Sono in carica dal primo febbraio dell’anno scorso (prima da commissari, poi da direttori generali) ma non si può dire che abbiano brillato. Sono i manager delle Asp siciliane, primi responsabili della salute dei cittadini nei territori di competenza, nominati quasi sempre dalla politica e poi, come nel caso di Roberto Colletti, ex dg del “Civico” di Palermo, trascinati sul banco degli imputati e liquidati con una pacca sulla spalla. Non sempre, però, nel corso di questa legislatura è andata così. La risolutezza di Schifani ha fatto spazio al cuore di Daniela Faraoni, che ha preferito preservare Ferdinando Croce, meloniano doc, nel ruolo di capo della sanità trapanese.

Non è soltanto una questione di figli e di figliastri. Su quella ci siamo già soffermati. E’ solo che questi manager, sui quali in parecchi avevano avanzato dei sospetti alla vigilia delle nomine, non si stanno rivelando all’altezza della situazione. Nelle ultime settimane, l’Asp di Trapani è stata al centro di una grave crisi sanitaria a causa dell’accumulo di oltre 3.300 esami istologici non refertati, risalenti sia al 2024 che al 2025. Questa situazione ha portato a ritardi significativi nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti, con casi estremi come quello di un uomo di 74 anni che è deceduto senza aver ricevuto l’esito della biopsia, atteso per quattro mesi.

Ieri a Trapani si sono scoperti altri trenta tumori grazie alla refertazione d’emergenza da parte del Policlinico di Palermo e del Garibaldi di Catania, che hanno risposto alla chiamata alle armi dell’assessorato quando lo scandalo, ormai, era esploso. Molti pazienti hanno appreso della diagnosi nefasta dopo alcuni mesi. “Di fronte a tutto questo nessuno paga – ha detto Davide Faraone, capogruppo alla Camera di Italia Viva -. Tutti i responsabili di questo sfacelo restano incollati alle poltrone in nome di accordi politici che nulla hanno a che fare con la salute dei siciliani. Il Presidente della regione è il primo responsabile di una sanità da Terzo mondo, continua a rilasciare dichiarazioni di sdegno per quel che sta accadendo a Trapani. Ma si dimentica di cacciare quei dirigenti che guidano l’Asp e soprattutto dimentica, visto che li ha nominati lui, le proprie responsabilità”.

Croce, mentre la sua Asp continuava ad accumulare ritardi su ritardi (a causa di carenze di personale che sono note dallo scorso luglio) ha investito 100 mila euro in progetti di comunicazione. Era presente con uno stand pure al Cous Cous Fest di Mazara del Vallo e ha sponsorizzato un premio cinematografico a Salina. Eventi che c’entrano il giusto con la salute e con i percorsi di cura che una società civile dovrebbe garantire ai malati oncologici. Croce, però, non è stato inchiodato alle proprie responsabilità.

A differenza di Roberto Colletti, ex manager di Villa Sofia, che è stato indotto a dimettersi qualche giorno dopo Aroldo Rizzo, direttore sanitario nella stessa azienda. Entrambi avevano assistito allo sfacelo del reparto di Ortopedia, che non era riuscito a operare (le solite lungaggini!) un signore morto dopo 17 giorni d’attesa. Neppure la politica – il manager è stato suggerito dalla Dc di Totò Cuffaro – ha potuto nulla di fronte all’ira di Renato Schifani, che aveva utilizzato il pugno duro per dare un segnale di cambiamento, dimostrando di avere a cuore la salute innanzi tutto Ad alcuni è sembrata una ricerca del capro espiatorio, ma Colletti ha pagato per tutti quelli che prima di lui si erano salvati.

Come nel caso di Walter Messina, direttore del “Civico” di Palermo, uno degli ospedali più grandi del Sud Italia. Il manager, vicino all’assessore Alessandro Aricò, era stato commissariato due volte durante la sua esperienza nell’azienda Villa Sofia-Cervello, per non aver saputo spendere i fondi destinati alle opere infrastrutturali. La seconda, addirittura, da Giovanna Volo (che poi l’avrebbe ri-nominato al ‘Civico’, anche se la sua candidatura aveva un’altra matrice). E lo stesso Messina ha rivissuto una situazione particolare nei mesi scorsi, per la morte di un piccolo paziente nel reparto di Cardiochirurgia pediatrica, gestito in convenzione dal Gruppo San Donato di Angelino Alfano.

Cristian, un bambino di 7 anni affetto da una cardiopatia congenita, era stato sottoposto a tre interventi chirurgici, quattro cateterismi e numerosi drenaggi per un periodo di cinque mesi. Purtroppo, il 6 aprile 2024, è deceduto. I genitori hanno denunciato una gestione inadeguata del caso, descrivendo il personale come disattento e inesperto. In risposta, l’ex assessore regionale alla Salute, Giovanna Volo, ha inviato ispettori per esaminare la situazione. Sul caso è stata aperta un’inchiesta anche da parte della magistratura. Per Messina si tratta di un’altra macchia nel curriculum. Sempre che qualcuno, quando verrà il momento di compiere una valutazione sull’operato dei manager (al termine del primo anno), decida di non aver visto troppo e scelga di rimpiazzarlo. Cosa che a Colletti è già accaduto con Alessandro Mazzara.

Negli ultimi giorni una crepa si è aperta ad Enna, sede del direttore generale Mario Zappia. Da quelle parti i numeri particolarmente delicati sono quelli che si riferiscono all’arretrato degli interventi chirurgici: 4.500. “Sin dal mio arrivo avevamo chiaro che c’erano numeri importanti – ha detto il manager -. Siamo già a lavoro per ridurre le liste d’attesa e nel 2024 la nostra azienda ha effettuato più di 6.000 interventi. Nei due primi mesi del 2025, solo all’ospedale di Enna, abbiamo recuperato 433 interventi del 2024, mentre per il 2025 abbiamo effettuato 173 interventi. I medici, con grande senso di responsabilità si sono messi a disposizione, ma a Enna ci sono solo tre sale operatorie e dunque abbiamo attivato anche quelle di Nicosia, Leonforte e Piazza Armerina per abbattere le liste d’attesa entro luglio 2025”.

Speriamo che a parte quelli già citati, gli altri direttori riescano a garantire (almeno) la decenza delle cure. E’ il minimo che si possa pretendere. Anche dal manager dell’ASP di Palermo. Ma solo in teoria: l’assessore Faraoni, a un mese e mezzo dal suo addio, non ha ancora ritenuto urgente la nomina di un sostituto alla guida dell’Azienda più grande della Sicilia. Che così continua ad affidarsi, ad interim, al volonteroso (ma non bastevole) sforzo del direttore sanitario, Antonino Levita. Partire da una nomina competente in quella posizione rimasta vacante, certamente non ridurrà i problemi della sanità, ma, forse, significherebbe aver cambiato approccio. Forse.