La situazione di Lampedusa è caotica, imbarazzante, senza via d’uscita. Come ogni anno, d’altronde. Un labirinto dal quale nessuno riesce a guardare oltre, in cui la vita s’avviluppa coi suoi luoghi comuni: la paura dello straniero (ora, anche del virus); l’indifferenza della politica; il terrore di mandare all’aria un turismo florido che anche quest’anno – garantito dalla bellezza ineguagliabile delle spiagge e delle cale – farà registrare numeri importanti. Piccolo inciso: è già impossibile trovare spazio nelle anguste casette dell’isola per la settimana di Ferragosto. Solo resort e luxury hotel, per chi può permetterselo. Eppure incombe l’ombra del naufragio, il mito dell’uomo nero. E l’incapacità, o la volontà, di discernere il relax dei vacanzieri da un lato (Covid permettendo), e la tragedia umana dall’altro. Fingendo che sia un tutt’uno.
Migranti e turisti però solcano mari diversi. La politica prova a utilizzarli insieme: talvolta per confondere, talvolta per spronare. L’Europa, chi sennò? La difesa dei confini c’entra. C’entra sulla tenuta di un Paese, ed è quella che va salvaguardata. Per questo, in attesa della definizione del Patto su immigrazione e asilo, Luciana Lamorgese ha calendarizzato un viaggio in Tunisia il 20 maggio, mentre Mario Draghi si presenterà al cospetto del Consiglio Europeo per presentare una proposta alternativa a quella ipotizzata dal suo ministro dell’Interno: dirà agli Stati membri che l’unica opzione per uscire dall’angolo – dato che i ricollocamenti non funzionano e nessuno li attua – è offrire un contributo (economico) comunitario ai Paesi di partenza (specialmente la Libia), incentivando così il controllo delle frontiere. Contrastare l’invasione sul nascere. Non perché i migranti, una volta giunti alle Pelagie, prenderanno d’assalto il Bar dell’Amicizia, teatro delle squisitezze più autentiche; ma perché è giusto. Perché non è semplice per l’Italia e la Sicilia – soprattutto di questi tempi – garantire un’accoglienza adeguata a migliaia di persone in fuga da qualcosa… Già, ma da cosa?
Fa male Salvini ad affrettare (e semplificare) i ragionamenti: “Abbiamo bisogno di turisti che pagano, non di turisti che paghiamo noi”. Fa bene a decodificare il fenomeno, perché non resti nulla d’intentato: le responsabilità di scafisti e Ong, la tutela delle vite umane. Fa ancora meglio ad assegnare al tema un respiro europeo – senza distinguere fra destra e sinistra – sapendo di non poter trovare ‘opposizione’ all’interno del governo di cui lui stesso, talvolta dimenticandosene, fa parte: “Noi a Draghi porteremo i modelli degli altri paesi europei – ha detto il segretario della Lega -. Siccome giustamente si parla di un governo europeista e di quello che ci chiede l’Europa, chiederemo che l’Italia si comporti come si comportano la Spagna, la Grecia e la Francia. In nessun altro Paese ci sono i numeri, le dimensioni e i problemi che abbiamo in Italia”. I numeri giocano a suo favore (il paragone fra ora e due anni fa, con lui al Viminale, è impietoso), i pubblici ministeri un po’ meno: ha già “ottenuto” un rinvio a giudizio a Palermo, per Open Arms. Venerdì, invece, si decide a Catania sul caso Gregoretti.
Salvini, che Vittorio Feltri e Libero rivorrebbero Ministro dell’Interno, fa meno bene – invece – a indicare soluzioni di pancia, con grossolane frasi a effetto che puzzano di propaganda; o ad aizzare “contro”, come avvenne ai tempi del Conte-due con Luciana Lamorgese. Una soluzione condivisa sarebbe la miglior ricetta. Anche se è proprio questa – la soluzione – che manca. Nessuno lo sa meglio del sindaco di Lampedusa, Totò Martello, che ieri, rilasciando un’intervista al Corriere della Sera, ha seminato spine per tutti: “Finora tutti zitti in un silenzio assordante che va avanti dalla nomina di Draghi, quando invocai attenzione sulle prevedibili ondate di sbarchi – accusa il primo cittadino, molto deluso anche dall’approccio del presidente del Consiglio -. Il giorno dell’insediamento scongiurai un’attenzione che non c’era. Nemmeno nel mio Pd. Lasciando spazio solo a chi sparge odio. Io ce l’ho con tutti perché qui impera il silenzio o la strumentalizzazione”. Accorgersi del problema quando si manifesta, e poi riporlo in soffitta per mesi, questo no, non fa onore alla politica.
Anche Nello Musumeci, che sul tema dei migranti, l’estate scorsa, ci ha spruzzato su un bel po’ di pepe – basti pensare alla paventata chiusura dei confini e allo sgombero dei centri d’accoglienza: tutto in funzione anti-Covid – adesso, non potendo fare altro, rivolge un appello accorato: “I numeri sono allarmanti, sono triplicati rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Una tragedia annunciata – profetizza il presidente della Regione – perché più volte abbiamo detto che il problema migranti va affrontato durante l’inverno e non quando arriva la bella stagione e gli sbarchi sono all’ordine del giorno”. E infine lo sfogo ricolmo d’amarezza e di mestizia: “Non è con le sole buone volontà che si risolve il dramma umano dei migranti nel Mediterraneo. Tutti sanno che nelle prossime settimane moriranno altri innocenti (quasi sempre donne e bambini) nel loro disperato viaggio verso le coste siciliane, ma nessuno muove un dito, né a Roma, né a Bruxelles. A gestire questa infinita tragedia hanno lasciato la Sicilia, Lampedusa in testa, con i nostri sanitari, i nostri volontari e i pochi uomini in divisa”.
Su questo Musumeci ha pienamente ragione. Siamo rimasti soli. Lampedusa e la Sicilia sono due isolotti in mezzo al mare, approdo naturale di chi cerca la terraferma. Un luogo di transito, l’avamposto ammaccato di un Europa assente, una regione (per di più) provata dalle ferite del Covid, con una economia esanime, che guarda al turismo come l’ultimo appiglio alla vita e, a qualunque cosa possa scoraggiarlo, come un intralcio intollerabile. Badate, non c’entra nulla il razzismo. I disperati sanno di non potersi aspettare molto, e la Sicilia sa benissimo di non poterli accudire. I veri responsabili di questo circolo vizioso e stantio osservano da lontano. Respirano un’altra aria. Vivono – letteralmente – in un altro mondo.
Il commissario europeo per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha parlato l’altro giorno con la ministra Lamorgese, con. Limitandosi a brevi dichiarazioni di circostanza: “C’è bisogno di solidarietà nei confronti dell’Italia e chiedo agli altri Stati membri di sostenere i ricollocamenti. So che è più difficile gestire i flussi migratori durante la pandemia, ma è possibile farlo ed è ora di mostrare solidarietà all’Italia”. Che accidenti vorrà dire? Quali sono gli effetti pratici? I Paesi dell’Unione hanno clamorosamente disatteso l’accordo sui ricollocamenti siglato a Malta due anni fa, continueranno a fare orecchie da mercante. “Se Lamorgese si aspetta solidarietà europea – ha aggiunto Salvini – finirà come sui vaccini: il nulla”. L’exit strategy è un’altra, Draghi si sta sforzando d’individuarla. Chi gli ha chiesto di salvare l’Italia, dovrebbe chiedergli uno sforzo supplementare per salvare (e far ragionare) l’Europa. Che sulle politiche migratorie continua a mostrare il suo volto peggiore. E che Lampedusa non sa nemmeno dove si trovi. Lontana dagli occhi, lontana dal cuore. Buona solo per farci le vacanze.
Musumeci: interessi inconfessabili dietro il business dei migranti
«Dopo un anno, la sensazione è che sulla gestione degli sbarchi la Sicilia e l’Italia continuano ad essere abbandonate. Mi aspetto molto dal nuovo governo perché la gestione delle migrazioni fino ad oggi ha trovato praticamente insensibile l’Unione Europea. La forte credibilità nelle istituzioni comunitarie del presidente del Consiglio e l’allargamento della base di consenso del nuovo governo alle forze politiche del centrodestra sono due indici che fanno sperare in un atteggiamento più evoluto. Domani, al ministro dell’Interno – che ha raccolto immediatamente la mia richiesta di incontro – voglio portare il grido d’allarme di un presidente di Regione che non ha alcuna voglia di polemizzare ma che è pronto a sedersi attorno al tavolo delle soluzioni. Un fatto è certo: già la pandemia ha stremato i nostri concittadini e stressato l’economia dei nostri territori. Tutto possiamo permetterci, tranne una estate in cui i media nazionali e internazionali debbano occuparsi di noi non per la bellezza e l’ospitalità dei nostri luoghi ma per l’accrescersi di un flusso di migranti, che restano le vittime principali di un sistema fondato sulla indifferenza e, qualche volta, di interessi inconfessabili». Lo dichiara il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, alla vigilia dell’incontro al Viminale sull’emergenza migranti.