Il giorno del vertice che non risolve nulla è arrivato: a palazzo d’Orleans il governatore Renato Schifani si è confrontato coi deputati – sì: sono stati convocati i capigruppo e i presidenti delle commissioni parlamentari – senza scendere a patti con la propria coscienza. Senza riferire dei problemi che attanagliano il governo, responsabile di una paralisi che ha fatto sbottare, con estremo garbo, anche il presidente dell’Assemblea Gaetano Galvagno: “L’Aula può rimanere aperta anche h24 ma ci vuole carne al fuoco da mettere”, aveva detto l’esponente di Fratelli d’Italia. Parole che non sono cadute nel vuoto, a questi livelli è impossibile; anche se il presidente della Regione ha preferito slegare l’attività dell’esecutivo da quella del parlamento, facendo ricadere in questo perimetro le competenze della proposta legislativa (e, sommessamente, le cause dell’immobilismo).
Da un “parlamentarista convinto” come Schifani ci si sarebbe aspettato un cenno di responsabilità, e invece no. La fuga dalla realtà, alimentata dai miti più disparati (il caro voli, l’autonomia differenziata, il duello rusticano con l’Anci, eccetera eccetera) sta finendo per provocare una spaccatura con l’Ars – cosa riuscita benissimo a Musumeci nella precedente legislatura – e soprattutto con Fratelli d’Italia, cioè il primo partito della coalizione di governo. Con un asterisco a fianco: sono stati i meloniani a volere Schifani alla guida della Regione, e oggi da lui si attendono risultati tangibili. Dopo sette mesi di vuoto, però, emergono tutti i mal di pancia.
L’ultimo, in ordine di tempo, proviene dal capogruppo di FdI, Giorgio Assenza, che interpellato da Live Sicilia ha giocato a carte scoperte: “Le commissioni sono piene di disegni di legge. Credo che ne avrò presentati personalmente quasi cento. Il problema – ha contrattaccato Assenza – è che le leggi vengono affidate alle Commissioni dalla Presidenza ma, evidentemente, per essere istruiti, molti ddl che prevedono anche un minimo di copertura finanziaria, richiedono una scheda contabile e la necessaria copertura che deve fornire il governo”. Trattasi di verità che allontana Schifani dal suo obiettivo: cioè far ricadere le colpe del limbo sui parlamentari: “Per quanto riguarda i disegni di legge ritenuti prioritari dal governo – ha aggiunto Assenza – invece si aspetta il disegno governativo. Il ripristino delle province ad esempio è un falso problema perché, fino a quando non viene abrogata formalmente la legge Delrio, non possiamo procedere a meno che non ci vogliamo prendere in giro”.
Un bagno di realismo che Schifani non ha apprezzato granché. Tanto da richiedere una replica immediata, almeno sulla riforma che prevede la reintroduzione degli enti d’area vasta mediante elezione diretta: “Mi spiace che il presidente Assenza, persona che stimo, non ha avuto modo di parlare con gli assessori del suo partito che erano presenti quando il Ministro Calderoli ha incontrato la nostra giunta e alla mia domanda il Ministro ha affermato che il governo anche se non avesse ancora legiferato sull’elezione diretta non avrebbe impugnato la nostra legge perché non solo non vi configurava illegittimità costituzionali ma anche perché a breve avrebbe depositato un disegno di legge analogo (cosa che puntualmente è avvenuta). Dunque nessun lavoro inutile”.
Scaramucce che a questo punto della legislatura, quando sullo sfondo si prefigura il primo rimpasto, rischiano di avere un peso. Assenza è uno degli scontenti della prima ora, essendogli sfuggito un assessorato a causa delle ingerenze dello stato maggiore di Fratelli d’Italia, che aveva “imposto” la presenza in giunta di due figure extra rispetto ai deputati eletti: l’ufficiale Scarpinato e l’ex grillina Pagana, moglie di Ruggero Razza. L’altra esclusa eccellente era stata Giusy Savarino, fatta fuori per mero calcolo politico. “Buongiorno amici, non amareggiatevi: la dignità non consiste in avere onori, ma nella coscienza di meritarli”, era stata la riflessione a caldo della deputata agrigentina, prima di rientrare nei ranghi. Altri dissapori, durante la corsa scalmanata di questi mesi, sono sorti tra Schifani e la frangia turistica del partito, quella capitanata dal ministro Francesco Lollobrigida e dal vicecapogruppo di FdI alla Camera, Manlio Messina.
Era stato il Balilla a pugnalare Schifani sul caso Cannes, dopo che il presidente della Regione si impuntò per sospendere in autotutela gli atti dell’affidamento diretto alla società lussemburghese che avrebbe dovuto organizzare la seconda edizione della mostra fotografica all’Hotel Majestic. Le continue cadute dal pero del governatore fecero inviperire Messina, che per difendere l’assessore Scarpinato, si scagliò contro di lui in tv: “In merito all’edizione del 2023 la proposta della Regione alla società Absolute Blue, quella della Absolute Blue alla Regione, la contrattazione, i termini su quanto spendere e come spendere quei soldi, tutto viene fatto in un arco temporale che va dal 20 ottobre all’11 novembre, ovvero quando io non sono più assessore al Turismo e non lo è ancora Scarpinato. L’assessore al Turismo ad interim, in attesa delle nuove nomine, era proprio il governatore Schifani (…) A questo punto, o Schifani non ha guardato le carte, e questo sarebbe gravissimo, oppure non le ha sapute leggere”.
Il silenzio inorridito di Schifani non cancellerà le tracce di un rapporto nato malissimo (con la nomina controvoglia di Scarpinato) e proseguito peggio (con un mesto scambio di deleghe con Elvira Amata). Anche l’istituzione di una cabina di regia inter-assessoriale sulle spese legate alla comunicazione, dopo il polverone sollevato dal M5s su SeeSicily, ha complicato i rapporti. Per non parlare della gestione dell’assessore Volo delle proroghe Covid, che hanno provocato un moto d’indignazione da parte della delegazione siciliana di FdI a Roma. L’ultimo accadimento, prima dell’intemerata di Galvagno, era stata l’amara constatazione di Marco Intravaia, altro fedelissimo di Musumeci, di fronte all’ingresso di Giancarlo Cancelleri in Forza Italia: “Il cambio di casacca di Cancelleri da “apriscatole” ex viceministro grillino a Forza Italia è francamente sconcertante – scrisse Intravaia -. È vero che soltanto gli sciocchi non cambiano idea, ed è legittimo aderire ad un altro partito, ma questo è un caso di incoerenza conclamata: per i toni irriguardosi con cui si è espresso nei confronti di Berlusconi e dei vertici del partito che ora lo ospita, per l’arroganza e la mancanza di galateo istituzionale con cui si è posto nei confronti del governo Musumeci e della sua coalizione, di cui Forza Italia faceva parte”.
Ci sono parecchi precedenti per far tremare i polsi del governatore. Il quale, dopo aver acconsentito a tutte le prerogative dei patrioti (specie sulla scelta degli assessori e delle deleghe), ha ripreso a fare gli interessi di Forza Italia, specie in questo frangente della campagna elettorale, tralasciando l’attività di governo e il rapporto col parlamento. E non è soltanto Fratelli d’Italia a masticare amaro. Anche da Cateno De Luca è arrivata un’ammonizione severa: da un lato mediante una mozione di sfiducia all’assessore Volo che “ha dimostrato di non essere all’altezza del compito assegnatole”. Dall’altro con la minaccia di ammutinamento se non dovessero maturare le condizioni per modificare l’articolo del bilancio interno dell’Ars, che prevede ogni anno l’adeguamento Istat per le indennità dei deputati: “Ho già fatto sapere al presidente dell’Assemblea – ha detto De Luca al Quotidiano di Sicilia – che finché non verrà portata in Parlamento la norma per abolire l’adeguamento Istat che ha fatto aumentare le indennità di tutti noi deputati, noi non ci saremo in Aula”. Sommando la protesta alle assenze croniche, specie nella maggioranza, sarà quasi impossibile lavorare. E sempre più difficile, per Schifani, dimostrare la bontà del proprio operato.