Pensione e reddito di cittadinanza hanno impedito l’aggravarsi economico dei soggetti economicamente più deboli. Si legge nel documento riassuntivo dell’Inps in relazione al XX rapporto annuale sul 2020. “Due terzi dei 3,7 milioni di beneficiari non risultano presenti negli archivi Inps degli estratti conto contributivi negli anni 2018 e 2019, e sono quindi distanti dal mercato del lavoro, e forse non immediatamente rioccupabili – ammette Pasquale Tridico, presidente dell’Inps – Il restante terzo, che invece risulta presente, rivela in media un reddito pari al 12% delle retribuzioni annue medie dei lavoratori del settore privato in Italia, e solo il 20% ha lavorato per più di 3 mesi nel corso del periodo precedente all’introduzione del sussidio, dipingendo quindi un quadro di considerevole esclusione sociale per gli individui coinvolti dalle misure”, prosegue la nota.
Lo shock pandemico, ha spiegato Tridico, ha colpito simultaneamente diversi settori economici, ma con esiti differenti. Alcuni hanno beneficiato di protezione, altri no. Dovranno dunque essere riequilibrati non soltanto i sussidi, ma anche la distribuzione delle tutele: “Strumenti come il reddito di cittadinanza, durante la pandemia, hanno rappresentato un potente strumento di sostegno del reddito nei confronti delle fasce più bisognose della popolazione e, al contempo, ha contribuito a ridurre il rischio di tensioni sociali”. E, ha concluso Tridico: “Durante la pandemia gli interventi messi in atto dall’Inps hanno raggiunto oltre 15 milioni di beneficiari, per una spesa pari a 44,5 miliardi di euro”.