Si fatica a trovare siciliani influenti – al netto dell’avvocato Giulia Bongiorno, originaria di qua – nella manifestazione della Lega a Palermo. Mentre Salvini era impegnato nell’udienza del processo Open Arms, all’interno del carcere Pagliarelli, fuori dal carcere andava in scena un sit-in meno affollato del previsto. La manifestazione di solidarietà nei confronti del vicepremier ed ex ministro dell’Interno, che rischia sei anni per sequestro di persona, è la dimostrazione plastica del disfacimento del Carroccio. C’era qualcuno dei ministri, come Valditara, Giorgetti e Calderoli; c’era l’immarcescibile senatore Nino Germanà, attuale segretario regionale del Carroccio, e persino i tre predecessori: da Stefano Candiani a Nino Minardo passando per Claudio Durigon. Ma in tanti mancavano all’appello.

L’esperimento leghista in Sicilia è appeso alle vicende di Luca Sammartino, che come Salvini -peraltro- dovrà rispondere ai giudici per una doppia accusa di corruzione (nell’inchiesta che riguarda il comune di Tremestieri Etneo). Da quando la sua star è in panne, e ha dovuto dimettersi dal prestigioso incarico di vicepresidente della Regione e assessore all’Agricoltura, la Lega ne risente. Al suo posto Schifani ha chiamato in giunta un tecnico di fiducia, Salvatore Barbagallo, che avrà il compito di rimettere mano alle riforme lasciate in sospeso (a partire da quella che riguarda il Corpo Forestale) e occuparsi delle emergenze, a partire dalla siccità. Ma è un’ovvietà che un tecnico non scaldi particolarmente i cuori, e Barbagallo non ha il furore agonistico, tanto meno il consenso, per ricalcare le orme di Sammartino e farsene interprete.

Non vale più la proporzione di Lombardo, secondo cui al Mpa toccherebbero due assessori come la Lega. Perché la Lega di assessore ne ha uno, forse mezzo: si tratta di Mimmo Turano, responsabile della Formazione professionale, che in questi giorni vive momenti di profonda riflessione. Non solo perché la sua delega non potrà contare sui piccioli che la manovra-quater garantirà ad alcuni dei suoi colleghi (Tamajo in primis); ma perché lo stesso Turano, assieme alla pasionaria Marianna Caronia, è ritenuto fra le possibili new entry nella federazione fondata dallo stesso Raffaele Lombardo, in collaborazione con Gianfranco Micciché e Roberto Lagalla. Sarebbe una perdita tremenda, anche se Turano è uno di quelli che gioca a nascondere il simbolo: candidato ed eletto con la lista ‘Prima l’Italia’, uno stratagemma dei leghisti del Sud, si è reso partecipe di un paio di screzi col presidente della Regione (complice il flop alle Amministrative di Trapani, dove alcuni dei suoi sostenitori si schierarono al fianco dell’uscente Tranchida, di area Pd).

Se non fosse per Floris e DiMartedì, la sua trasmissione su La7, anche di Annalisa Tardino si sarebbero perse le tracce. Ricordate l’ex europarlamentare di Licata, per un periodo segretaria regionale del Carroccio? Nella scorsa campagna elettorale è stata travolta dalla competizione con l’ala di Sammartino: prima costretta a dimettersi dall’incarico di partito (i regolamenti interni prevedevano l’incompatibilità con le attività di propaganda imposte dalla competizione), poi a soccombere nelle urne. Non è riuscita a spuntarla neppure in sede di rimpasto alla Regione, quando il suo nome era stato inserito nella lista dei papabili.

Con 17 mila preferenze aveva fatto meglio del senatore Germanà, che oggi, da messinese, non si interessa più soltanto di Ponte: stamattina, per dirne una, si intrufolerà alla convention di Fratelli d’Italia per celebrare i due anni del governo Meloni, mentre ieri chiedeva una “verifica” al comune di Palermo dopo le accuse di Faraone a Schifani. E l’altro ieri, addirittura, stringeva un patto con Cateno De Luca – che gli fece una serenata sotto casa – per eleggere qualche consigliere comunale a Messina. Salvo andarsene e uscire dalla maggioranza. “Non abbiamo voluto organizzare alcun pullman, perché non vogliamo truppe cammellate”, ha detto a Live Sicilia parlando dell’iniziativa (sotto tono) di ieri. Il piano è riuscito: in piazza Castelnuovo c’erano 95 fra ministri, sottosegretari e parlamentari. C’era anche il suo vice, Anastasio Carrà. Ma tutti gli altri, dove sono finiti?

Mancava Raffaele Stancanelli: tra le condizioni poste a Salvini prima della candidatura e dell’elezione a Bruxelles con la Lega, aveva evidenziato “la coerenza con il mio percorso e le mie radici nella destra politica nazionale e siciliana che mi ha sempre contraddistinto”. Nino Minardo, presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, che qualche mese fa si era fatto interprete di un’azione da pontiere con l’Udc – a proposito: notizie di Lorenzo Cesa? – invece era presente a Piazza Castelnuovo per manifestare “solidarietà a Matteo”. Ma non è tanto l’assenza (degli altri), quanto l’empatia leghista a preoccupare.

Gli altri parlamentari regionali, infatti, si muovono come se la questione non li riguardasse: da Laccoto (nella scorsa legislatura iscritto al Partito Democratico), passando per Vincenzo Figuccia, ex Udc, senza dimenticare il sindaco di Cerda Salvo Geraci, che qualche mese fa difendeva ancora il vessillo di Sud chiama Nord. Lo stesso Sammartino, come la compagna Valeria Sudano, provengono da una formazione di centrosinistra: dopo Articolo 4, il partito di Leanza, hanno fatto la spola dal Pd a Renzi. Sembra che la Lega, più che un partito, rappresenti un taxi, un approdo di convenienza. Un album di figurine pronte a cambiare maglia da un momento all’altro. Che in Sicilia fosse impossibile nascere leghisti, era risaputo. Ma almeno salviniani…