I privati convenzionati sono a un passo dal default, e a partire dal 1° gennaio non potranno garantire le prestazioni previste dal sistema sanitario nazionale; la sanità regionale, invece, è col fiato sul collo, e alle numerose criticità già evidenziate – la penuria di medici su tutte – deve aggiungere quest’ultima, che dipende direttamente da Roma. L’introduzione di un Nomenclatore tariffario nuovo di zecca, dopo 32 anni d’attesa, porta con sé alcune novità spiacevoli: ad esempio il taglio dei rimborsi per le strutture private che garantiscono le prestazioni (a partire dalle analisi del sangue) in regime di accreditamento. Accade, quindi, che mentre la Regione prova a stringere un patto di ferro con i laboratori analisi e gli ambulatori specialistici per recuperare liste d’attesa, lo Stato spalanchi loro le porte dell’inferno. Senza che il governo di Renato Schifani e dell’assessore Giovanna Volo riesca a far nulla per evitarlo.
L’unico a prendere atto della situazione è il direttore generale della Pianificazione strategica, Salvatore Iacolino, che al Giornale di Sicilia ha ammesso le difficoltà: “Conosciamo bene i problemi del settore – ha detto -. Ma è giusto dire che non siamo liberi di decidere se recepire o meno il nuovo tariffario. Abbiamo avviato una istruttoria sul caso per capire quanto ci costerebbe restare fermi, visto che dovremmo compensare con fondi regionali la differenza fra le nuove tariffe in vigore in tutta Italia e le più favorevoli che resterebbero attive in Sicilia”. Un meccanismo di compensazione che è allo studio degli uffici e di fronte al quale, comunque, gli animi non si rasserenano: “Il nuovo tariffario – scrivono in un documento i rappresentanti delle strutture accreditate – decurta il rimborso delle prestazioni dal quaranta al sessanta per cento, impedendo di fatto l’esecuzione delle prestazioni da parte delle strutture. I costi di molte prestazioni superano quanto previsto dal rimborso previsto nel nuovo tariffario”.
E quindi? “Si chiede al governo regionale e a tutti i parlamentari di non recepire il decreto ministeriale in attesa dell’udienza del Tar Lazio del 14 maggio 2024 sui numerosi ricorsi. Inoltre si chiede al ministero un tavolo tecnico per rivedere le tariffe di numerose prestazioni ridotte, anche del 50 per cento. Se non si corre ai ripari si perderanno migliaia di posti di lavoro”. Il rischio non è soltanto non poter garantire le prestazioni gratuite per i cittadini – che pertanto si recheranno nelle strutture a pagamento – ma anche non poter salvaguardare il posto di lavoro per molti dei dipendenti dei labori analisi. Una situazione apparentemente senza via d’uscita.
Fra l’altro i convenzionati sono reduci da battaglie durissime per il riconoscimento delle prestazioni in extrabudget (a causa dell’inflazione), che hanno comportato un lungo tira e molla con l’assessorato alla Salute, risolto da poche settimane con la promessa di risorse aggiuntive. Ma che la situazione sia tutt’altro che rosea è evidente a Palermo, nell’ASP più grande della Sicilia, diretta da Daniela Faraoni. Dove alle strutture accreditate non si riescono a garantire neppure le mensilità correnti. Siamo fermi al mese di luglio e la situazione si è ulteriormente incartapecorita perché le due figure che si occupano della liquidazione delle fatture, assunte a tempo determinato, sono in malattia o in ferie. Chi è stato assegnato al servizio, per evitare di far esplodere il sistema, non ha ancora superato la fase di rodaggio e così i pagamenti, che necessitano finanche di un’ultima supervisione da parte del Servizio economico-finanziario, sono bloccati.
Anche l’arretrato degli anni scorsi (si parla di 2020-21-22) è rimasto incagliato nonostante una direttiva centrale di Iacolino, risalente a due mesi fa, imponeva come deadline la data del 30 novembre. Altro che il recupero delle liste d’attesa… Con quale spirito le strutture convenzionate dovrebbero agevolare i compiti a casa di Aziende sanitarie e ospedaliere? In cambio di quale lauto riconoscimento dovrebbero erogare le prestazioni richieste entro il 31 dicembre, quando la Regione passerà al setaccio i risultati raggiunti dalle singole Asp in materia di prestazioni ambulatoriali arretrate? Il castello di sabbia rischia di venire giù, e si fatica davvero a individuare una soluzione.
Anche perché i Commissari, senza alcuna garanzia sul proprio futuro, non possono muoversi da direttori generali, con una precisa strategia di pianificazione (gli affari correnti, di per sé, sono una bella gatta da pelare). E anche in assessorato, dove Schifani non ha mai pensato di porre rimedio all’assenza dell’assessore Volo, di fatto inesistente, si respira un clima di grande sfiducia. Fra due settimane potrebbe riesplodere la crisi. Il passo indietro dei convenzionati, completo o parziale non importa, finirà col mettere sotto pressione le strutture pubbliche o al massimo costringerà gli utenti a rivolgersi altrove. “I pazienti pagheranno per intero. Per esempio – spiega Nicola Ippolito, presidente di Asilab, al Gds – l’emocromo costerà 5 euro e così anche l’esame delle urine. Per il Psa si pagheranno sei euro. E via così per tutti gli altri esami. Non possiamo fare altrimenti perché l’alternativa è fallire”.
Di fronte a questo scenario, non esiste un piano-B da parte della politica. Non esiste un moto di protesta che parta da Palazzo d’Orleans, come sta avvenendo per la questione del Ponte sullo Stretto, e attraversi lo stivale fino a Roma. Per la salute, d’altronde, non basta la propaganda. Tanto vale comunicare ai cittadini, con quale coraggio?, che dal 1° gennaio chiude la baracca della sanità pubblica e tutte le prestazioni saranno a pagamento.
Un ulteriore elemento di riflessione l’ha introdotto nei giorni scorsi lo Spi Cgil Sicilia, denunciando il rischio che anche i soldi del Pnrr destinati alla sanità possano diventare merce di scambio. Da qui un appello all’assessore Volo a convocare le parti sociali: “Cosa cambierà in Sicilia con la revisione del Pnrr proposta dal governo Meloni e approvata dalla Commissione Europea? Quale sarà il nuovo volto della sanità territoriale nell’Isola? Quali Comuni e quali aree resteranno tagliate fuori dalla realizzazione delle nuove Case e degli Ospedali di Comunità? Salta agli occhi con tutta evidenza – osserva la segretaria regionale del sindacato dei pensionati, Maria Concetta Balistreri – l’intervento che riduce notevolmente il finanziamento per gli investimenti per il potenziamento della Sanità territoriale, ai quali si aggiungono la riduzione delle risorse per l’ammodernamento tecnologico e per la digitalizzazione delle strutture ospedaliere”.
È per questa ragione che il sindacato si rivolge direttamente alla titolare dell’assessorato alla Salute: “È necessario che dia un segno di esistenza in vita convocando un incontro con le parti sociali. Le scelte devono essere condivise, tenendo conto dei reali bisogni del territorio e non, come è accaduto troppo spesso, degli interessi clientelari. A maggior ragione alla luce del fatto che molti esponenti politici sono già in campagna elettorale”. Qualcuno avrebbe voglia di vigilare o pensiamo già alle Europee?