Conosco personalmente Domenico Arcuri, ho lavorato con lui per due anni a Sviluppo Italia (ora Invitalia) e credo sia una persona per bene, professionale, con una quota di gusto per il protagonismo che a quei livelli è inevitabile e che lo può rendere antipatico a più d’uno.
Il fatto che abbia attraversato giudiziariamente indenne in un anno vissuto pericolosamente bypassando, per necessità e mandato specifico del governo, negli acquisti e appalti procedure e normative di garanzia (perché a febbraio in Italia non avevamo nemmeno le mascherine – io ho comprato la prima fp2 in una sanitaria di viale Eritrea a Roma per 14 euro, una mascherina 14 euro!) è credo un segnale importante sull’etica dell’uomo. Certo, ora che è “caduto da cavallo” è più debole e non mi stupirebbe qualche suo coinvolgimento in inchieste. Ho appena finito di leggere “Il Sistema” di Palamara e certi retro-pensieri mi sorgono vieppiù spontanei.
Ma, insomma, in un’Europa che ancora una volta ha dimostrato, come dicono gli inglesi, di non saper organizzare una ubriacatura in un pub, mettendo assieme, dopo gli annunci stentorei e gravi di Ursula, una serie di figure pietose con tutte le case produttrici di vaccini… alla fine l’Italia di Arcuri non mi pare sia andata né peggio, né diversamente rispetto ai paesi che di solito diciamo che sono bravi mentre noi siamo scarsi.
Che venisse giubilato era nell’ordine delle cose e sono certo che il dottore l’avesse messo in conto. Legarsi strettamente a un premier, fargli da scudo e diventarne, anche mediaticamente, il factotum per l’emergenza Covid, implica inevitabilmente l’innesco del meccanismo “simul stabunt, simul cadent”. E infatti caduto Conte è caduto anche Arcuri.
Ma da qui a legittimare una narrazione i cui se mancano i vaccini, se le scuole sono chiuse, se non possiamo andare a teatro o a mangiare la pizza la colpa è sempre solo di Arcuri ce ne corre, e ripropone un copione già visto in passato nella politica italiana in cui si passa nel giro di poche settimane dal ruolo salvifico Gesù che cammina sulle acque e moltiplica pani e pesci a quello distruttivo Satana che fa bruciare tutti all’infermo.
Io appartengo a una generazione riteneva che i generali dovessero stare nelle caserme e uscirne solo difendere l’Italia da attacchi di eserciti stranieri (come ritenevamo i giudici fossero “controparte” e dovessero fare solo i giudici e non sostituirsi alla politica nella selezione della classe dirigente). E quindi nel giorno in cui tutta la stampa e liquida Arcuri con toni tipo “se l’è cercata” ed esalta la nomina di un generale degli alpini (io sono stato bersagliere), l’irreprensibile e efficientissimo Francesco Paolo Figliuolo, per una funzione di management civile, in questo giorno io sono perplesso.
E volevo scriverlo, per il nulla che vale la mia ininfluente opinione.
(tratto dal blog Strummerleaks, di Toi Bianca)