I cattivi – e noi tra quelli – si sollazzano, giorno dopo giorno, a rovesciare su Renato Schifani aggettivi a dir poco ingenerosi. Ripercorrendo la sua alta dimensione di statista prestato alla politica, i reprobi – e noi tra quelli – insistono nel descriverlo come un personaggio dotato di grande talento ma all’un tempo afflitto da un carattere rancoroso, permaloso, persino malmostoso, addirittura livoroso. Giudizi che ieri, in un battibaleno, sono stati spazzati via da un post, tenero e romantico, pubblicato su Facebook e con il quale il presidente della Regione ha voluto recuperare, a dispetto delle malelingue, le tonalità della dolcezza, dell’incanto, dell’ispirazione, della poesia. Altro che cinismo del potere. Ascoltate: “A chi in queste ore sulla stampa estera invita a diffidare della #sicilia per le imminenti vacanze estive auguro buona domenica con questa foto del lungomare agrigentino”. E giù con la foto di un mare colore del cielo. Che, secondo le volpi argentate della comunicazione di stanza a Palazzo d’Orleans, dovrebbe sostituire, nell’immaginario collettivo, l’impatto terrificante degli incendi, delle devastazioni e di tutto l’inferno che, dentro e fuori dagli aeroporti, ha paralizzato la Sicilia in questa estate di caos e di fuoco.
Antoine Rivaroli, meglio noto come il conte di Rivarol, annotava nel suo “Petit almanach de nos grandes hommes” – si era nel 1788 – che “non avere fatto nulla è un terribile vantaggio, ma non bisogna abusarne”. Schifani, da pellegrino e neofita di Facebook, comincia ad abusarne.