Una caduta di stile è concessa. Due cominciano ad essere fastidiose. Tre sono decisamente troppe. L’assessore al Turismo della Regione siciliana, Manlio Messina, ha superato la soglia critica. Musumeci, però, non l’ha ancora relegato in ‘zona rossa’. Nonostante l’ultimo torpiloquio affidato a Facebook per zittire un utente che contestava le sue posizioni no-pass. No-pass e no-Vax, almeno in parte.
L’assessore catanese, che politicamente è la diretta emanazione di Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, che a sua volta fa discendere il proprio potere dall’essere il cognato di Giorgia Meloni, all’alba di agosto, sempre sui social, aveva espresso alcuni dubbi non comprovati da valide teorie: “Continuo a non capire perché si debba vaccinare un bambino di 12 anni o un giovane di 20 anni. Io mi sono vaccinato e sono sempre a favore della scienza. Ma questa cosa proprio non la comprendo. Ovviamente le mie figlie non le vaccinerò finché qualcuno non mi spiega, anche con un disegnino, a cosa serva tutto ciò”. Sarebbe bastato affidarsi alle spiegazioni degli scienziati, senza prestare il fianco alla pancia di Facebook, e alle sue mille idiozie. Un’istituzione è sempre sotto la lente d’ingrandimento, non soltanto quando fotografa spettacoli o lancia bandi per il turismo. Sempre. La “sfiducia” di Messina, mentre Musumeci e Razza s’affannano per raggiungere l’immunità di gregge, stona parecchio.
Ma sul tema l’assessore non recede e dall’ennesima considerazione – stavolta no-pass – nasce un diverbio sui social. “Quindi, allora, vediamo se ho capito bene – scrive l’assessore sul proprio profilo privato -. Io vado a cena con due amici non vaccinati, saliamo sulla stessa macchina, parcheggiamo, entriamo al ristorante, io mi siedo dentro mentre i due amici fuori perché non hanno il green pass. Finiamo di cenare, usciamo e saliamo nuovamente sulla stessa macchina. Mi spiega qualcuno il senso del green pass”. Qualcuno effettivamente ci prova: “Lo scopo del green pass è quello di ridurre il contatto fra menomati e vaccinati il più possibile”. E ancora: “In un luogo affollato, dove c’è gente che non ha voglia di avere a che fare con te e i tuoi amici, tu non puoi imporre la tua presenza, con i tuoi complotti del c…, la tua posizione antivaccinara e tutte le altre grandi stupidaggini che vengono tirate fuori. Non vuoi vaccinarti? Non ci scassare la m… e te ne stai nella macchina di Manlio Messina”. La discussione scivola sui migranti, l’assessore perde le staffe: “Amico mio, dovresti leggere meno La Repubblica e più qualche giornale meno fazioso, difficile da trovare perché noi non controlliamo la stampa. Adesso ammazzati che devo andare a farmi il bagno! Suca”. Francesismi.
Che poi, quando stai al governo, bisognerebbe dimostrare coi fatti quanto sei bravo e figo. Invece l’operato dell’assessore è falcidiato d’inciampi: come quello su See Sicily, i cui bandi sono stati pubblicati in netto ritardo rispetto alla Finanziaria del 2020 che prevedeva un super piano da 75 milioni. E i cui incentivi – una notte gratis in hotel per ogni tre trascorse nell’Isola – hanno messo in imbarazzo gli operatori turistici, molti dei quali sono rimasti alla larga dai pacchetti prepagati dalla Regione: “Per noi è mortificante”. Pezzi di quel progetto, come i voli calmierati per la Sicilia, sono rimasti un sogno nel cassetto (partiranno davvero a ottobre?). Ma è stato impossibile rinunciare alle passerelle, come la conferenza stampa a palazzo d’Orleans con Eleonora Abbagnato e i cantanti Colapesce e Dimartino, o gli spot nelle stazioni di tutta Italia, grazie all’impegno di un’agenzia milanese, la Itaca, che ha costruito un piano di comunicazione, garantendosi introiti non indifferenti. Forse sarebbero serviti più fatti e qualche parolaccia in meno. Ma lo stile non s’inventa.
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MUSUMECI HA PORTATO UN BALILLA AL POTERE
(di Giuseppe Sottile)
Gli americani lo chiamano loft-talk, linguaggio da stalla. Ma la volgarità di Manlio Messina – assessore regionale al Turismo – non sta tanto nelle parole da lupanare con le quali infarcisce discorsi senza capo né coda. Sta soprattutto negli insulti che rivolge a Repubblica e agli altri giornali; nell’immagine che lui ha della stampa e dell’informazione, del dibattito e del confronto politico. Diciamolo: più che un inquilino di Palazzo d’Orleans sembra un picchiatore fascista, un bullo travestito da balilla, una macchietta con la divisa da avanguardista. Abbiate tanta pietà per lui. Ma non per chi lo tiene in piedi. Un Presidente della Regione degno di questo nome lo avrebbe già cacciato a pedate: la decenza, annotava Eugenio Montale, è una qualità della vita. L’ex camerata Musumeci invece lo alleva e gli fa da padrino. Non si piglia chi non si assomiglia.