Micciché cade all’impiedi

Il presidente dell'Assemblea regionale Gianfranco Miccichè assieme al leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi

Raffaele Stancanelli. Sarebbe questo il compromesso raggiunto al vertice di Arcore fra Gianfranco Micciché e Silvio Berlusconi. L’europarlamentare di Fratelli d’Italia, collega del Cav. a Strasburgo, secondo la ricostruzione di questa mattina su ‘La Sicilia’, potrebbe rappresentare “l’asso nella manica” per riunire la coalizione attorno a una proposta unitaria che non sia Nello Musumeci (dato per perdente) e che, magari, potrebbe riportare al tavolo anche Cateno De Luca, evitando una fuga in avanti ormai certa. Ma il giallo s’infittisce: il presidente dell’Ars, infatti, nega di aver proposto lui il nome di Stancanelli – versione confermata da una nota all’Ansa di Licia Ronzulli – e di questo avrebbe rassicurato Salvini (che vorrebbe esprimere un candidato a nome della Lega).

L’attuale coordinatore regionale avrebbe ottenuto, invece, una riconferma da Berlusconi, a patto di ascoltare e prendere in considerazione anche le istanze che provengono dalla minoranza del partito, quello che fa capo a Marco Falcone. Un impegno che certifica, comunque, la spaccatura all’interno di FI fra anti e filo-musumeciani. Ma l’unico strumento in grado di dare continuità a un operato che, come riferito da Micciché, ha dato risposte “con i fatti e con i numeri”. Dopo aver messo a punto la strategia per salvare se stesso, il presidente dell’Ars, secondo ‘La Sicilia’, avrebbe buttato nella mischia la proposta più attendibile per tenere unito il centrodestra in futuro: Stancanelli è un uomo di Fratelli d’Italia, che la Meloni – almeno logicamente – faticherebbe a non sostenere; che l’amico Raffaele Lombardo non ha mai fatto mistero di apprezzare; e che anche Salvini si sarebbe fatto scappare con alcuni suoi parlamentari durante l’incontro di dieci giorni fa a Palermo. Metterlo in campo adesso, però, a sette mesi dalle elezioni e alla vigilia del summit fra Matteo e Giorgia (atteso per metà settimana) ha rischiato di creare malumori.

Lo stesso Salvini, negli incontri a latere con Micciché e Lombardo, aveva ottenuto la promessa di poter esprimere – a nome nella Lega – una candidatura per palazzo d’Orleans (quella di Nino Minardo?); mentre la Meloni, sull’altro fronte, si troverebbe nella difficoltà di scaricare Musumeci poche settimane dopo averlo preso ufficialmente a bordo (erano i giorni del Quirinale) e per di più cedendo il passo a un’operazione teleguidata da Arcore, elemento che non si confà alla nuova leader della coalizione (sondaggi alla mano). Stancanelli per il momento nicchia: apprezzerà di certo le lusinghe, ma pochissimo il tempismo della sceneggiatura. L’altra difficoltà è convincere Musumeci a fare un passo indietro: il governatore uscente ha spiegato di essere in campo se almeno due forze lo sosterranno, dando per scontato l’appoggio di FdI. Serve una strategia elaborata per farlo allontanare ‘pacificamente’ dal palazzo della Regione: magari un seggio al Senato per lui i suoi collaboratori più stretti. Non è detto che basti.

L’attivismo del presidente è proseguito anche in questi giorni. Dopo aver chiuso l’accordo con la Meloni, infatti, Musumeci sta lavorando ai fianchi l’Udc, cercando di convincere Cesa: ieri è arrivata l’ufficialità di un nuovo incarico a Ester Bonafede, volto storico dei centristi, che il fido assessore Manlio Messina – per decreto – ha nominato sovrintendente della fondazione Taormina Arte, di cui sono soci la Regione e il Comune di Taormina. Un palcoscenico di primo piano, dopo il rospo ingoiato dall’ex assessore di Crocetta sull’Orchestra Sinfonica, due anni e mezzo fa. Musumeci, inoltre, si è già garantito l’appoggio incondizionato di Attiva Sicilia, il partito degli ex grillini tra cui spicca la moglie dell’assessore Razza, Elena Pagana, già risucchiati all’interno del gruppo parlamentare di Diventerà Bellissima; e, in parte, la disponibilità al dialogo da parte di Totò Cuffaro e la Democrazia Cristiana, protagonisti di un summit al PalaRegione di Catania. Ci ha provato persino con Marcello Dell’Utri, filantropo e storico collaboratore di Berlusconi, offrendogli di ospitare la sua immensa biblioteca romana; e, da mesi, è tornato in ottimi rapporti con Genovese senior, ras dei voti nel Messinese.

Resta molto più difficile convincere gli altri – soprattutto quelli che contano – a sostenerlo nella sua campagna per la rielezione. E’ difficile spacchettare l’accordo fra Salvini, Micciché e Lombardo, che nel corso dell’ultimo vertice palermitano avevano chiuso le porte (definitivamente) alla sua riconferma. Lo spiffero di Stancanelli, che con Musumeci non si prende da prima delle Europee del 2019, potrebbe però rivelarsi un assist se dovesse minare la fiducia mostrata dal ‘Capitano’ nei confronti dei suoi alleati siculi. Se ne saprà qualcosa in più dal vertice romano fra Salvini e Meloni, previsto per questa settimana. A gettare acqua sul fuoco, nel frattempo, provvede una nota consegnata all’Ansa da Licia Ronzulli, presente a villa San Martino: “Il nome di Raffaele Stancanelli non è mai stato pronunciato nell’incontro di ieri ad Arcore tra il presidente Silvio Berlusconi e il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché, coordinatore di Forza Italia in Sicilia”. “Smentisco quanto pubblicato da alcuni organi di stampa” aggiunge Ronzulli.

E nel pomeriggio anche Stancanelli fa sentire la propria voce: “Dai giornali di stamattina – dice all’Ansa l’esponente di Fratelli d’Italia – apprendo di una mia candidatura alla Presidenza della Regione Siciliana e mi corre l’obbligo di ribadire, ancora una volta, che non c’è stata e non c’è una mia autocandidatura in tal senso! Penso non sia superfluo sottolineare e ribadire ancora che in ogni caso non si possa prescindere dalla mia volontà e da quella del mio partito”.

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