Maggioranza coesa? Macché

Il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, vorrebbe il secondo mandato (foto Mike Palazzotto)

Il rapporto con gli alleati ridotto a una farsa, come la maggior parte dei provvedimenti esitati dal governo. O dall’Ars. Le ultime operazioni, un po’ spericolate, portano la firma dei deputati di maggioranza dell’Assemblea regionale: a partire dalle modifiche alla riforma Urbanistica approvata nella scorsa legislatura (sempre dal centrodestra), ripresa per i capelli, ma privata di alcuni passaggi ritenuti prioritari dal centrodestra. Dalla legge è sparito il riferimento al “contenimento” della riduzione di suolo, principio che avrebbe dovuto sostituire l’ “azzeramento” inizialmente previsto; la sanatoria per i beni confiscati a Cosa Nostra e restituiti agli enti locali (“Un’aberrazione” secondo il M5s); ed è scomparsa anche la possibilità di ampliare gli edifici fino al 30 per cento dei volumi rispetto all’esistente.

L’articolo 8, che secondo molti dell’opposizione avrebbe favorito alcuni “palazzinari” senza scrupoli, prima era stato mantenuto (col voto segreto) e poi ritirato, in seguito a un’attenta riflessione aperta dall’assessore al Territorio e Ambiente, la meloniana Giusy Savarino. Che per il momento ha impedito che un altro strumento borderline, come la sanatoria per gli edifici sorti a 150 metri dal mare (negli anni dal 1976 al 1985), motivo d’orgoglio per un altro patriota (il capogruppo di FdI Giorgio Assenza), approdasse in aula. Il centrodestra ha già dato abbastanza spettacolo…

Anche sugli incrementi volumetrici la maggioranza ha litigato in maniera spigolosa, e non sono bastate le dichiarazioni d’intenti esternate alla fine degli ultimi vertici – ben tre – a evitare un clima di scontro esacerbato da alcune dinamiche tuttora in ballo. A cominciare dalla reintroduzione del voto diretto nelle ex province e dall’approvazione del Reddito di povertà con cui Schifani vorrebbe riservare alle famiglie indigenti un tesoretto una tantum da 30 milioni di euro (ma da 5 mila euro a famiglia). Tutto fa rumore all’interno di questa maggioranza che non ha mai superato le polemiche post-elettorali, culminate nella spartizione selvaggia delle nomine della sanità. Così, ad ogni occasione, il vaso di Pandora viene rovesciato sul tavolo e diventa occasione per spararsi addosso (politicamente parlando).

Il prodotto di questa profonda instabilità è la stasi. Il sottoprodotto, invece, è questa commedia stucchevole. Una farsa che investe tutti gli anfratti dell’amministrazione, a cominciare dalla prima commissione all’Ars. Cioè il luogo deputato a reintrodurre 338 poltrone negli enti d’area vasta: Liberi Consorzi e Città Metropolitane. Il ritorno dell’elezione diretta nelle ex province, che garantirebbe ai singoli di deputati di poter controllare più agevolmente umori e pacchetti di voti, per il momento è in stand-by. E’ vero: la proposta di legge arriverà in commissione Bilancio, dove si stabiliranno le coperture finanziarie, ma difficilmente ci sarà il tempo materiale (prima dell’apertura della sessione di bilancio) per arrivare alla votazione. Così il centrodestra si è cautelato, accorpando un emendamento alla riforma urbanistica (ma che fine ha fatto il presidente Galvagno, da sempre contrario alle leggi omnibus?) per rinviare le elezioni di secondo livello. Lo stesso Schifani le aveva fissate il 15 dicembre.

Con la scusa di ripristinare la democrazia e mandare a votare i cittadini (anziché sindaci e consiglieri comunali), e per evitare che il voto ponderato assegnato a sindaci e consiglieri delle grandi città potesse rivelarsi – per alcuni – deleterio, i deputati dell’Ars si sono assunti un’altra grossa responsabilità: prorogare di altri mesi (almeno fino ad aprile) i commissariamenti – che ormai si prolungano da circa dodici anni – e soprattutto andare contro la sentenza n.136 della Corte Costituzionale, che nel 2023 si era pronunciata sull’illegittimità di questa “pratica”. I giudici erano stati chiari: in Sicilia bisogna tornare a votare per eleggere presidente e consiglio provinciale. A costo di sacrificare le elezioni dirette. Invece, con la decisione di rimandare tutto, la Sicilia apre un’altra enorme faglia nei rapporti con le toghe. Come se già non bastasse la contesa con la magistratura contabile sui rendiconti…

Ovviamente Palazzo Chigi arriverà ad esprimersi sul singolo emendamento e sul ddl, qualora l’Ars trovasse le risorse numeriche per approvarlo in tempi brevi. E potrebbe decidere di impugnarli entrambi, trasformando la farsa in tragedia. A quel punto l’ultima parola spetterebbe alla Consulta. Ma poiché nell’Isola nulla è più definitivo del provvisorio, questo galleggiamento piace. Consente alla coalizione di tenersi in piedi e di non cedere sotto il peso delle responsabilità vere. Consente a Schifani di mantenere il controllo di un centrodestra sfilacciato, che solo di fronte ai grandi interessi delle lobby (su tutti il partito del cemento, che sopravvive fuori dall’Ars) o alle mance da destinare ai territori “amici” (adesso si apre la partita dell’assestamento di bilancio) diventa di colpo furibondo.

Anche sui 30 milioni per le famiglie povere, annunciati qualche giorno dalla kermesse di Forza Italia a Santa Flavia, gli alleati potrebbero ribellarsi al governatore. Fratelli d’Italia, come riportato da Repubblica, ha già fatto emergere il proprio malumore per una misura di carattere assistenziale, che rappresenta la brutta copia del reddito di cittadinanza. I patrioti si sono rivoltati com’era accaduto a Schifani in occasione della discussione sul riordino degli enti locali, quando il presidente della Regione, motu proprio, aveva bloccato un articolo per ampliare la platea degli assessori nei comuni. La norma è stata accantonata da Palazzo dei Normanni.

Analizzando i singoli provvedimenti, ufficiali o presunti, la quadra è sempre più difficile da trovare. Non c’è accordo su niente, eppure ci si professa leali, uniti, coesi. Questo centrodestra, e Forza Italia in particolare, è un covo di vipere che resiste alle intemperie di passaggio. Ma che di fronte a problematiche serie rischierebbe davvero di andare in frantumi. Da qui l’unica soluzione possibile: meglio non affrontarne.

Costantino Muscarà :

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