Lo sguardo lucido, l’abbraccio dei fedelissimi. “Ci difendiamo Antonio, non ti preoccupare, ci difendiamo”, gli dicono. Ma per Antonio Decaro è l’ora più difficile. Davanti alle telecamere, il primo cittadino imbraccia i faldoni, mostra le foto, collega i fatti. “E non mi dite che faccio l’ingegnere”, scherza. Con una conferenza stampa, il sindaco prova a fermare le porte scorrevoli della politica pugliese. Il mood “così fan tutti…”, con echi lontani di cozze pelose e campagne acquisti al limite dell’incidibile, il rosso col nero, ma anche il bianco e il verde. Dopo due mandati da sindaco, Decaro aveva immaginato un’altra uscita di scena. Tra poco più di un mese il suo nome sarà tra quelli dei candidati alle europee nella circoscrizione Sud. E invece. Il commiato da Bari viene guastato da un’iniziativa a metà tra il politico e il giudiziario. Perché c’è l’inchiesta di fine febbraio della Dda sulle infiltrazioni nella partecipata dei trasporti, i 130 arresti e l’appendice del voto di scambio politico-mafioso. Ma c’è soprattutto il rischio di lasciare l’amministrazione a un commissariamento per mafia che rappresenterebbe in ogni caso un’onta. Ma forse non tutto è perduto e nella politica delle parti invertite, poi ognuno trova il proprio agio. Continua su Huffington Post
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Mafia a Bari. Decaro accusa la destra e fa mezzo mea culpa
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