La solenne bocciatura della Corte dei Conti, l’attacco furente delle opposizioni, la difesa a spada tratta di Orlando. A Palermo sembra regnare il caos. Sono tutti in fibrillazione perché la deliberazione dell’organo di controllo, finita sui tavoli della Procura della magistratura contabile oltre che del Ministero dell’Economia, apre squarci di cielo nerissimi: dietro i quali si intravede un possibile danno all’Erario.
Tutti in fibrillazione, si diceva. A parte uno. Giusto Catania, capogruppo di Sinistra Comune e attuale sostenitore della giunta Orlando – di cui è stato assessore nel 2000 e nell’ultima legislatura – non si scompone di fronte all’ultimo assalto: “Siamo davanti a documento che non mette in dubbio il sistema generale dei conti del comune di Palermo – spiega il consigliere Catania -. In realtà dice che bisogna intervenire con alcune misure specifiche. Non drammatizzerei la vicenda. Da anni il Comune di Palermo è sotto osservazione della Corte dei Conti”.
Sono finiti nel mirino i Bilanci consuntivi del 2015 e del 2016. Oltre alla gestione di alcune stabilizzazioni, di certi concorsi e delle partecipate. Come si fa a rimanere tranquilli?
“Secondo quanto affermato dall’assessore al Bilancio e dal ragioniere generale, il Comune ha già presentato delle controdeduzioni”.
Fuori tempo massimo, però.
“E il sindaco ha fatto bene a riprendere i responsabili, a tirargli le orecchie. Ma in questa fase bisogna andare oltre, serve uno scatto di ragionamento politico”.
Su quali presupposti si basa?
“Sul fatto che alcuni vincoli ideologici e imposti, come la Legge di Stabilità e il pareggio di Bilancio, vanno rimessi in discussione. Perché non mirano al miglioramento della qualità dei servizi. E’ come se i Comuni venissero governati da ragionieri, anziché da un sindaco e dalla sua giunta”.
E’ un processo arduo. Da dove si parte?
“In questo momento il Comune di Palermo ha una capacità d’indebitamento che sfrutta solo per il 7-8% delle sue possibilità. Penso, contrariamente alla Corte dei Conti, che debba aumentarla. Questi vincoli, che – lo ricordiamo – sono scelti dalla politica e imposti dalla finanza pubblica, sono dogmatici e liberisti. Rappresentano la morte dei servizi pubblici locali e, piuttosto, porteranno alla loro privatizzazione”.
L’opposizione, nel frattempo, non fa sconti. E invoca le dimissioni del sindaco.
“Peccano di ragionamento politico. Gridano “al lupo, al lupo” senza entrare nel merito delle discussioni, senza fare un ragionamento complessivo sullo stato dell’arte dell’Amministrazione comunale. C’è in atto una corsa a chi la spara più grossa, a chi si conquista qualche riga in più sui giornali”.
Quindi le dimissioni non rappresentano una richiesta legittima né un orizzonte verosimile?
“Chiederle 4, 5 o 6 volte è il modo peggiore di stare all’opposizione. Deve essere l’ultimo atto politico, un atto forte, nel momento in cui si capisce che sono stati fatti tutti gli sforzi possibili per modificare i rapporti di forza. Ma continuare a chiedere insistentemente le dimissioni, a un anno dall’elezione del sindaco, è solo propaganda”.
Ferrandelli & company continuano a rappresentare la figura di un “sindaco fuori dal Comune”, spesso assente in aula e in commissione. Mentono?
“Questa è una modalità prevista dalla Legge. Nel ’93, con l’elezione diretta del sindaco, ci fu una netta separazione fra l’organo assembleare, il Consiglio comunale, rispetto all’organo esecutivo, cioè la giunta. Questo spostamento delle funzioni è una conseguenza di quella legge. E secondo me è negativa, perché limita gli spazi della democrazia”.
La maggioranza come sta? Settembre potrebbe essere il mese buono per un’azione di rimpasto?
“Credo sia necessario avere un surplus di politica nella gestione della città. Io non lo chiamo rimpasto, ma rilancio. Visto che nell’ultimo anno, e Orlando è stato il primo a sollevare la questione, ci sono state delle difficoltà. Il sindaco così ha aperto al confronto e al dialogo con le forze che lo hanno sostenuto. Credo sia un passaggio necessario per Palermo”.
Come si cambia prospettiva senza cambiare le persone?
“Vede, ritengo inutile parlare di rimpasto perché la mia logica non è fare fuori tre assessori senza tessera di partito e inserirne tre con la tessera di partito. Bisogna cogliere le grandi questioni e mettere insieme delle linee programmatiche che possano trasformare questa città e rendere irreversibile questo cambiamento. Sento la necessità che, conclusa questa esperienza, non si ritorni al passato. E non tornino a governare le stesse persone che hanno fatto fallire Amia o Gesip, occupandosi degli interessi privati anziché di quelli collettivi. Bisogna arrivare al 2022 con una squadra già pronta e capace di portare avanti questa trasformazione che, appunto, deve essere irreversibile”.
In attesa di cristallizzare il cambiamento, come spiega la crisi dei rifiuti?
“E’ una situazione molto grave. E’ stato un errore tenere la Rap per quasi un anno senza vertici. Anche se sappiamo benissimo quanto abbia influito l’approvazione del bilancio consolidato. I vincoli rendono complicate anche le cose più normali. Comunque, ci siamo trovati i rifiuti per strada e adesso bisogna invertire la rotta. Io sono fiducioso, perché i nuovi amministratori delle partecipate, oltre a essere dotati di capacità manageriale, stanno dentro un ragionamento politico. Penso possano migliorare la condizione complessiva delle aziende e sostenere la qualità dei servizi”.