L’entità della sconfitta per Giorgia Meloni è in un dato, che certifica il fallimento della sua operazione politica, sia pur nell’ambito di un risultato sul filo, solo grazie al Terzo Polo di Renato Soru, altrimenti non ci sarebbe proprio stata partita. Quello di Paolo Truzzu, il candidato scelto col criterio della fedeltà più che per meriti, confidando, con un certo spirito di onnipotenza, nella propria forza di trascinamento plebiscitario. Il sindaco di Cagliari che perde proprio nella sua città di 13 punti e registra, su scala regionale, un consenso inferiore a quello delle liste che lo sostengono: sono le cifre di un profondo rigetto di una candidatura calata dall’alto e vissuta come estranea alla realtà sarda, in una regione per antonomasia gelosa della sua autonomia al punto che, per vincere, la volta scorsa il centrodestra aveva imbarcato il partito sardo d’azione, storicamente legato alla sinistra.
Suona innanzitutto per la premier la campana della prima vittoria “storica” del campo largo. Che, così, non avveniva da anni. Perché non si tratta di una semplice difesa di ciò che la sinistra già aveva, come avvenuto nel turno amministrativo del 2020 post Covid o nel 2019 quando l’Emilia Romagna respinse Salvini, anche allora un caso di onnipotenza pagato caro. Lì, peraltro, iniziò il suo declino. Calendario alla mano era dal 2014, da quando Vincenzo De Luca strappò la Campania a Caldoro, che il centrosinistra non conquistava una regione amministrata da altri. Accade ora, ben dieci anni dopo. E peraltro, per chi crede nella cabala, nel giorno in cui Elly Schlein celebra l’anniversario della sua vittoria alle primarie. Potenza evocativa delle date. Continua su Huffington Post