Nella sua intervista al Corsera, Musumeci tira per la giacchetta anche Berlusconi. Queste decisioni “devono essere prese a livello di leader nazionali”, sostiene Musumeci, convinto che “con una telefonata e in un’ora, Berlusconi potrebbe risolvere tutto”. La competizione tra Salvini e Meloni, per il governatore, non può interferire con la scelta del candidato. “Non riesco a capire come il fatto che una forza dell’alleanza cresca possa essere un problema. Ma che siamo, i pesci piranha?”, si domanda. E se il leader leghista ambisse alla presidenza della Sicilia, Musumeci commenta dicendo che “tutto è possibile. Ma non tutti i desideri diventano diritti”. A proposito di Berlusconi, però, era stato Micciché a rifilare l’ennesimo schiaffo al presidente della Regione. In una confidenza fatta ieri in conferenza dei capigruppo all’Ars, e riportata da Repubblica, il commissario di Forza Italia ha spiegato che “mi risulta anche una telefonata di Musumeci alla segreteria di Silvio Berlusconi: chiedeva di essere ricontattato con urgenza: doveva comunicare a Berlusconi le sue dimissioni”. Dimissioni che non ci sono state e, probabilmente, non ci saranno.
Il duello a mezzo stampa è proseguito: “Nello Musumeci sbaglia perché non parla con i partiti – ha detto Micciché, parlando coi cronisti a margine della presentazione di un a mostra della Federico II -.Nei confronti di Musumeci non ho niente. Parlo della persona. Lui continua a richiamare paragoni con Matteo Messina Denaro. Non ho mai pensato di paragonarlo al boss o a un rubagalline. Dico solo che ha sbagliato metodo. Si è convinto che potesse fare a meno dei partiti o avesse la forza per distruggerli. La coalizione gli ha chiesto sin dal primo anno di parlare con i partiti e con l’Assemblea. Si è rifiutato di farlo”. “Oggi lui dice: meno male che non ho parlato con i partiti altrimenti avrei fatto la fine di presidenti di passate legislature. E ci sta paragonando ad Antonello Montante e al suo sistema. È un’offesa. Io non l’ho mai paragonato ad alcun delinquente della storia – prosegue Micciché -. Ho sempre detto che il suo è un metodo troppo sbagliato. Viviamo in democrazia che ha il suo fondamento nei partiti, nel Parlamento e nella stampa. Lui odia i partiti, salvo poi cercarli per farsi rieleggere”.