Mentre Renato Schifani, da Monza, rilancia l’impegno – suo e del commissario di FI, Caruso – per spalancare ad Adriano Galliani la strada della vittoria alle Suppletive del Senato, in Sicilia rimane tutto fermo. E i problemi si annacquano. A partire dai termovalorizzatori, passando per i cantieri della A19, senza dimenticare il grosso guaio delle isole minori rimaste senza carburante e dispositivi medici. Senza i traghetti di Caronte & Tourist a far da spola con le Eolie e le Egadi – il contratto è stato revocato in anticipo e un paio di bandi sono andati deserti – il trasporto dei beni di prima necessità (tra cui la benzina e le bombole del gas e dell’ossigeno) non s’ha da fare. A stretto giro anche i supermercati potrebbero risentirne: storie da caro, vecchio terzo mondo.

A cercare di risolvere la situazione è l’assessore alla Mobilità, Alessandro Aricò, che in questi giorni ha raccolto l’allarme dei prefetti e dei sindaci. “La benzina è finita venerdì – dice a Repubblica il sindaco di Lipari, Riccardo Gullo – Il problema si deve risolvere subito, finora non abbiamo soluzioni certe”. Aricò ha assicurato che la compagnia Liberty Lines è disposta a fare delle corse speciali per l’approvvigionamento delle bombole d’ossigeno. La giornata campale è quella di lunedì. Anche se i primi cittadini, che hanno quasi esaurito la fiducia nei propri rappresentanti, sollecitano “un intervento immediato delle istituzioni statali, al fine di garantire la continuità territoriale fortemente penalizzata, stante la paralisi che si è venuta a creare in sede regionale. Tutto ciò al fine di evitare danni irreversibili che mettono in serio pericolo la permanenza degli isolani nelle loro isole, già caratterizzate da un fenomeno di spopolamento invernale”.

Schifani, una volta rientrato dalla Brianza – dove anche ieri, all’assemblea degli Enti locali di Forza Italia, ha discettato di partito “pluralistico” – dovrà occuparsi delle questioni amministrative più impellenti che, fin qui, non hanno quasi mai catturato la sua attenzione. Dopo aver risolto il problema delle isole minori, il presidente tornerà al “tavolo ristretto” perché mancano solo un paio di settimane per definire le nomine dei direttori generali delle ASP (Cuffaro continua a premere sul sorteggio). Poi potrà cominciare ad occuparsi, finalmente, dei 34 cantieri della A19 Palermo-Catania. Ieri, dopo aver ansimato per mesi, è stato raggiunto dal decreto di Palazzo Chigi (con le firme del sottosegretario Mantovano e del Ministro dell’Economia, Giorgetti) che gli assegna poteri speciali per il coordinamento degli interventi previsti. Qualche settimana fa, dopo l’ennesima promessa (inevasa) di Salvini, aveva minacciato di farsi parte. Così non è stato.

“Ho insistito io stesso – ha detto Schifani a ‘La Sicilia’ – al fine di completare prima possibile i lavori rimasti in sospeso ed ho pure deciso di avvalermi anche di due vicecommissari, uno che sarà nominato da me scegliendolo tra i dirigenti della Regione (…) L’altro vicecommissario verrà scelto tra i dirigenti dell’Anas, in maniera tale che ci sia un collegamento costante con l’Azienda nazionale che si occupa delle strade statali e si possano completare le opere ancora necessarie nel più breve tempo possibile. Ho pure previsto l’attivazione di due uffici, uno a Palermo e l’altro a Catania, che potranno così espletare tutti gli adempimenti burocratici necessari”. L’occasione offre a Schifani un assist per l’ennesima promessa: “Il nostro obiettivo è quello di completare i lavori ancora sospesi entro il 2026, e questo si potrà fare dapprima “ripulendo” i cantieri ancora aperti. Tra l’altro i soldi che serviranno sono già disponibili, per cui anche questo aspetto dovrebbe rendere ancora più facile il raggiungimento del nostro obiettivo”.

In attesa di tornare a viaggiare su un’autostrada “civile” – ci restano tre anni di speranza – il governatore dovrà pazientare su un’altra questione ritenuta impellente e agitata, fin qui, come la vera “rivoluzione”: ovverosia i termovalorizzatori. In questo caso, nemmeno le preghiere sono servite. Schifani ha chiesto a più riprese l’attribuzione di poteri speciali, sul modello Gualtieri a Roma, per attivare le pratiche utili alla realizzazione dei due inceneritori promessi da Musumeci che, al netto di una manifestazione d’interesse (a cui hanno risposto sette imprese) è da considerarsi carta straccia. Roma, però, ha anche chiesto alla Sicilia di procedere prima con l’aggiornamento del piano rifiuti, che dovrebbe vedere la luce – da deadline – entro dicembre. Il piano dovrà poi passare il vaglio del Ministero dell’Ambiente e del Cga: un doppio inghippo che aveva ostacolato la redazione del documento ai tempi dell’ex assessore Pierobon.

Di Mauro, attuale assessore all’Energia, potrà anche essere più bravo e più scaltro, ma non ha mai nascosto le difficoltà. Ad esempio sulla quantità di indifferenziata prodotta dai comuni siciliani, che a dispetto dell’aumento della differenziata, non è mai scesa. Poi bisognerà lavorare sui piani d’ambito, per capire se la quantità di monnezza per alimentare due termovalorizzatori, venga effettivamente prodotta dalle aree individuate: una a Catania e una a Palermo. Il sogno dell’incenerimento, considerati i tempi per l’effettiva realizzazione (almeno tre anni), rischiano di dilatarsi a dismisura. E i soliti toni da campagna elettorale, che durano ormai da dieci mesi, rischiano di subire un contraccolpo durissimo (intanto si co-finanziano i comuni per trasportare i rifiuti all’estero).

Ma c’è sempre una exit strategy: nei prossimi giorni, dopo aver esitato il Bilancio, la giunta dovrà rifinire la Finanziaria, trasmetterla all’Ars e aprire ufficialmente il balletto delle “mance”. E’ un modo per restare a galla mentre tutto viene giù. Per soddisfare – specie in questa occasione – i propri bacini elettorali, che nei prossimi mesi saranno tenuti a esprimersi almeno un paio di volte (ci sono le Europee e poi, Palazzo Chigi volendo, anche le provinciali). Ma anche è una maniera per testare i rapporti di forza all’interno della coalizione, e capire qual è l’asse prevalente: quella composta da Schifani e Cuffaro, oppure quella di Lombardo e Sammartino. Più che una Finanziaria rischia di diventare una riserva di caccia. E i problemi veri? Per qualche mese sarà logico dimenticarsene.