un avviso di garanzia per concorso esterno; o un peccatore da sputtanare nella piazza grande del talk-show; o un nemico da spogliare dei suoi beni e da rivestire con il saio del mafioso. Qui vogliamo solo ricordare, per fotogrammi, gli effetti più disastrosi e le scempiaggini più clamorose partorite dal ventre molle di un giustizialismo imbroglione e manettaro. “A futura memoria”, avrebbe detto quel sant’uomo di Leonardo Sciascia, lo scrittore siciliano che ha avuto l’intuizione e il coraggio di mettere a nudo oltre alla mafia anche i professionisti dell’antimafia. Continua su ilfoglio.it