“I giornali parlano di flop, ma questo non è un concerto di Gigi D’Alessio”. Gianfranco Micciché non ha perso il senso dell’ironia. E’ appena uscito da un altro bagno di sudore, alla Fiera del Mediterraneo di Palermo, dove ieri si è tenuta la seconda prova (il tema di diritto costituzionale) del concorso per 11 segretari parlamentari all’Ars. Si erano iscritti in tremila, ma martedì a se ne sono presentati 270, scesi a 252 dopo la prima prova. Qualcuno, come Gaetano Agliozzo, segretario generale della Funzione Pubblica Cgil, ha detto che l’opinione diffusa è quella di un concorso “fatto su misura, che lascia poco spazio a chi non ha copertura politica”. Saverio Romano ha contestato Miccichè per il doppio ruolo di presidente dell’Assemblea e di presidente della commissione d’esami, che, unito al coordinamento regionale di Forza Italia, non lo mette al riparo da un pesante conflitto d’interessi. “Mi dispiace ma ha preso un abbaglio e dimostra di non conoscere le regole” ha replicato Miccichè.
Presidente, perché questi numeri?
“Forse alcuni dei criteri adottati hanno spinto molta gente a non presentarsi. Per prima cosa, la decisione di non far pagare. Molti avranno pensato di iscriversi, anche se non gliene fregava nulla. Poi la tempistica: abbiamo fatto il concorso in tempi ristretti rispetto alla pubblicazione del bando. Essendo una prova molto impegnativa, qualcuno non avrà fatto in tempo a prepararsi. Ma siamo stati costretti ad accelerare perché in Assemblea abbiamo una grande carenza d’organico. Non potevamo attendere l’autunno. Un concorso, però, non si valuta sulla base degli iscritti ma di coloro che partecipano. La teoria del flop, forse, vuole colpire me. Ho quasi chiesto scusa agli altri commissari. Ho detto: ‘Ragazzi, non preoccupatevi. Ce l’hanno come me, voi non c’entrate nulla’”.
Il segretario della Funzione Pubblica Cgil, a Repubblica, ha spiegato che la scarsa adesione è dettata dalla convinzione che il concorso sia già “indirizzato” dalla politica.
“Dice così perché forse era abituato ai concorsi organizzati dal Pd… Sia ieri che martedì i ragazzi hanno conosciuto i temi sette minuti prima dell’inizio della prova. Per evitare anomalie, abbiamo persino modificato le tracce che i professori avevano portato in aula la mattina. Inoltre, l’edificio è schermato ed è impossibile comunicare con l’esterno. Questo è un concorso impenetrabile”.
Ma i costi sono lievitati: spendere 150 mila per 270 partecipanti non è un po’ troppo?
“Ma noi dovevamo essere pronti ad accoglierne tremila. Io alla vigilia ho detto che ero contrario a far pagare, mi sembrava quasi una cattiveria. Ma visto com’è andata, ho capito che aveva un senso. La prossima volta ci comporteremo diversamente, cercando di recuperare dalle iscrizioni almeno i costi di chi rimane a casa. Se avessimo saputo che si sarebbero presentati in 300, potevamo farlo direttamente in Assemblea. Invece abbiamo affittato tre padiglioni della Fiera e ci abbiamo messo dentro tremila banchi e altrettante sedie. L’affitto delle sedie è il costo più alto”.
Saverio Romano ha parlato del suo conflitto d’interessi: facendo contemporaneamente il presidente dell’Ars e il presidente della commissione d’esami, all’esterno non avreste dato un bel segnale.
“Io sono presidente della commissione per obbligo non per piacere. Anzi, mi sto distruggendo di caldo e di fatica. Martedì ho percorso sei chilometri fra i banchi e perso due chili. Potevo starmene tranquillamente al mare con la mia famiglia… Il regolamento dell’assemblea prevede che per questo tipo di concorso, il presidente della commissione debba essere il presidente dell’assemblea. Non è qualcosa che ho voluto io. Potevo evitarlo dichiarando di essere indisponibile, o per malattia o per impegni che in questo caso non avevo. Romano parla a vanvera”.
Le Europee hanno segnato un punto di non ritorno nel vostro rapporto?
“A me questa cosa spiace molto, perché lui è sempre stato un amico. Quella sconfitta lo sta facendo andare fuori di testa. Gli consiglierei di stare sereno e di non trovare ogni giorno un motivo per fare polemica o litigare, non ne vale la pena. Ne azzeccasse una almeno… La smetta con queste cose inutili, non servono alla sua storia né alla sua persona”.
Veniamo alla politica. Ha visto cosa è successo a Lampedusa negli ultimi giorni? Che idea si è fatto?
“Se da un lato, come tutti sanno, sono molto critico rispetto al Ministro dell’Interno, dall’altro sono convinto che le regole vadano rispettate. Non puoi diventare un’eroina perché decidi di venir meno alle regole di un Paese. L’episodio della Sea Watch non mi è piaciuto. Se si vengono a creare queste situazioni, e Carola diventa il nuovo idolo delle folle, è comunque colpa di Salvini, e delle sue regole folli che penalizzano i diritti umani”.
Nel centrodestra siciliani ci sono delle scosse di assestamento. Una porterà, giovedì, all’ingresso di Salvo Pogliese in Fratelli d’Italia.
“Spero che anche la Meloni adesso non si metta a dire che Fratelli d’Italia è l’anti-Miccichè, come ha fatto Pogliese qualche giorno fa. Per me Fratelli d’Italia è un ottimo alleato e compagno d’avventure. Con tutti quelli di FdI – da Raffaele Stancanelli ai deputati all’Ars, passando per l’ex assessore Pappalardo e (spero) il nuovo, Messina – ho un ottimo rapporto. Ma non mi si dica, però, che rappresentano l’anti-Miccichè, perché mi vien da ridere. Sono contento che Salvo Pogliese abbia preferito questo sbocco rispetto alla Lega, ha dimostrato di essere più intelligente di altri. Fratelli d’Italia è l’approdo perfetto per Pogliese e Pogliese può essere molto utile a Fratelli d’Italia. Faccio un in bocca al lupo a entrambi”.
La Lega, invece, non sembra aver preso bene la costituzione di “Ora Sicilia”, nella prospettiva di una futura alleanza con Diventerà Bellissima. Salvini e Musumeci sembravano vicinissimi, e invece…
“Prima dicevano che “Ora Sicilia” fosse la terza gamba della Lega, poi che fosse un’invenzione di Musumeci: a me sembra di poter dire che sono entrambe delle minchiate. La dietrologia non fa parte della mia mentalità. Più facilmente, stiamo parlando di quattro persone che erano a disagio all’interno dei loro gruppi. Genovese lo adoro, ma non si trovava bene in Forza Italia. Io posso anche comprare un vestito meraviglioso, ma se non mi sta bene non vuol dire che sia brutto il vestito. Anche per gli altri, la Lantieri, la Ternullo e Rizzotto credo sia successa più o meno la stessa cosa. Rizzotto era a disagio in un partito che avrebbe voluto buttarlo fuori fin dal primo giorno in cui ci aveva messo piedi, almeno i milanesi…”.
E Forza Italia cosa fa? Siete troppo impegnati a seguire le vicende nazionali?
“All’Ars siamo stati dal primo momento un gruppo molto unito, tant’è che al nostro interno abbiamo scelto la candidatura per le Europee e il 90% della forza regionale di Forza Italia è stata trasferita a Giuseppe Milazzo. Oggi è arrivato Tommaso Calderone, e mi sembra che la situazione sia addirittura migliorata. Tommaso si sta dimostrando persona di grande spessore e intelligenza, sta riuscendo a tenere il gruppo coeso”.
A livello nazionale prevarrà la linea rottamatrice di Toti?
“A me Toti fa simpatia, ma non lo considero un leader. Deve decidere se è un capo o se è forse-un-capo. Berlusconi gli ha dato un incarico per cui l’indomani si sarebbe dovuto mettere a fare telefonate ai coordinatori regionali. Ma non l’ha fatto nemmeno la Carfagna. La prima cosa che dovrebbero fare due coordinatori nazionali è conoscere il partito. Mentre sono convinto che la Carfagna, appena comincerà a girare il Paese, sarà molto apprezzata, Toti non lo so. Non riesco a capirlo. Se uno che riceve un incarico così importante, il giorno dopo organizza una manifestazione in cui dice di non voler rinnegare, ma nel frattempo rinnega… Non si può partire in questo modo. Forza Italia dura da 25 anni, non ci sono altri partiti che durano tanto. A parte la Lega, che però è molto cambiata rispetto a un tempo. Noi ci siamo da 25 anni. Ci hanno detto che eravamo un partito aziendale, di plastica… ma siamo ancora qua. Non forti come un tempo, ma possiamo tornare ad esserlo e la Sicilia ne è un’evidente dimostrazione. Toti ci deve soltanto dire cosa vuole fare. Evitiamo le partite a scacchi, perché non siamo bravi”.
Lei aveva detto che la prima settimana di luglio avreste discusso con Musumeci di rimpasto – o di ritocchi – e comunque della questione di Armao. Aveva anche preannunciato un incontro fra il governatore e Berlusconi. Si è inceppato qualcosa?
“Doveva avvenire il prima possibile, poi sono successe una serie di cose che ci hanno rallentato. Il presidente Berlusconi mi ha ribadito la propria disponibilità a parlare con Musumeci, non solo di Armao. Sarà un incontro fra leader – uno lo è un po’ più dell’altro – in cui si dovranno affrontare tutta una serie di argomenti. Noi vorremmo solo che non ci venissero messi i bastoni fra le ruote. E trovare un sistema per continuare ad essere alleati responsabili e leali, in completa sintonia con il presidente della Regione. Se Musumeci avesse altre intenzioni, allora bisognerà cambiare linea”.
E’ la resistenza su Armao che l’ha fatta arrabbiare?
“No, perché Armao è un mio problema, non di Musumeci. Non c’è nulla, nella gestione del caso Armao, che possa farmi arrabbiare”.
Significa che il suo destino lo decide Forza Italia e il governatore non potrà fare nulla per salvarlo. Ma se non è questo il tema, è successo dell’altro?
“Da un po’ di tempo mi sembra che qualcuno dei suoi ragazzi – non so se Musumeci sia complice o ignaro – stiano facendo di tutto per rompere il gruppo di Forza Italia. Questo non potrà mai succedere. Forza Italia è più che compatta, si sappia in giro. Non dico che Musumeci debba meritarsi questa alleanza, ma rifiutarla non mi pare il caso”.
Quindi il problema sono gli uomini del presidente?
“Non percepiamo segnali di amicizia nei nostri confronti. E’ come se a qualcuno la nostra vittoria alle Europee non fosse piaciuta. Vorrei ricordare a Musumeci e ai suoi che alle Regionali di un anno e mezzo fa abbiamo preso il 20% e loro il 5%. I valori sono rimasti quelli. Il 26 maggio ci siamo rafforzati noi e si è rafforzata Fratelli d’Italia. Probabilmente se avesse partecipato, si sarebbe rafforzato anche lui. Ma noi non siamo scesi in campo per un atto di forza nei suoi confronti, bensì per salvare il partito da una deriva nazionale. Abbiamo dimostrato che la Sicilia è un altro pianeta rispetto al resto d’Italia. Musumeci rispetti questo risultato e torni a fare il capo di una coalizione coesa e leale. Non capisco perché dovremmo dargli fastidio. Senza di noi non ci sarebbe nessuna maggioranza possibile. Ad averne di alleati come Miccichè… Però tutto ha un limite: noi per Musumeci abbiamo fatto un passo di lato, un passo indietro, un passo di sopra e uno di sotto. Ora sia lui a dimostrare che è contento di averci al suo fianco”.