La prima bordata è partita. L’iniziativa della Commissione regionale antimafia ha suscitato la durissima reazione di Giorgio Mulè, parlamentare nazionale di Forza Italia.
È, però, nella sua qualità di ex direttore di Panorama che l’Antimafia di Claudio Fava vuole ascoltarlo dopo averlo già inserito nella lista dei giornalisti “cattivi” per i suoi contatti con Antonello Montante.
Che tipo di contatti? Di certo nulla di penalmente rilevante visto che Mulè, come altri giornalisti, non è indagato dalla Procura di Caltanissetta che ha arrestato l’ex presidente di Sicindustria.
Chissà quali criteri di selezione hanno utilizzato in Commissione, visto che ci sono giornalisti, pure loro citati nelle carte giudiziarie, “risparmiati” dalla convocazione. Saranno stati etichettati alla voce “buoni” da Fava e dagli altri commissari che hanno annunciato in pompa magna di volere andare fino in fondo a questa vicenda, convocando burocrati, politici, ex amministratori locali e… giornalisti.
Mica possono fare finta di niente: “Non dobbiamo limitarci ad essere buon notaio di quello che i magistrati ci consegnano”. Già i magistrati, ce ne sono tanti che hanno avuto intensi contatti con Montante. E ne hanno pure difeso l’azione antimafia ora smascherata da altri magistrati. Sarebbe bello sapere in quale parte della lavagna la Commissione li inserirebbe. Fra i buoni o fra i cattivi?
Il presidente della Commissione Antimafia Claudio Fava, nella serata di ieri, ha replicato alla lettera di Mulè, spiegando di essere rimasto colpito “dai toni abbastanza inusuali dell’ex direttore di Panorama (…) che lamenta di essere stato convocato dalla Commissione che presiedo senza conoscere preventivamente il tenore delle domande che gli verranno sottoposte né, afferma, il contenuto dell’informativa di polizia in cui è citato il suo rapporto con il signor Montante”. “Non comprendiamo le ragioni del turbamento dell’onorevole Mulè – ha proseguito Fava –. Siamo certi che nel corso dell’audizione avrà modo, serenamente, di fornire osservazioni, valutazioni e fatti sicuramente utili al lavoro della nostra Commissione”. Fava, evidenziando che l’informativa di polizia è stata utile ad attivare i consigli di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti, ha inoltre ribadito come il lavoro della Commissione non voglia sostituirsi o sovrapporsi a quello della magistratura.
Ecco la lettera di Mulè:
“Egregio Signor Presidente;
ho appreso da alcuni lanci di agenzia di stampa il 30 maggio u.s. della decisione della commissione regionale Antimafia da Lei presieduta di procedere ad audizioni nell’ambito di quello che Lei ha definito il “sistema Montante”. Tra i nomi delle persone che verranno ascoltate ci sarà anche il mio nella veste di giornalista.
In particolare Lei, in conferenza stampa, ha dichiarato che: “Sentiremo anche diversi giornalisti, giornalisti che hanno scritto e che hanno anche aiutato chi vi sta parlando e i colleghi ad avere uno sguardo aggiornato e informato. E alcuni di loro hanno anche pagato diciamo il prezzo di un’attenzione non particolarmente limpida del signor Montante che ha proceduto come sapete con schedature e dossieraggi”. Ha poi aggiunto: “E ascolteremo anche altri giornalisti i cui nomi invece sono comparsi su questo rapporto di polizia giudiziaria messo a disposizione dalla Procura di Caltanissetta in cui si parla del modo in cui Montante…il sistema Montante non direi Montante: un sistema di governo parallelo, di decisioni parallele che ha tentato anche di condizionare, di subornare alcuni colleghi giornalisti di averne favori o neutralità e di ricompensarli nelle forme che questo rapporto di polizia giudiziaria ha indicato. E avremo bisogno di capire da loro, nessuno di loro in questo momento è indagato, esattamente il tipo di relazione e anche che cosa questa relazione ha prodotto in termini di utilità per loro o per Montante o per questo sistema”.
Signor Presidente, la base di partenza del vostro lavoro risiede dunque nel contenuto di un rapporto di polizia giudiziaria e coinvolge giornalisti non indagati tra i quali ci sono io. Non avendo avuto alcuna relazione con Lei o con i colleghi dell’onorevole Commissione regionale antimafia sulla vicenda Montante immagino inoltre, per esclusione e seguendo il Suo ragionamento, che io appartenga a coloro che Lei ha definito “altri giornalisti” e i cui nomi compaiono nel rapporto di polizia giudiziaria che la Procura di Caltanissetta vi ha messo a disposizione. Questi “altri giornalisti” sono quelli che, cito le Sue parole, il signor Montante ha “tentato anche di condizionare, di subornare (…) di averne favori o neutralità e di ricompensarli nelle forme che questo rapporto di polizia giudiziaria ha indicato. E avremo bisogno di capire da loro, nessuno di loro in questo momento è indagato, esattamente il tipo di relazione e anche che cosa questa relazione ha prodotto in termini di utilità per loro o per Montante o per questo sistema”.
Se in premessa Lei sostiene che Montante ha “tentato”, subito dopo afferma con nettezza e in modo indiscriminato di voler capire “che cosa questa relazione (tra gli “altri giornalisti” e Montante, ndr) ha prodotto in termini di utilità per loro (gli “altri giornalisti”, ndr), per Montante o per questo sistema”. Non più dunque un comportamento “tentato” ma consumato, stante l’assenza nel suo discorso quantomeno di un verbo coniugato in forma dubitativa, con l’esclusione della possibilità che siffatto tentativo non abbia “prodotto” alcunché.
Vorrei dunque fin d’ora significarLe il mio assoluto disprezzo per questo modo di ragionare consegnato nei termini di cui sopra alla stampa e quindi all’opinione pubblica. Non è permesso né a Lei né ad alcuno neppure di ingenerare il sospetto di qualsivoglia comportamento men che corretto in capo alla mia persona. Lei basa le sue conclusioni unicamente sulle risultanze di un rapporto di polizia giudiziaria che non ha meritato alcun approfondimento da parte della magistratura per la parte che mi riguarda, ma c’è di più: io non conosco i contenuti di quel rapporto né potrebbe essere altrimenti non avendo alcun ruolo in questa vicenda. Lei avrebbe dovuto avere la civiltà, prima ancora della correttezza istituzionale, di informarmi dettagliatamente sulle circostanze presenti nel rapporto che mi riguardano, avrebbe dovuto inviarmi copia del rapporto anche allo scopo di una mia valutazione su eventuali iniziative a tutela della mia onorabilità essendo un deputato della Repubblica e dunque un rappresentante della Nazione che uniforma la sua attività all’articolo 54 della Costituzione (“I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”) e nei confronti del quale non è permessa la presenza neppure di un’ombra o la macchia di uno schizzo di fango.
La storia di una vita e la carica che mi onoro di ricoprire obbligano a ricorrere ai toni di questa lettera. Nessuno meglio di Lei conosce il peso delle parole e quanto le parole possano avere effetti devastanti in chi, come me, conduce la sua esistenza sulla base di principi di integrità morale.
Accetterò in conclusione di essere audito dalla Commissione solo quando sarò messo in condizione di conoscere quanto è in vostro possesso e auspico nel frattempo un chiarimento pubblico rispetto a quanto da Lei dichiarato.
Distinti Saluti, Giorgio Mulè”