Nel repertorio di Francesco Lollobrigida, Ministro (pasticcione) delle Politiche agricole e della Sovranità alimentare, reduce dall’inghippo del Frecciarossa, si trova di tutto. Concetto Vecchio, su Repubblica, ripercorre i suoi trascorsi in poche righe: “Ha annunciato di voler fermare la sostituzione etnica. Ha spiegato che i poveri mangiano meglio dei ricchi. Si è legato mani e piedi a Coldiretti, facendo approvare una legge su una cosa – la carne coltivata – che ancora non esiste. Ha spiegato che non va bene che la Costituzione nasca dall’antifascismo. Durante il Covid si disse contrario alla vaccinazione per gli under 40. Perché proprio loro? Boh!”. Anche alcuni dei suoi allievi, su tutti l’ex assessore regionale al Turismo, Manlio Messina, ebbe da ridire sui vaccini. Ma è su altre cose riguardanti la Sicilia che la gestione del “cognato d’Italia” (convolato a nozze con Arianna Meloni, la sorella della premier) lascia intravedere delle crepe.

Intanto una precisazione: prima di occuparsi di Agricoltura, Lollo ha sempre guardato con morbosa curiosità al Turismo. Tanto da essere considerato il fondatore – a ragione – della corrente turistica di FdI. Un partito nel partito. Un feudo inespugnabile. Che detta legge in molte regioni italiane. Scriveva Antonio Fraschilla il 12 gennaio scorso: “In questi anni a qualsiasi governatore del centrodestra che ha vinto le elezioni Lollobrigida ha chiesto in giunta la delega al Turismo, piazzando nomi a lui graditi. In Lombardia è stata nominata nella giunta Fontana Lara Magoni, ex sciatrice della Valanga rosa. Nelle Marche il governatore Francesco Acquaroli ha tenuto la delega al Turismo per sé. In Calabria la forzista Jole Santelli aveva dato il comparto a Fausto Orsomarso, confermato nei primi mesi anche dal successore Roberto Occhiuto. In Liguria Giovanni Toti ha dato la delega al meloniano Gianni Berrino, adesso sostituito da un dirigente ligure sempre di FdI, Augusto Sartori, che appena nominato ha subito firmato un comunicato stampa ossequioso e riverente per ringraziare Meloni, Ignazio La Russa e Lollobrigida”.

Nulla di strano, secondo Lollobrigida, che ha replicato all’intento “diffamatorio” dell’articolo, confermando le impressioni: “In questi anni Fratelli d’Italia, con i suoi uomini e donne, ha curato con dedizione un settore che vale il 13% del PIL in questa nazione”. Negando, tuttavia, che “questo nostro interesse abbia ritorni poco chiari” e precisando che “per noi la politica è passione e ci occupiamo con grande cura di tutto ciò che riteniamo utile alla nostra Patria”.  Non può fare eccezione la Sicilia, dove l’arrembante ascesa dei patrioti è cominciata col governo Musumeci e prosegue tuttora: Pappalardo (poi transitato all’Enit), Messina, Scarpinato e infine Amata sono stati gli ultimi assessori al ramo. La sua squadra. Ma al netto dei nomi, ciò che preoccupa e sorprende (solo in parte) è la resa di questo investimento. Perché se è vero come è vero, per citare Fraschilla, che “il turismo muove cifre da capogiro tra i fondi pubblici: 3 miliardi di euro di progetti per la coesione territoriale, 2,5 miliardi di euro del Piano di ripresa e resilienza”, i fondi investiti sul turismo siciliano hanno generato soltanto abusi e sprechi colossali. E, quando è andata male, qualche perquisizione (da parte della Finanza) e le inchieste della Procura di Palermo e della Corte dei Conti.

E’ il caso del programma SeeSicily: il punto più alto della carriera di Manlio Messina, ma uno dei punti più bassi della precedente legislatura (con una scia anche in questa). Di recente, grazie a un Audit della commissione europea, si è scoperto che gran parte dei fondi Fsc impegnati sul programma che avrebbe dovuto risollevare gli albergatori dopo la pandemia, sarebbero stati spesi malamente. Per citare il documento della Direzione generale della Politica regionale e urbana della Commissione, pervenuto per conoscenza anche al nuovo presidente della Regione Schifani, si è evidenziata la “possibilità che le spese siano connesse a irregolarità con gravi conseguenze finanziarie”. Ma da quel documento, soprattutto, è scaturita la minaccia di “interrompere i termini di pagamento di eventuali future richieste nell’ambito del programma in questione, compreso il pagamento del saldo in seguito alla liquidazione dei conti annuali”, finché tutte le questioni segnalate (tante) “non saranno risolte”.

Con questa vicenda (politicamente) macabra, Lollobrigida non c’entra direttamente. Ma è stato lui l’artefice della carriera politica di Manlio Messina, proseguita a Roma dopo aver chiuso l’esperienza di assessore. Premiato, addirittura, col ruolo di vicecapogruppo alla Camera e con la presenza costante nei talk di approfondimento politico per rappresentare il partito. Questa, per la verità, è stata anche una vittoria del Balilla, che ha saputo dove mettere le mani: una parte consistente del plafond di SeeSicily (quasi 25 milioni), è servita a promuovere il “brand” negli aeroporti, nei giornali e nelle trasmissioni tv, attraverso i grandi gruppi editoriali – da Rcs a Publitalia ‘80 passando per Raicom – che non si sono mai sottratti alla ricerca di visibilità dell’assessore. Un discreto strumento nelle mani sbagliate rischia di essere dannosissimo, ma ovviamente, dopo averlo amministrato per anni, il partito della Meloni non s’è mai sognato di rimettere in discussione i metodi, tanto meno le persone.

Ed è per questo che, esaurito il mandato di Messina, l’assessorato al Turismo è rimasto nelle mani di Francesco Scarpinato, suo allievo, finito da subito in rotta di collisione con Schifani. Intanto per essere stato nominato dall’alto, senza alcuna mediazione col governatore e in barba ai requisiti richiesti (cioè l’elezione all’Ars), e poi per aver amministrato il Turismo escludendo dalla filiera delle decisioni il capo dell’esecutivo. Questo ha generato il cortocircuito di Cannes – altro scandaluccio prontamente insabbiato dalla corrente turistica di FdI – la staffetta ai Beni culturali con la Amata e nuove liti sparse: dall’imposizione, decisa unilateralmente, dei rincari sui biglietti d’ingresso a musei e parchi archeologici, passando per le norme (concordate con De Luca) utili a modificare la gestione del Teatro Antico di Taormina. Schifani ha bloccato sia l’uno che l’altro provvedimento e ancora non si comprende come possa accettare di coesistere con un assessore che gliene combina una al mese.

Anzi, si capisce perfettamente: il motivo è Lollobrigida. Frontman di una cordata di un partito di peso (che esprime la premier e soprattutto il presidente del Senato) che non ha alcuna voglia di cedere le proprie aree di competenza, specie se remunerative come cultura, cinema e teatri. Il Turismo è una riserva di denari e di consenso, e oggi ad amministrarlo ci pensa la “replicante” Elvira Amata. Il metodo è sempre uguale: dissanguare le casse di Palazzo d’Orleans con investimenti a perdere sulla comunicazione o su non meglio precisati servizi promo-pubblicitari (come avvenuto per le Celebrazioni belliniane: circa 900 mila euro). La spasmodica ricerca di vetrine, ha fatto dire alla Amata che SeeSicily è stato un successo per aver aumentato il flusso di visitatori, e che non importa se i contratti con le strutture ricettive – a causa del mancato utilizzo dei voucher – sono stati stracciati. A quel punto meglio rimpiazzare il dirigente non allineato che fare mea culpa (e così è avvenuto). Altri, grossi progetti di comunicazione sono in divenire, e la Sicilia sarà sempre lì, ad esportare i suoi talenti e i suoi prodotti, su tutte le piattaforme. Comprese le stazioni dei treni dove il buon Lollo, per evitare di arrivare tardi, chiede ai Frecciarossa le soste ad personam.