Un colosso del turismo, con 100 milioni di fatturato, pronto a sbarcare nel mondo del calcio. A Palermo per la precisione, dove negli ultimi anni si è assistito a una processione d’avventurieri che per qualche mese aveva permesso a tale Baccaglini, ex Iena, di diventare presidente con la complicità di Zamparini. Perché i primi avventurieri sono stati loro, Zamparini & friends. Che dopo i primi successi, e un’infatuazione empatica col popolo rosanero (arrivano buoni giocatori e ottimi risultati), hanno fatto sprofondare il mito. Oggi la squadra si batte discretamente in Serie B e al timone del club, con il vecchio patron ai domiciliari, sono rimasti comunque i fedelissimi a condurre le operazioni, talvolta farlocche, di compravendita. Tale si è rivelata quella conclusa con gli inglesi di Sport Capital nel dicembre scorso (e infatti, nel giro di un paio di mesi, si è sgonfiata peggio di un palloncino al sole).
Adesso si svolta. L’ultimo, in ordine di tempo, a fare il suo ingresso nella galassia rosanero è Arkus Network. Un gruppo d’investimento italiano – ma partecipata all’89,5% da un “socio” londinese – molto addentro il settore turistico e alberghiero (possiede sei marchi di lusso, tra cui “I viaggi di Atlantide”) diretto dall’imprenditore Walter Tuttolomondo. Di cui, sul web, non si trova una foto manco a pagarla. Ma l’advisor, ossia l’intermediario che ha condotto in prima persona il closing – che andrà comunque ratificato entro il 6 maggio – è un banchiere palermitano. Si chiama Vincenzo Macaione e non ha ancora superato la soglia dei 40 anni. Eppure il Macaione pratica finanza da venti. L’ultimo incarico di rilievo, in un curriculum ricco di prestazioni al fianco di banche, assicurazioni e società d’investimento, è quello di fondatore e amministratore delegato della Primus Partners, una società attiva nel settore della ristrutturazione crediti. E all’interno di Primus – come a.d. di una finanziaria (prima) e di una banca d’affari (poi) – ha condotto la sua precoce scalata al mondo degli affari.
Nel suo immenso curriculum, tanto precoce quanto avvincente, compare (ad appena 22 anni) l’incarico di team manager e financial advisor in Allianz Group, mentre nel 2006 sposa Mediolanum, di cui diventa team manager. Fra le numerose esperienze professionali quella del 2011, in cui è business partner di Amaranto Investment Sim, una società d’investimento vigilata da Banca d’Italia, che gestisce portafogli per circa 1,5 miliardi. Macaione, stando al ritratto che ne fa il sito dell’Aieda (Associazione Italiana per l’esercizio dei diritti degli azionisti) è stato anche un consulente di due amministrazioni: la Regione Lombardia e la Regione Sicilia. E membro del Consiglio per le relazioni fra Italia e Stati Uniti, presieduto da Marchionne e Tronchetti Provera. Il ragazzo, nato a Palermo ma residente a Milano, s’è fatto in fretta.
Il nuovo business si chiama Palermo. E il gruppo da lui rappresentato, Arkus Network, dovrebbe – qui il condizionale è d’obbligo più che mai – dovrebbe essere una specie di usato sicuro. E’ stato lo stesso Macaione a spiegarlo nel corso di un’intervista a Repubblica: “Più che un progetto, il nostro è un piano industriale. Arkus Network è un gruppo imprenditoriale ed è molto diverso da un fondo d’investimento”. Potremmo dire, banalizzando il concetto e appropriandoci di uno slogan che non ci appartiene, che “non si vendono sogni ma solide realtà”. Perché a differenza di tutta la tiritera inglese, e dell’interesse degli americani di York Capital (anche questo un hedge fund), qui c’è qualcuno che già dall’inizio ha scelto di metterci la faccia (di Macaione, rispetto a Tuttolomondo, le foto su Google esistono). Ma siccome a Palermo sono in tanti con la puzza sotto il naso, il nuovo advisor, che si appresta a diventare presidente, dovrà partire dalle basi: scacciare via l’ombra della gestione Zamparini, mettendo alla porta coloro i quali hanno continuato a tessere la sua tela negli ultimi mesi (persino la Figc sospetta che dietro Foschi e la De Angeli si celi l’imprenditore friulano).
Su questo aspetto, però, Macaione è parso poco rassicurante. Una delle prime mosse della nuova società, non ancora insediata, è stata offrire un ruolo a Daniela De Angeli, storica collaboratrice del Zampa, e un posto da direttore sportivo, con contratto di tre anni, a Rino Foschi, che di Zamparini è stato braccio destro e factotum. Quest’ultimo avrebbe rifiutato, ma non ci vorrà molto a convincerlo. E’ l’idea, di per sé, non molto qualificante. Se da un lato il banchiere-presidente ha annunciato che non rimarrà alcun legame con Zamparini (“Per noi rappresenta il passato”), dall’altro non si fa nulla per tradurre le parole in fatti: “Foschi e De Angeli sono dipendenti come altri, non possiamo allontanarli in 24 ore. Devono occuparsi soltanto di portare a casa la bandierina, che sappiamo tutti qual è”. La Serie A. Poi fuori? Non è detto.
Ecco, a scanso di equivoci, e per non avere quell’aberrante sensazione che il passato è sempre dietro l’angolo – i tifosi al “Barbera” hanno intonato cori pesantissimi contro la De Angeli – la prima mossa sarebbe depurare il Palermo da una gestione societaria che l’ha portato a un passo dal fallimento, tanti sono i debiti accumulati (47 milioni di euro). Non più tardi di un mese e mezzo fa, quando il collegio sindacale rosanero raccomandava di “valutare i presupposti per la presentazione di una eventuale istanza di fallimento”, il primo nome che venne fuori, in predicato di partecipare all’asta in rappresentanza “di alcuni imprenditori siciliani e fondi speculativi”, era quello di Vincenzo Macaione. Provare ad acquisire il giocattolo per quattro spiccioli avrebbe fatto comodo a chiunque. Ma rende legittima un’altra domanda: è vero o no che ci sono questi soldi?
A Macaione e Tuttolomondo basterà un mesetto scarso per dimostrarlo: nello studio notarile in cui è stato firmato il preliminare, dovrebbe trovarsi l’assegno da 1,5 milioni di euro versati come caparra, e che resteranno nelle casse societarie del Palermo qualora Arkus facesse saltare l’affare. Poi, entro fine mese, dovranno entrare nelle casse del club 10 milioni per saldare le pendenze coi fornitori, che hanno già ripreso a bussare alle porte di Viale del Fante (fin qui la De Angeli era riusciti a tenerli a bada). Step by step, il Palermo dovrà assumere delle sembianze normali. La vera partita si giocherà quando verranno redistribuiti i ruoli societari: detto che Macaione si candida al ruolo di presidente tecnico, al suo fianco potrebbe comparire l’altro advisor dell’affare, Fabrizio Lucchesi, nel ruolo di direttore generale. Lo è già stato sotto la gestione Sensi ed è uno, almeno lui, che capisce di calcio. L’errore più grosso sarebbe abbassare da guardia. Ora, come sempre, il Palermo ha tutto da perdere.
ORLANDO NON SI FIDA: A RISCHIO LA CONCESSIONE DELLO STADIO
“Il sindaco Leoluca Orlando, ha avuto nella giornata di ieri e di oggi dei contatti con il presidente della lega calcio di Serie B, Mauro Balata, in merito alle notizie sulla cessione della proprietà del Palermo calcio. Al presidente della Lega di serie B, il sindaco ha ribadito che l’amministrazione comunale attende di conoscere dagli organi di governo del calcio le relative determinazioni circa la situazione societaria e ciò anche al fine di assumere, di concerto con la presidenza del Consiglio comunale, ogni utile iniziativa inerente la concessione dello stadio comunale Renzo Barbera, attualmente in discussione presso l’organo consiliare”. Così una nota di palazzo delle Aquile, che apre uno squarcio di grigio attorno all’impegno di Arkus Network per rilevare il Palermo. Detto in altri termini, il sindaco Leoluca Orlando, già scottato per l’esperienza degli inglesi, non si fida e prima di concedere l’utilizzo dello stadio “Barbera” vuole conoscere a fondo gli acquirenti. Per farlo servirà una ratifica di “affidabilità” anche da parte della Lega di Serie B.