Un sindaco ultra settantenne, una città ostaggio del suo califfato e chi fa vera opposizione è la gente che non ne può più. E il domani è un foglio di carta riciclata, su cui parecchi non vedono l’ora di scrivere la proprio storia e il proprio nome.
Il traffico, i rifiuti, le periferie, la cultura, il commercio, l’acqua, il tram, gli autobus, i conti in rosso… E poi i giornali querimoniosi, i social facinorosi e le opposizioni, eterogenee per estrazione, diverse per vocazione. Capitale della cultura deflorata da un’inedia quotidiana e da scavi giornalieri, città tutto porto senza approdo e senza fermento, capitale di Sicilia avviluppata al suo inguardabile pirandellismo che sforna eroi ed antieroi come fossero mafaldine calde calde.
Questa è la Palermo di Orlando e dei suoi tanti Rinaldi, innamorati dell’angelica città e più ancora di se stessi. Pupi e pupazzi si fingono cavalieri salvatori della patria e sguainano le spade al grido “dimissioni, dimissioni” ogni volta che la città va in fiamme e la gente va in malora; mentre a Palazzo di città i pupari più esperti sogghignano sotto i baffi, immaginando quale strategia possa anestetizzare l’inutile strepitio e salvare l’inutile sindaco.
E non cambia mai niente, siamo una città che non cambia mai. Tanta acqua è passata sotto i ponti e l’Oreto è sempre là, asciutto e silenziosamente sovrastato da un ponte che prima o poi verrà giù; siamo stati in seria A e il palazzetto dello sport è sempre là, chiuso come le chiese quando ti vuoi confessare; siamo diventati città metropolitana e l’unica cosa che si avvicina a un’idea di metropolitana è un cavolo di tram alla cui costosissima superfluità i palermitani sono rimasti attaccati. La fame ci annienta, la munnizza ci addenta, il “ciaffico” è ancora quello di Johnnie Stecchino, la cultura si manifesta nella solita montagna che partorisce il topolino. Non è cambiato niente, nemmeno il sindaco, lo stesso da vent’anni, interregno Cammarata a parte (ma quella è un’altra storia).
A chi toccherà l’eredità? Che cosa toccherà ai palermitani? L’anno che verrà e quelli appresso saranno una lenta agonia in attesa di un domani incerto. La platea politica cittadina è infatti ambigua, confusa, pullulante di aspiranti. Un erede del califfo ancora non c’è, mentre dall’altra parte il coraggio di alcuni e il “sottobanchismo” di altri fanno a pugni con ciò che davvero servirà per la ricostruzione del dopo Orlando: un governo di città solido, che nasca da una coalizione solida e a guida solida. Basta con movimenti 139 e simili, nati non da un progetto politico ma da individualismi più o meno preponderanti; basta con fughe in avanti, basta col rampantismo sfrenato da una parte ed il conservatorismo dall’altra.
Palermo merita la politica con la P maiuscola, Palermo merita di più.