Ancora ignari se l’appello del cocu magnifique dell’Hotel Eufemia – lanciato alla fine del racconto coniugale, morboso ma a lieto fine, da Barbara D’Urso – sia stato raccolto, se cioè il marito tradito ma comunque caritatevole abbia trovato un posto di lavoro (impresa ancor più difficile, a suo dire, dopo il self-scoop dell’adulterio), l’ufficio di collocamento di Maria De Filippi ha invece proposto un contratto a tempo indeterminato presso un’azienda di agricoltura biologica ad un disoccupato che finora poteva vantare mille mestieri quasi tutti in nero e tutti finiti imboccando mestamente la porta d’uscita del licenziamento. Se da Barbara si bazzicava a Palermo e hinterland, sabato scorso ci si aggirava a Catania e cintura.
La narrazione di C’è posta per te ha stilemi, tempi e corde emotive sempre uguali: Maria imbastisce un racconto in forma epistolare intingendo le storie in un’atmosfera tra i romanzi rosa Salani e i film di Matarazzo, con una variabile De Amicis 2.0 per le tinte meno fosche. In particolare, per questo racconto etneo di amore e sacrificio, di figli da sfamare e Monte di Pietà, di rinunce talmente quotidiane da non farci più caso e di speranze messe alla porta manco il tempo di farle accomodare, Santa Maria della Carità ha trovato intanto il testimonial perfetto, il ballerino-presentatore Stefano De Martino (noto pure, ahilui, come ex di Belen). Perfetto perché in sintonia con i protagonisti della vicenda in quanto reduce anche lui da un passato di ristrettezze e stenti (perfino la tinozza sulla quale, nella casa paterna, gocciolava l’acqua che cadeva dal tetto faceva il paio con l’umidità del malandato soffitto della coppia poi beneficata) ma soprattutto perché anch’egli «miracolato» dalla signora bionda: «Se la mia vita è cambiata lo devo a questa donna qui», «se io oggi faccio quello che faccio è grazie a lei, che si sappia, sappiatelo». Magari non tutti sogneranno la fama (per quella c’è Amici) ma un brandello di benessere sì.
Che si sappia, sappiatelo, chiosava dunque De Martino profondendo imperitura gratitudine. Se una cosa di sicuro sanno, gli ancor giovani e disagiati coniugi di sabato sera, è che scrivere a Maria è quasi impetrare un miracolo, è Babbo Natale che arriva fuori tempo con la carriola dei giocattoli per i bambini, è l’elfo del bosco (il De Martino stesso) che lascia tra una siepe e uno scrigno le fedi nuziali finalmente spegnate e il cappello contenente cospicuo assegno (altro che reddito di cittadinanza…), è l’amministratore unico dell’azienda che si appalesa tra il pubblico e offre a garanzia di un futuro indeterminato un foglio di carta cui basta solo apporre una firma. Maria, Signora del Collocamento e del Ricollocamento (la Cuccarini ad Amici, ad esempio), icona di una tv taumaturgica, moderno tabernacolo di grazie. I marziani, fra millenni, quando magari ci restituiranno la visita, troveranno, chissà, degli ex voto.