Ma è Salvini o la Lamborghini?

Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e giornalista di successo, ha pubblicato il suo ultimo libro: "Salvini e/o Mussolini"

Il libro di Pietrangelo Buttafuoco, edito da PaperFirst (la casa editrice del Fatto Quotidiano), si trova da ieri in tutte le librerie e potrebbe tornare utile a ogni siciliano che in questi anni ha approcciato con Matteo Salvini. E che magari l’ha votato pure, sentendosi obiettare che non è possibile: “Ma come fa un siciliano” – per non dire terrone – “a votare Salvini?!?”. Il libro, che trae spunto dal pamphlet “Jefferson e/o Mussolini” di Ezra Pound, un titolo ritoccato per l’occasione in “Salvini e/o Mussolini”, è un paragone ardito, scomodo, talvolta incauto, ma soprattutto divertito fra il padre del fascismo, che era però un socialista e rivoluzionario, e il segretario della Lega, che molti dipingono alla stregua del primo, pur essendone distante. Il parallelo fra i due è ripercorso da un fitto vocabolario, da riferimenti voluti e da curiose coincidenze che restituiscono alla storia un certo brio.

Buttafuoco, sa che di recente anche Nello Musumeci, mentre la Sea Watch stava per attraccare a Messina, avrebbe voluto chiudere i porti in nome del Coronavirus? Il presidente della Regione si è salvinizzato?

“Si è sempre a Sud di qualcuno. In questo caso Musumeci cerca di essere più a Nord di Salvini. E’ la famosa parabola dell’ingegner Cazzaniga che si confronta col professor Bellavista, nel film che prende spunto dall’omonimo romanzo di Luciano De Crescenzo. Io Musumeci e Salvini li ho anche visti incontrarsi, ma non so se quaglierà mai”.

Salvini qualche settimana fa è venuto a Palermo e ha lanciato un’idea “originale”: il Ponte sullo Stretto. Sarà mica il solito populista?

“Salvini è uno che interpreta l’istantanea. Lui si concentra sulla velocità, sulla sintesi, sulla superficie delle onde. E’ perfetto per questi meccanismi di comunicazione. Non è un caso che, nel libro, io abbia preso come riferimento Elettra Lamborghini”.

Secondo lei Salvini è disturbato dall’idea di essere accostato così frequentemente al fascismo e al Duce?

“Il concetto è semplice. Chi vuole male a Salvini dice che “Salvini è Mussolini”; chi gli vuole bene fa lo stesso. E l’inghippo dell’ideologia italiana. L’inciampo mentale sta in questo paradosso”.

Perché ha avvertito l’esigenza di scriverci un libro?

“Il libro esce perché è un argomento su cui continuamente si va a battere: si dice che la lingua batte dove il dente duole, dove il dente manca o dove il dente eccede. Sia la presenza che l’assenza, ma anche l’eccesso di presenza o di assenza, impongono questo riferimento e questo confronto. Nel film “Hammamet” si vede la scena in cui il sacerdote acchiappa il bambino Bettino Craxi per le orecchie, per comminare un castigo, e gliene dice di tutti i colori: manigoldo, malfattore, malvagio, malandrino, maleducato. E si capisce che in tutta quella sequenza di “m” vorrebbe dirgli quello che sotto sotto si trasfigura nel sorriso beffardo del bambino, ovvero Mussolini”.

Il suo racconto si sviluppa attraverso un dizionario…

“… che segue tutto un percorso di concetti e di immagini, e cerca di fare la differenza tra ieri e oggi”.

Tra Benito e Matteo esistono delle analogie?

“L’unica analogia è l’identità italiana, questo rapporto specialissimo che l’Italia ha con se stessa e col proprio passato. Qualche giorno fa Vladimir Putin ha fatto un discorso sulla coscienza della storia, sostenendo che è assolutamente fuori luogo fare della Russia il punto bianco e poi il punto rosso. La Russia è sempre una. Invece noi italiani non siamo in grado di farci carico del nostro passato, quindi abbiamo esiti sempre caricaturali e ridicoli. Putin non butta a mare niente di ciò che è stata l’identità dei russi, noi invece non ne siamo in grado. Persino la parata militare d’Italia si trasforma in una sfilata: e lo scudo dei Savoia fa ancora paura. Ci fa capire quanto sia fragile questa identità. L’unica cosa che vale è l’esorcismo, l’ostracismo, il tentativo di considerarsi buoni, migliori e perfetti solo perché ci si ritrova ad abitare nel 2020. Ma poi guardi che coincidenza: nel Medioevo semplice c’erano due pontefici e le epidemie. Sembra la trasposizione dei nostri giorni”.

L’ultima foto di Salvini nel suo ufficio al Senato lo  ritrae con il suo nuovo libro sulla scrivania.

“E’ stato uno degli esiti più simpatici e sgargianti. E’ tutto così istantaneo, che è riuscito ad averlo sulla scrivania prima dell’uscita e in un momento molto importante della giornata politica (stava scrivendo una lettera al premier Conte per sollecitare provvedimenti anti-Coronavirus). E’ quanto di meglio possa aspettarsi chi fa questo mestiere. Il giornalismo si porta nell’etimo una parola fondamentale: giornata”.

Ruspa e trebbiatrice. Sono le due immagini “rurali” a cui accosta i protagonisti del suo libro. Segno che, a parte la forte identità italiana, ci sono altri punti di contatto.

“Benito Mussolini è un socialista, un rivoluzionario, uno che sapeva mietere il grano e fare il muratore. Matteo Salvini è un figlio del suo tempo, della sua storia, un ragazzo che viene da una città come Milano. Credo che i due orizzonti paghino uno scatto temporale difficilmente colmabile. Sono attesi da destini diversi”.

Quanto c’è di Salvini nella trasformazione della Lega? La Lega per Salvini premier quanto è diversa dalla Lega di Bossi?

“Salvini è il partito di oggi. Mentre il partito di Bossi ha un’identità rivoluzionaria autonoma. Non sono confrontabili anche se si tratta della stessa cosa. E’ come cercare di mettere insieme Maria Elena Boschi e Palmiro Togliatti. Malgrado siano nella stessa sede, è una stortura tecnica. La Boschi è dentro quella storia, ma allo stesso tempo ne è fuori. La Lega Nord è pur sempre un’intuizione di un grande scienziato della politica qual è Gianfranco Miglio. Tutto quel Nord, tutta quella Milano, l’abbiamo fatta anche noi siciliani. Quello che non vogliamo essere in Sicilia, ci riesce perfettamente al Nord”.

I siciliani secondo lei sono riusciti a somatizzare la presenza della Lega, non solo in occasione di appuntamenti elettorali, ma soprattutto nella dialettica politica di tutti i giorni?

“E’ come la temperatura percepita. Fa freddo quando abbiamo l’impressione del freddo, fa caldo quando avvertiamo che le temperature si alzino. Quello che arriva è Salvini, non la Lega: sono due cose diverse. Chi ha voglia di destra ha la Meloni”.

La Meloni?

“In Sicilia e nel Sud in genere, dove non arriva Salvini e ha fallito il movimento Cinque Stelle prende tutto Giorgia Meloni. Ha un impatto molto più efficace. Una volta col governo gialloverde era facile l’equazione: dove non c’è la Lega, c’è il Movimento 5 Stelle. E viceversa. Adesso la situazione è cambiata: laddove non arriva Salvini, e hanno fallito i grillini, c’è Giorgia Meloni. I partiti di sistema, l’élite, l’establishment e il Pd ormai non funzionano più”.

Paolo Mandarà :Giovane siciliano di ampie speranze

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