Basta un semplice calcolo matematico, per cui occorrono un paio di mani e niente più, per capire cosa ha fatto saltare i nervi a Gianfranco Micciché, presidente dell’Ars e massimo esponente di Forza Italia in Sicilia, dopo aver visto e analizzato i risultati delle Amministrative. Facciamo un salto virtuale da Palermo, dove Micciché è quotidianamente impegnato nella sua attività in Assemblea, a Siracusa, uno dei cinque capoluoghi di regione dove si è votato domenica: il candidato sindaco del centro-destra, l’avvocato Paolo Ezechia Reale, ha mancato la vittoria per 2,7 punti percentuali, che non gli hanno consentito di scavallare il 40% previsto per l’elezione al primo turno. Al ballottaggio se la vedrà con Francesco Italia, che potrà contare – a meno di catastrofi – sull’appoggio unitario del centro-sinistra (perdenti annessi).
E’ sul concetto di unità che Micciché non riesce a darsi pace: con il 5% e rotto di Fabio Granata, candidato unico e isolato proposto da Diventerà Bellissima, Reale sarebbe diventato sindaco al primo giro. Il presidente dell’Ars, che in qualsiasi situazione della vita è schietto oltremodo, non le ha mandate a dire a Musumeci attraverso un post su Facebook: “Se il suo partito avesse organicamente fatto parte della coalizione avremmo ottenuto anche qualcosa in più”. Per vederci chiaro, abbiamo chiesto a Micciché di approfondire il concetto. E lui non si è lasciato pregare: “Rispetto a quello che è successo il mio commento è stato sin troppo elegante. Sui cinque comuni capoluogo in cui si è andati al voto, una decina in Italia, Siracusa rappresentava un banco di prova importante, sia a livello di fama che di immagine. Ci siamo trovati a subire la scelta di un partito, quello del presidente, che ha candidato una persona contro di noi. Abbiamo perso di due punti e la cosa mi ha fatto arrabbiare. Chiedo scusa al governatore per queste riflessioni, ma forse avrei dovuto dire di peggio”.
Trovare una spiegazione politica è complesso. Diventerà Bellissima non ha concesso il simbolo a Trapani, non ha presentato liste a Ragusa, ma a Siracusa ha scelto addirittura di correre da sola e in contrapposizione alla coalizione di centro-destra: “Io capisco che all’interno di ogni partito possa esserci un personaggio importante, con una storia che pesa, e che non si voglia scontentarlo. Ma che rischia con la sua ambizione di far perdere tutti gli altri. Il presidente della Regione ha tutto l’interesse a salvaguardare la tenuta della sua coalizione, anche perché gli tornerà utile in aula a Palermo. Per questo credo che questa decisione l’abbia un po’ subita dall’esterno. Ecco, sarebbe meglio che non ne subisca altre in futuro”.
Sebbene Micciché si sforzi di ribadire che questo evento – più preterintenzionale che doloso – non cambi il suo rapporto con il governatore, l’arrabbiatura è forte. E riesce quasi a far passare in secondo piano gli ottimi risultati ottenuti altrove dalla sua Forza Italia. Che, su Facebook, è stata definita l’Amerigo Vespucci e non una barca affondata su cui “gli iettatori erano già pronti a scommettere”. “In tutte le province abbiamo fatto la nostra parte – si gonfia il petto Micciché – A Messina, abbiamo formato quattro liste che nel complesso hanno superato il 20%, e il sindaco ha preso il 28. Dice tutto. A Catania il nostro 11%, con la presenza di moltissime liste, è il dato più alto a livello di capoluoghi in tutta Italia. A Trapani, rispetto ad altri partiti di centro, avevamo volutamente scelto di non apparentarci con il candidato che avrebbe vinto (Tranchida, ndr) e di andare da soli per rilanciare Forza Italia sul territorio. L’unico cruccio è Ragusa”. Dove il candidato Tumino è arrivato quarto ed è fuori dai giochi.
Altra polemica in arrivo. Che anche in questo caso non risparmia nessuno e arriva dritta al punto: “Ragusa è una città litigiosa, dove non è la prima volta che accadono queste cose. Mentre in altre province prima si ragiona, poi si mette a punto una strategia e poi si scelgono i candidati, a Ragusa ci sono tre figure forti, ognuna delle quali sceglie il proprio candidato. La logica è sbagliata: pur di far perdere qualcuno, si decide di far perdere tutti. Invece il ragionamento dovrebbe essere opposto: oggi vinco io, domani vinci tu, e Forza Italia vince sempre. Io su Ragusa ho scelto di non mettere più mano fino al ballottaggio, facciano come credono. Ma dopo bisognerà intervenire, perché altrimenti siamo sempre destinati a perdere”.
Le valutazioni del presidente dell’Ars si spingono fuori dall’orticello di Forza Italia, che, da forza moderata qual è, ha messo populisti e sovranisti con le spalle al muro. Almeno a questo giro. “La Lega? Non scherziamo, in Sicilia non esiste proprio. Alle Politiche ha avuto un dato discreto perché a livello nazionale è successo qualcosa di grande. Ma i siciliani sono un popolo moderato e domenica l’hanno dimostrato”. Pure il Movimento 5 Stelle è uscito coi consensi dimezzati dalle urne: “A livello nazionale la gente vota Di Maio perché non lo conosce. Ma quando occorre votare quello che ti abita di fronte, preferiscono orientarsi su altri”. Forza Italia è tornato punto di riferimento del centro-destra e di questo Micciché renderà conto a Berlusconi: “Mercoledì ci vedremo per l’analisi del voto”.