Oggi, 19 giugno, è l’ultimo giorno per ammirare l’installazione dei Masbedo all’Archivio di Stato. L’opera, di cui molto su parla e la cui immagine è diventata virale sui social, è uno dei lavori più spettacolari realizzati per l’inaugurazione di Manifesta 12, biennale nomade d’Europa. Manifesta ha appena inaugurato invadendo musei, strade, parchi, case e palazzi, dal centro storico alla periferia di Palermo con opere d’arte contemporanea. Per il grande successo di pubblico durante il fine settimana di inaugurazione, in queste ore si sta valutando l’eccezionale prolungamento dell’apertura di questa sede particolare e maggiori informazioni verranno comunicate nei prossimi giorni. Una delle scelte curatoriali che ha colpito di più i mille e duecento giornalisti accreditati e gli oltre tremila professionisti dell’arte contemporanea (tra direttori di musei da tutto il mondo, galleristi, curatori e altri addetti ai lavori) è stata proprio l’apertura di luoghi straordinari e insoliti, sparsi in tutta la città che è diventata un “museo diffuso”, dove le architetture storiche, ristrutturate e non, hanno fatto da quinta scenografica ai lavori esposti, esaltandone la forza comunicativa.
I Masbedo (Nicolò Massazza, 1973 e Iacopo Bedogni,1970) hanno saputo utilizzare in modo originale i due luoghi che ospitano i loro interventi artistici: l’Archivio di Stato, è aperto solo fino a questa sera, e Palazzo Costantino ai Quattro Canti, è visibile fino al 4 novembre, durata complessiva della biennale. L’installazione – che invitiamo a visitare entro oggi – è allestita nella Sala delle Capriate dell’Archivio di Stato, nella sede dell’ex convento di Santa Maria degli Angeli, detto della “Gancia”, nel cuore della Kalsa. Si entra dall’atrio, che conserva il famoso affresco seicentesco raffigurante l’Albero Genealogico dei Frati Minori in Sicilia, e si sale nella grande navata monumentale, definita “ossario” della memoria pubblica siciliana dove sono conservati documenti dal XVII secolo ai giorni nostri. Pile infinte di documenti cartacei custodite in migliaia di faldoni in disfacimento, coperti dalla polvere e quasi divenuti fossili, raccontano un’immagine manzoniana dell’Italia, fatta di “grida”, editti e denunce. Un luogo carico di una “dimensione artistica” che i Masbedo hanno trasformato come fosse la navata di una chiesa laica dove, in fondo, al posto della pala d’altare, hanno inserito uno schermo digitale che proietta il video di un pupo, fantoccio vestito da operaio, realizzato e animato dal Maestro Mimmo Cuticchio.
L’opera, intitolata Protocollo n. 90/6, raccontano gli artisti, “si ispira alle vicissitudini del regista Vittorio de Seta. Più volte nel corso della sua carriera professionale, De Seta subì il controllo delle Autorità. La sua arte, così vicina al mondo dei lavoratori più umili, pescatori, contadini e minatori, era sospettata di nascondere una strisciante appartenenza alle società “sovversive” comuniste”. Infatti, durante i sopralluoghi all’Archivio di Stato, i due artisti hanno trovato un documento da loro esposto su un leggio illuminato all’ingresso dello spazio: una denuncia del 1956 fatta dai carabinieri di Petralia Sottana, piccolo paese contadino delle Madonie, che avevano fermato il De Seta a causa delle sue attività “sospette”. “Questa carta è diventata per noi il simbolo di quanto la nostra videoinstallazione vorrebbe comunicare”, spiegano i Masbedo, “il pupo è la metafora dell’artista. L’artista è un uomo che libera le cose anche quando è legato e controllato”, come Vittorio De Seta, riferimento culturale dichiarato.
De Seta è presente anche nella seconda installazione realizzata dai Masbedo e ospitata all’interno del cortile di Palazzo Costantino: Videomobile, un furgone merci OM degli anni Settanta, trasformato in “video van”, oggetto multifunzionale e mobile che è stato luogo di produzione, palco per performance e interviste per la realizzazione del lavoro finale, un’installazione multicanale. Nello spirito di Manifesta, Videomobile ha ospitato, e continuerà a fare anche durante il corso della biennale, interventi partecipativi per attraversare i luoghi del cinema del passato, tributo ai “Comizi d’amore” di Pier Paolo Pasolini, con l’intento di elaborare immagini che raccontano le dinamiche dei cambiamenti socioculturali in atto a Palermo. Una sorta di “tour performativo”, lo definiscono gli artisti, “un viaggio nelle immagini di De Seta, Mingozzi, Antonioni, Gregorietti, Bafico, Rosi, Pasolini, Letizia Battaglia, Mimmo Cuticchio, e molti altri tra registi, autori e artisti che hanno saputo creare altri mondi nella città di Palermo”.