Per la prossima Legge Finanziaria bisognerà attendere (almeno) febbraio. Il rinvio del giudizio di parifica sul rendiconto della Regione, infatti, ha messo in ghiaccio la sessione di Bilancio. Che, comunque, fa registrare i primi passi avanti: entro la fine dell’anno l’Assemblea dovrà approvare variazioni e assestamento (esitati mercoledì in giunta) e successivamente l’esercizio provvisorio, che nei primi mesi del 2021 – almeno un paio, se non di più – garantirà la spesa in dodicesimi, cioè sulla scorta dell’ultimo Bilancio approvato. Viene meno la programmazione. “Ad oggi – spiega Luigi Sunseri, deputato regionale del Movimento 5 Stelle e componente della commissione Bilancio – ci sono tantissimi capitoli di spesa a zero. Le variazioni devono essere consistenti”. Armao ha detto che fino all’ultimo proverà ad evitare l’esercizio provvisorio? “Impossibile – secondo il parlamentare M5s -. L’unica cosa da stabilire è quanto durerà”.
Al di là dei tecnicismi, questo slittamento avrà effetto sui siciliani?
“Spero di no. Ma, ripeto: bisognerà valutare per bene le variazioni. Sono arrivate in commissione un paio di giorni fa. C’è tempo fino a lunedì alle 12 per gli emendamenti”.
Per una Finanziaria che non vedrà la luce, ce n’è un’altra – quella del 2020 – ferma al palo. Quali sono le misure già attuate dell’ultima Legge di Stabilità, al netto del Bonus Sicilia?
“Nessuna. Fra l’altro il Bonus Sicilia, col click day, si è rivelato un fallimento. Aveva previsto l’erogazione di somme importanti, invece si è trasformato in una mancetta da duemila euro. Eppure è stata l’unica misura vera e concreta adottata dal governo Musumeci per contrastare gli effetti della pandemia. Una mera suddivisione di pani e di pesci in forma ridotta”.
Armao, in un’intervista a Casa Minutella, ha spiegato che non si poteva fare di più dal momento che lo Stato, erogando appena 5 miliardi a Regioni e comuni, ha deciso di gestire la pandemia a livello centrale.
“Per fortuna, visti i risultati… Se quei soldi avesse dovuto gestirli la Sicilia, saremmo arrivati con ritardi mastodontici. Lo Stato, con le proprie strutture, ha avuto enormi difficoltà a velocizzare le misure. Figuratevi se avessimo consegnato il pallino del gioco in mano a quei dirigenti che, mentre i siciliani aspettavano la cassa integrazione in deroga, facevano i calcoli per ottenere dieci euro di bonus a pratica. Saremmo sprofondati nel baratro”.
Lei ha parlato del Bonus Sicilia, ma in realtà è partito anche il bonus per gli operatori turistici. Il problema è che hanno aderito in pochi.
“Non solo. Quei 75 milioni, che si sarebbero dovuti spendere entro la fine dell’anno (e che si sarebbero rendicontati nel prossimo), vengono erogati con enorme fatica. Si stanno accumulando ritardi su ritardi. Ma d’altronde è così per tutto: non si parla dei 100 milioni di prestiti alle famiglie, delle somme destinate all’agricoltura e alla pesca, del bonus facciate”.
E c’è anche una seconda delibera di riprogrammazione dei Fondi di sviluppo e coesione (Fsc), per 1,2 miliardi, su cui Roma non ha ancora dato il via libera. Stiamo parlando della parte più cospicua di una Finanziaria che ne vale 1,6.
“Su questo capitolo ho un paio di preoccupazioni che riguardano i comuni. La prima è relativa al Fondo perequativo. In Finanziaria avevamo messo 300 milioni per ripianare le perdite e le mancate entrate dovute al Covid, e di questi ne sono stati riprogrammati 263. Sembrava fosse tutto ok, ma da Roma non è ancora arrivata la conferma. Finché non ci sarà la delibera del Cipe (il comitato interministeriale per la programmazione economica), il direttore del dipartimento Enti locali non potrà fare la ripartizione fra tutti i comuni e i ragionieri, di conseguenza, non potranno iscrivere queste somme in Bilancio”.
Qual è la seconda preoccupazione?
“Quella legata ai fondi per investimenti, pari a 115 milioni. Che per volontà di Musumeci – è la prima volta nella storia della Regione – escono dai capitoli del Bilancio regionale e vengono trasferiti al Poc (piano operativo complementare). Ad oggi, però, non sono stati mai riprogrammati. Ripeto: non si tratta di risorse aggiuntive, ma di somme che ai Comuni spettano di diritto. Anziché procedere a un trasferimento diretto come accaduto in passato, però, ci si affida a un’altra procedura di cui non si ha notizia”.
Cosa potrebbe accadere?
“Che la riprogrammazione non ci concretizzi – ipotesi affatto peregrina – e che i Comuni arrivino al default. Molti sindaci, che hanno contezza della difficoltà degli enti locali, sono seriamente preoccupati”.
Dall’ultima interlocuzione Stato-Regione, è emerso il dispiacere del Ministro per la Coesione, Peppe Provenzano, il quale ha segnalato la mancata collaborazione delle istituzioni regionali. Non sono state fornite le integrazioni richieste. E, in generale, si sono persi troppi mesi perché questi documenti giungessero sui tavoli romani.
“Infatti è una cosa che denunciamo fin dall’inizio. Dagli spot di marzo-aprile sono trascorsi troppi mesi. Avevamo chiesto di effettuare una due diligence sui fondi extraregionali che sarebbero stati utilizzati. Ma ciò non è accaduto. La Finanziaria sembrava basata quasi per intero sui fondi Poc, che invece non sono mai stati rimodulati. Quindi si è passati a riprogrammare prima i Fesr (fondi europei di sviluppo regionale), ora gli Fsc”.
A cosa serve questo giochino degli acronimi?
“A spiegare che se è mancata collaborazione istituzionale, non è certo colpa di Roma. Lo Stato deve dare dei principi di coerenza, non può trasformare fondi per investimenti in trasferimenti correnti, altrimenti viene meno il valore delle normative europee. I fondi strutturali, lo dice l’aggettivo, nascono per dare sviluppo. Capisco che bisognava destinarne una parte per fronteggiare l’emergenza, ma non puoi utilizzarle tutte a tale scopo e per di più con otto mesi di ritardo. Il rischio, persistente, è che non tutte le risorse possano essere riprogrammate”.
La Regione dovrà restituire all’Esa, l’ente di sviluppo agricolo, 120 milioni, in base a una sentenza del Tar di cinque anni fa. In questo modo si arricchisce il capitolo degli sprechi di palazzo d’Orleans.
“Voi siete un giornale molto attento a queste tematiche e bisogna darvene atto. L’Esa rappresenta l’ennesima vergogna del buco nero delle “partecipate”. Oggi scopriamo che l’Ente di sviluppo agricolo, che una volta era il motore della Regione e valeva più di un assessorato, per effetto di una sentenza si ritrova con un grosso credito da 120 milioni. Somme che non sono accantonate nel Bilancio e, pertanto, non so da dove potranno venire fuori. Useranno uno stratagemma…”.
Di che tipo?
“Magari quello di trasformare il contributo annuo da venti milioni nei confronti dell’Esa, in una forma di dilazione da estinguere in 6 o 7 anni per rientrare della cifra dovuta. Forse la Regione si ritiene più furba, ma non credo che il presidente dell’ente di sviluppo agricolo possa permettere un’operazione del genere”.
Per restare in tema di sprechi: lei ha ironizzato sull’acquisto di alcune poltrone Frau per abbellire i corridoi di palazzo dei Normanni, ed è stato anche molto duro sull’aiuola da quasi un milione sorta di fronte a palazzo d’Orleans. Sono due facce della stessa medaglia?
“Guardi, la storia delle poltrone ha dell’incredibile. Io provo a mettermi nella testa del presidente dell’Ars, di un funzionario o di un membro del Consiglio di presidenza, che un giorno si sveglia, durante la prima ondata della pandemia, e decide di produrre un atto per abbellire un corridoio. Ho già fatto richiesta di accesso agli atti, e spero non me la neghino accampando strane scuse. Voglio vedere le fatture, sapere quanto sono costate le poltrone e dove sono state acquistate. Sul giardinetto di palazzo d’Orleans non importa granché il mio giudizio estetico. Ma quello dell’Ordine degli Architetti di Palermo, secondo il quale non si era mai vista una cosa così pacchiana. Per fare un’opera del genere, in centro a Palermo e di fronte al palazzo della Regione, sarebbe stato più utile coinvolgere gli architetti, realizzare un concorso d’idee, utilizzare al meglio le energie a disposizione. Invece sembra che abbiano arredato la villa di un privato. Peccato che i soldi siano pubblici”.