In questa terra di proclami e di buone intenzioni, accade anche questo: che un Ministro, dopo aver insistito tanto per la costruzione del Ponte sullo Stretto e aver ammesso a finanziamento, col Pnrr, una linea ferroviaria fatiscente (per collegarla all’Alta velocità o capacità, fate voi), decida di rimodulare 276 milioni, lasciando scoperti due lotti fondamentali lungo la Palermo-Catania: ossia la Caltanissetta-Enna e la Lercara-Caltanissetta. Forse si faranno comunque, ma con altri soldi. Chissà quando. E’ la solita storiella della Sicilia ultima ruota del carro, anche se l’assessore Aricò ha tentato di interpretare (e giustificare) la mossa di Salvini: “I lotti della Palermo-Catania sono stati tutti appaltati e consegnati nei tempi previsti. Il Mit sta facendo una doverosa valutazione prudenziale, ma il finanziamento non è a rischio”.

Se lo fosse, anche i ragionamenti di Schifani di collegare Palermo a Berlino, cosa che non sarebbe stata possibile per l’ignavia dei precedenti governi, andrebbe a farsi benedire, e il presidente della Regione dovrebbe rassegnarsi a proseguire con la sfilza di voli Aeroitalia – di cui sembra diventato testimonial – per raggiungere il continente. Bontà sua. Ma quanto vale la Sicilia e quanto valgono i suoi rapporti con un governo definito “amico”? Fin qui non molto.

Il Ministro Fitto ci ha sbattuto in faccia che la Finanziaria era fatta coi piedi, impugnando una marea di norme per aver indicato una copertura economica impropria (a valere sui fondi Fsc, che non rientrano ancora nella disponibilità della Regione); il ministro Urso ha stoppato – convocando le parti d’urgenza – la rimodulazione territoriale delle Camere di Commercio, perché non era affatto convinto dei motivi che hanno spinto Schifani & co. ad accorpare Catania, Ragusa e Siracusa; il ministro Calderoli è andato avanti sul processo di riforma dell’autonomia differenziata, incassando il “sì” della Regione che poco per volta, e mese dopo mese, è diventato un “nì” (e che probabilmente si trasformerà in un ‘no’); il ministro Giorgetti ha respinto con perdite il tentativo di assicurarsi 600 milioni per compensare l’aumento della compartecipazione finanziaria alla spesa sanitaria (ne ha concessi 200 cancellando ogni altra pretesa futura).

Insomma, come approccio si poteva fare meglio. I rapporti diplomatici che Schifani, da ex presidente del Senato, sperava di poter mettere a frutto, in realtà non sono diventati mai maturi. Con qualche doverosa eccezione, ovviamente. Come l’aiutino offerto da Urso, responsabile delle Imprese e del Made in Italy, per giungere alla pubblicazione del bando utile alla vendita dello stabilimento ex Fiat di Termini Imerese. Per il resto, il fil rouge fra Roma e Palermo si basa su una serie di promesse inevase o di impegni a metà. Come l’istituzione di un commissario per il monitoraggio (e lo snellimento?) dei lavori sull’A19, l’autostrada che congiunge Palermo e Catania. Di fronte alla richiesta di Schifani, Salvini si era detto d’accordo (la nota è del 19 aprile) ma fin qui non s’è visto nulla. Tranne un post ironico del segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo: “Vogliono un guardiano dei cantieri! Ricordiamo che la figura di un commissario straordinario è prevista per velocizzare gli iter burocratici, di progettazione e autorizzativi di un’opera. Per questo i passati governi hanno previsto commissari straordinari in un’ottica di opere strategiche per tutto il Paese, opere non ancora appaltate e, in certi casi, nemmeno nella fase di cantiere. Assistiamo all’ennesimo tentativo di creare posti di sottogoverno per accontentare qualche amico”.

Anche su un altro fronte, quello dei termovalorizzatori, la Sicilia aveva inneggiato al “modello Gualtieri”. Ossia un’attribuzione di poteri speciali che consentissero di realizzare i due impianti promessi da Musumeci durante la sua legislatura. Anche perché Schifani in campagna elettorale (e poco dopo al governo) si presentò col piglio deciso, individuando negli inceneritori l’unico modo per scongiurare le tante emergenze legate alla monnezza. E invece? “L’ultima notizia in ordine di tempo è che Schifani – ha spiegato a Live Sicilia l’ex deputato del M5s e avvocato ambientalista, Giampiero Trizzino – vorrebbe poteri speciali per realizzare gli inceneritori. Cosa che ovviamente non potrà ottenere, essendo i poteri speciali vincolati da una norma del Codice dell’ambiente che richiede delle condizioni ben precise che al momento in Sicilia non sono presenti”.

In verità il governo della Regione dovrebbe riformulare l’intero piano dei rifiuti, aggiornandolo con le ultime richieste. Anche se l’assessore all’Energia Di Mauro ha già archiviato la pratica: “Le aziende che si erano fatte avanti – ha spiegato in riferimento alle ditte che avevano partecipato alle manifestazioni d’interesse – ci hanno chiesto di garantire flussi negli impianti di 350 tonnellate al giorno di rifiuti. Ma come possiamo garantire un dato simile se non conosciamo con esattezza le nostre necessità di smaltimento?”. Bon, finita. Se non arriverà l’aiutino di Roma, e il via libera di un altro ministro (il forzista Pichetto Fratin) probabilmente anche questo sogno finirà in soffitta. La chiusura della discarica di Motta Sant’Anastasia, a causa di una sentenza del Cga che revoca l’autorizzazione concessa in proroga dalla Regione, rappresenta l’alba di una nuova emergenza estiva.

Però resta il Ponte sullo Stretto, che Salvini vorrebbe realizzare entro 9 anni; resta l’autostrada Palermo-Catania, divenuta roba da cabaret anche per Ficarra e Picone (“Pure il nostro navigatore si mette a ridere”); restano i tanti accordi in sospeso. Uno, oggetto di un tavolo di lavoro col ministro Fitto, permetterà a Schifani “al più tardi entro il mese di settembre” di “concludere un accordo per mettere a sistema tutte le risorse per la coesione disponibili per il territorio siciliano”. Ma soprattutto per assicurarsi “il completamento di tutti gli investimenti meritevoli che concorrono allo sviluppo della Sicilia e già avviati sul territorio regionale”. Purché non facciano la fine dei soldi utilizzati per il turismo: sarebbe una pessima pubblicità. L’ennesima.