Gianfranco Micciché è un uomo rinfrancato per il successo (parole sue) della kermesse di Forza Italia a Mazara del Vallo, lo scorso fine settimana: “E’ un momento in cui i rapporti col partito nazionale si sono rafforzati. L’evento di Mazara è stato notato e apprezzato anche a Roma”. Ne è prova l’intervento telefonico di Silvio Berlusconi, che “ha riconosciuto come il Sud sia la vera forza del nostro partito”. Ma il buonumore del presidente dell’Ars scema di fronte alle dinamiche del centrodestra. “La generosità non sempre ti fa guadagnare il paradiso”, proferisce al telefono.
Il nodo è ancora la “cessione” dell’assessorato alla Sanità a Diventerà Bellissima?
“Fermo restando che gli assessori e le deleghe li decide il presidente della Regione, la prassi vuole che a fare la prima scelta sia il partito più grande. All’epoca Musumeci mi chiese di occuparsi personalmente della sanità, essendo uno dei maggiori problemi della Sicilia. Io acconsentii e mal me ne incolse”.
Perché?
“Non solo un atto di generosità avrebbe dovuto prevedere altrettanta generosità di ritorno, ma con questo assessorato abbiamo spesso faticato a rapportarci. Ed è una cosa che ci dispiace”.
Baratterebbe l’assessorato alla Sanità con la presidenza della Regione?
“Non c’è un nesso. Né pretendo che l’assessorato alla Salute debba andare a Forza Italia: anche quello è oggetto di trattativa. Dico solo che non avevo alcun motivo per cederlo. Al limite, in un gioco di pesi e contrappesi, avrei potuto “scambiarlo” con un altro partito della coalizione. Ma non con il partito più piccolo, che aveva già espresso il presidente della Regione. E’ stato un errore”.
Guardiamo avanti. Durante l’evento di Mazara ha anche detto di ritenersi soddisfatto per il cambio d’atteggiamento di Musumeci nei confronti dei partiti.
“E’ chiaro che il giorno in cui svelò il nuovo simbolo con la scritta ‘Musumeci Presidente’, annunciando la propria discesa in campo con una manifestazione a Catania (sabato prossimo), quell’atteggiamento lo avrebbe portato a non essere ricandidato. Di questo ne sono praticamente certo, perché la politica non è il Monopoli. Il fatto che, poi, abbia cambiato palesemente atteggiamento, ci permette di ricominciare daccapo. Ma il percorso deve essere condiviso. Le ultime dichiarazioni di Berlusconi, in tal senso, ci hanno rassicurato”.
Berlusconi ha detto che “il centrodestra che verrà dovrà avere un forte profilo liberale”.
“Avrei voluto dirlo anch’io nell’intervento concordato con Maurizio Gasparri. La coalizione dovrebbe interrogarsi sull’evoluzione della destra dopo il congresso di Fiuggi del ’95. Capire se c’è stata o meno una regressione rispetto a quell’esplosione moderata e liberale. Perché una cosa deve essere chiara: non vincerà mai la destra, ma il centrodestra. E’ importante non tornare indietro. Sarebbe pericolosissimo”.
L’evento di Mazara è servito a fare il punto con Tajani, che lei qualche mese fa aveva definito un capocorrente.
“Con chiunque nella mia vita ho avuto delle scaramucce, ma con Tajani ho un rapporto personale antichissimo, quando ancora Forza Italia non esisteva. Il fatto che ci ritrovassimo abbracciati non lo considero un risultato, ma un’ovvietà. Non c’è dubbio che con questo appuntamento i rapporti fra il partito siciliano, che fin qui è sempre stato un po’ più autonomo, e quello romano ne escano rafforzati. Anche l’elezione in Calabria di Occhiuto, che io considero un fenomeno, è significativa”.
Hanno riconosciuto che i risultati di Forza Italia dipendono in larga parte delle Regioni del Sud?
“Questa cosa, forse, non era abbastanza chiara. Ma la nostra convention ne ha dato piena dimostrazione. Abbiamo avuto 1.200 registrazioni. Mazara del Vallo non è il centro della Sicilia, eppure è arrivata un sacco di gente che, a proprie spese, ha trascorso tre giorni insieme a noi. Ringrazio Toni Scilla, per la bravura e la generosità; e il mio staff che ha dimostrato una crescita enorme. L’organizzazione è stata perfetta. E’ una cosa a cui il sottoscritto, essendo cresciuto con Berlusconi, tiene tantissimo. Non ho visto sbavature”.
Lei rischiava di non essere presente.
“Questo ha aggiunto un po’ di ansia all’organizzazione. Ma alla fine i medici me l’hanno consentito”.
Laddove non si sono fatti passi avanti è la candidatura unitaria a sindaco di Palermo. Salvini e la Lega hanno proposto le primarie: le trova utili?
“E’ vero: attualmente c’è un numero elevato di persone “candidabili”, ognuno ha espresso la propria. Io avevo tentato di coinvolgere i partiti riunendo i segretari locali e provinciali, perché Palermo è una città troppo importante perché non sia oggetto di una riflessione da parte di tutti. Però sarò contrario alle primarie fino alla morte. Lo sono diventato, a maggior ragione, dopo aver visto che fine ha fatto la sinistra, che con le primarie si è consumata. Dimostrando di non avere una classe dirigente in grado di scegliersi un leader”.
Se non riusciste a decidere voi, perché non allargare il processo democratico ai vostri elettori?
“Il popolo, alle primarie fra Gesù e Barabba, scelse Barabba. Fare le primarie significherebbe dare voce al populismo, non al popolo. Gli elettori, recandosi ogni volta alle urne, hanno consegnato alla politica i propri rappresentanti. Poi devono essere loro a stabilire cosa fare… Altrimenti si torna al giacobinismo. Nel vocabolario della politica la parola ‘primarie’ non esiste”.
Per alleggerire la tensione del centrodestra, forse, basterebbe rimuovere il veto sulla candidatura di Scoma, neo leghista.
“Io non pongo veti nei confronti di nessuno. Ma chiedo alla coalizione il rispetto di alcune regole sacre. Mi dispiace per Ciccio, che è anche mio amico, ma la proposta è irricevibile”.
Si spieghi.
“Aveva chiesto a noi di potersi candidare a sindaco. Quando gli spiegammo che sarebbe stato difficile, perché mancava ancora troppo tempo, è andato via. Poi l’ha rifatto. Mi pare una follia che il suo attuale partito venga da noi a dirci che è il candidato… E’ come se io proponessi a Salvini di candidare la Donato. Dubito che ce lo lascerebbe fare. Non devo essere io a porre il veto su Scoma, è la Lega che non dovrebbe nemmeno chiederlo. E’ una questione di buona creanza”.
Fra Cascio e Greco, cioè i vostri papabili, chi ha più chance?
“Quelli che si sono resi disponibili, per quanto mi riguarda, hanno le stesse identiche possibilità. La scelta si farà anche in funzione di cosa avverrà alla Regione. Aricò è una persona che candiderei molto volentieri, ma se il presidente rimane Musumeci è chiaro che diventa anch’essa irricevibile. Una cosa è certa: Forza Italia, dopo essere stata generosa con tutti, non farà altre rinunce. Come c’eravamo detti con Salvini, cercheremo di trovare una soluzione al più presto. Non faremo l’errore di scegliere i candidati all’ultimo minuto, come è avvenuto a Roma o Milano. Però si vota a maggio e non bisogna farsi prendere dall’ansia. Inoltre lancio un messaggio”.
Quale?
“Nessuno si senta sindaco per il solo fatto di aver presentato una candidatura, o perché pensa che il proprio nome sia il migliore. In quel caso può stare certo che non lo diventerà… E poi, mi perdoni, ma non capisco questa smania di fare il sindaco di Palermo in una fase così complicata. E’ da perizia psichiatrica. Per risolvere tutti i mali di questa città ci vorrebbe una specie di Einstein, ma dubito che lo troveremo”.
Dovrete accontentarvi di chi è già in campo.
“Per me sono tutti buoni candidati. Ma dobbiamo arrivare a una decisione condivisa, e nel frattempo capire cosa avverrà a Catania e Messina, dato che anche lì – spero di no – potrebbero esserci elezioni anticipate”.
A proposito di Catania. Il sindaco ha rimosso un assessore della Lega e il risultato è una frattura nella coalizione.
“Sentirò Pogliese per capire i motivi. Siamo vicini ad elezioni importanti e – poiché in politica non esiste un giudice di pace capace di mettere d’accordo tutti – credo che tutti debbano essere seri e disponibili a fare un passo indietro quando serve. Il mio lavoro è tentare di allargare questa coalizione. Spaccarla non sarebbe il massimo”.