Gianfranco Miccichè si dedica alla cultura (forse) per non pensare troppo alla politica. In attesa dell’inaugurazione di “Terracqueo”, la nuova mostra di palazzo dei Normanni, il presidente dell’Assemblea Regionale ha incontrato Vittorio Sgarbi e Patrizia Monterosso, direttrice della Federico II, per cominciare a scrivere il futuro. Ripete che “la cultura è l’unico antidoto alla depressione” – ne ha fatto un mantra durante i mesi della pandemia – ma sa bene che nell’altro palazzo, quello della Regione, sono giorni caldi.
Alla fine la politica prende il sopravvento, e Micciché non nasconde un certo malumore: “Talvolta fanno scelte sbagliate e le difendono pure – spiega, riferendosi al governo –. E’ venuta meno la capacità di volare alto. Che io debba fare ragionamenti d’opposizione mi sembra assurdo. Ma forse è dovuto al fatto che abbiamo un’opposizione scadente”. Quelli del commissario regionale di Forza Italia non sono riferimenti astratti. Al netto di un’emergenza sanitaria gestita con scrupolo, alcuni episodi lo lasciano perplesso. Ad esempio, le lungaggini dell’assessorato alla Salute per autorizzare i tamponi nei laboratori privati: “Vorrei sapere chi sono gli “scienziati” che hanno rimandato questa decisione, sostenendo che i laboratori non fossero attrezzati. Era una minchiata e ci hanno fatto perdere tempo. Servirebbe meno approssimazione”.
C’è anche un’altra questione, più recente. Il governo, con un decreto, ha nominato la commissione giudicatrice dei progetti che partecipano al bando sul Centro direzionale (valore dell’opera: 425 milioni).
“L’ho appreso dai giornali. Sintomo che qualcosa non va… Forse c’è troppa premura di spendere 425 milioni, mentre ancora non si sbloccano i soldi della Finanziaria. Non è un bel segnale per i siciliani che stanno aspettando. Inoltre, non mi risulta ci sia il “via libera” da parte dell’ufficio di pianificazione urbanistica del Comune di Palermo. Prima di fare un palazzo del genere, che rischia di avere poco senso con le nuove pratiche dello smartworking, bisognerebbe rimodernare la rete informatica della Regione e dell’Ars. Sembrano pezzi d’antiquariato. Detto questo, la commissione è composta da quattro professori di università siciliane che nemmeno conosco. E il presidente è un francese (Marc Mimram, ndr). Ma che bisogno c’era di scegliere un francese? Per un bando di queste dimensioni, mi sarei affidato a dei prefetti. Non a un professore amico mio, e a uno amico tuo…”.
Come definisce questi episodi?
“Minchiate colossali. Stanno facendo un errore dopo l’altro. Non si può…. Ci vorrebbe qualcuno che ogni tanto venga a dire: ‘scusateci, abbiamo sbagliato’. Che c’è di male? Magari lo facessero. Invece, perseverando nell’errore, ciò che viene fuori è un errore ancora più grande”.
Al netto dell’ultimo episodio di scarsa galanteria istituzionale, e della storia dei tamponi, gliene vengono in mente altri?
“Oggi in Sicilia abbiamo due emergenze: la riapertura delle scuole – mercoledì all’Ars ci sarà un’audizione con l’assessore Lagalla – e il dramma dei disabili. Abbiamo 28 mila studenti disabili che dovrebbero tornare a scuola, ma le famiglie non sanno ancora quando. Il motivo è che non ci sono insegnanti di sostegno e la soluzione trovata a livello nazionale è una boiata: dovrebbero occuparsene i bidelli, che però non bastano e non hanno le competenze necessarie. Poi c’è anche la questione del trasporto. Ogni anno, a maggio, le ex province pubblicano il bando per l’assegnazione del servizio: a oggi non è stato fatto nulla. Un’altra follia che esige una risposta immediata”.
Non ci sono più le province.
“L’abolizione delle province è un’altra stronzata clamorosa. La demagogia ci sta distruggendo, ma c’è ancora gente che gli va dietro. Ma ci siamo rincoglioniti tutti? I servizi alla persona sono spariti, però sembra che a fare la differenza siano trecento parlamentari in più…”.
Ci consenta, presidente: un’altra emergenza è quella economica. Cosa si aspetta dalla relazione di Armao in aula, domani pomeriggio?
“Ricordo, per chi l’avesse dimenticato, che la Finanziaria è datata aprile: oggi siamo a metà settembre e nessuno ha preso un euro. Forse sono arrivati un po’ di soldi, circa 300 milioni, ma comunque una minima parte rispetto al miliardo e mezzo promesso. Dissi che era sbagliato allestire una Legge di Stabilità di quelle proporzioni senza avere un centesimo, ma hanno preferito andare avanti e questo è il risultato. L’assessore Armao deve dirci se gli 1,2 miliardi che mancano, arriveranno oppure no. Se così non fosse, bisognerebbe ammettere di aver fatto male i conti, di essersi fidati troppo di Roma… Si inventino una scusa, ma non vengano a dirci che va tutto bene. Eventualmente, dovremo cercare una soluzione. Preferirei che fosse l’Assemblea a farlo”.
Sperando di scongiurare qualsiasi tensione sociale, l’Istat ha certificato che nel secondo trimestre del 2020 si sono persi 76 mila posti di lavoro e che gli occupati in Sicilia sono meno del 40%.
“Spiace dirlo, ma lo sapevamo già. La Sicilia ha perso 11 punti di Pil e non è ancora finita. Il governo nazionale ci ha rubato 9 miliardi di produttività e nelle casse della Regione sono entrati 3 miliardi in meno”
In che senso “ci ha rubato”?
“Assegno un’enorme fetta di responsabilità, anzi l’intera colpa, al presidente del Consiglio che ha deciso di chiudere l’Isola e considerarla “zona rossa”. Non lo era. Ci sono stati 3-4 mila contagi, meno che nella provincia di Como. Bisognava distinguere fra epidemia reale ed epidemia finta: a marzo, in Sicilia i morti erano diminuiti dell’1% rispetto all’anno prima; in Lombardia erano cresciuti del 190%. Sarebbe bastato prendere tutte le precauzioni del caso, non costringere la gente a starsene a casa. Potevamo continuare a produrre e non ci troveremmo in questa condizione. Si sono persi un sacco di posti di lavoro e le imprese sono fallite. Se togli a una struttura ricettiva i due mesi prima dell’estate, la condanni a morte certa. Tutti i licenziamenti sono figli della “zona rossa”. Una vergogna. Se io fossi presidente della Regione baserei su questo argomento le trattative col governo nazionale”.
Come ha trovato le esternazioni del presidente Musumeci contro i vescovi, definiti “gregari di Di Maio e Zingaretti”?
“Ha usato lo stesso linguaggio che talvolta abbiamo sentito in aula. Di sparate ne ho avute anch’io, per cui non sono nelle condizioni di giudicare se ha fatto bene o male. Ma il presidente della Regione è un’istituzione, e dovrebbe trattare le altre istituzioni da istituzioni”.
Crede che la Chiesa sia contro o a favore di qualche politico?
“I vescovi possono avere delle idee, ma da qui a essere ritenuti al servizio di qualche politico ce ne passa. E poi sappiamo qual è la posizione della Chiesa sui temi dell’immigrazione. Non c’è Angelus in cui il Papa non ne faccia menzione: dovremmo cominciare ad attaccare anche lui? Comunque credo che Musumeci abbia chiarito la sua posizione sul tema: non è quella di un razzista, ma di una persona che ha visto gente ammassata in pochi metri quadrati, in condizioni sanitarie pessime e senza protezioni di alcun tipo. Gente che lui vuole tutelare”.
Presidente, alle Amministrative il centrodestra si è diviso quasi ovunque. Perché?
“Dove si vota col maggioritario, cioè nei paesini di provincia, le logiche locali si impongono sulla politica: non è una novità. Nelle città col proporzionale, invece, noto la tendenza della Lega ad andare quasi sempre da sola. Lo capisco, perché sono entrati da poco in Sicilia, sono privi di una struttura politica e hanno l’esigenza di far eleggere qualche consigliere. Ma laddove esiste il ballottaggio non è mai una tragedia. Ci misuriamo, vediamo chi è più forte e poi si decide… Non le nego che una città su cui puntiamo molto è Barcellona Pozzo di Gotto. E’ uno dei due comuni in cui Pd e Movimento 5 Stelle si presentano insieme. Fanno una prova del ribaltone che vorrebbero completare alla Regione fra due anni”.
E’ anche l’unico comune in cui la vostra coalizione resiste.
“Infatti vogliamo dimostrare di non avere alcuna preoccupazione anche se i nostri avversari si alleano. Vincere lì sarebbe importantissimo. Come a Termini, dove puntiamo molto su Caratozzolo, che da tanto tempo milita in Forza Italia ed è un avvocato stimato. In altre città andremo divisi, ma non mi sento affatto svilito. Sarà una bella sfida, è una campagna elettorale divertente. E Forza Italia è l’unico partito vero, nel senso che ha presentato le liste ovunque senza alcuna difficoltà. E’ logico che in qualche comune andrà bene, in altri un po’ peggio. Ma noi ci siamo, il partito è in salute”.
Raffaele Stancanelli, di Fratelli d’Italia, ha fatto notare a Buttanissima l’assenza di una cabina di regia nel centrodestra. Rischia di diventare un problema questo spacchettamento?
“Sarebbe drammatico se non ci presentassimo uniti alle Regionali, ma non credo. Stancanelli, comunque, ha ragione. A coordinare la cabina di regia dovrebbe essere chi ha più bisogno della coalizione. Ma qualcuno non sembra interessato a conservare e garantire questa alleanza. Non so perché c’è questo atteggiamento da parte di alcuni, in primis da parte del presidente. Non ne conosco le ragioni e mi lascia perplesso. Lui può essere un presidente della Regione eccelso, ma senza i partiti non si fa politica. Senza consultarsi e aiutarsi a vicenda, è difficile avere successo e durare a lungo”.