In attesa della ratifica dell’esclusione dal campionato di Serie B, che arriverà giorno 12 dal Consiglio Federale, a Palermo si sfoglia la margherita per valutare le candidature di chi si accinge a rilevare la proprietà del club rosanero. L’amministrazione comunale, di concerto con la Figc, è già pronta alla pubblicazione di un bando “secondo un programma conforme alla normativa sportiva e per garantire trasparenza di procedura ed affidabilità di nuova società”. Ci saranno dei paletti rigidissimi per impedire a nuovi avventurieri – come gli inglesi e quelli di Arkus Network – di farsi avanti. Sarà un bando rivolto ad imprenditori seri, ma è bastata già la prima parola – imprenditori – a stuzzicare l’appetito di Tommaso Dragotto, 80enne proprietario di Sicily by Car, la prima società di autonoleggio siciliano, che già da qualche tempo manifesta interesse per le sorti del calcio.
Dragotto, che nel 2012, dopo aver fondato il movimento civico Impresa Palermo, si candidò senza fortuna a sindaco della città (prese meno di 2000 voti, pari allo 0,89%), nei giorni scorsi ha acquistato una pagina del Giornale di Sicilia per muovere un’accusa frontale nei confronti di Leoluca Orlando sul tema dei rifiuti, che già si accatastavano sui marciapiedi di Palermo: “Signor sindaco, vorrei porle qualche domanda: se decidessi di visitare le città d’arte quali Firenze, Madrid, Barcellona e le trovassi in queste condizioni, lei pensa che ritornerei a visitarle? Pensa veramente che i cittadini di Palermo possano ancora sopportare questo stato di degrado?”. Un modo per mettersi in mostra, anche se a Dragotto non è mai mancata occasione.
Si era fatto vivo, tornando a parlare di calcio, nel 2017, agli inizi della crisi. Un mese prima che Zamparini si decidesse a vendere a Paul Baccaglini, l’ex Iena tatuata con il quale l’affare naufragò quasi subito. Dragotto lanciò l’idea della cordata e dell’azionariato popolare e si disse disposto a investire 100 mila euro di tasca propria. Non se ne fece nulla. Per un periodo fece anche da sponsor sulle maglie. E’ tornato alla carica un mese fa, quando si è sfilato dalla cordata che avrebbe dato una mano ad Arkus entrando nel capitale sociale del club. In realtà non ha mai risparmiato critiche a Salvatore Tuttolomondo, direttore finanziario di Arkus, cui ha dato del “millantatore. Mi denunci pure se ha il coraggio”.
Nel gennaio scorso se la prese con Alessandro Albanese e con un gruppo di industriali che avevano rilanciato (“Me l’hanno copiata”) l’idea di un azionariato popolare per aiutare la proprietà inglese a uscire dall’impasse: “Hanno contattato 40 imprenditori, a parte me che sono il migliore della Sicilia Occidentale. Non per apparire arrogante, ma sarà un flop”. Dragotto ha tentato la scalata anche al mondo della politica. Detto della sua avventura, con esito negativo, da candidato sindaco, nel 2016 partecipò in modo trionfale alla Leopolda siciliana promossa da Davide Faraone, dove il suo intervento fu il più acclamato. Ma sceso dal palco portò via con sé la clac, svuotando le ex fabbriche Sandron e mettendo in imbarazzo i vertici del Pd. Da quella stessa sede aveva attaccato Orlando: “Il sindaco non lo sai fare”.
Fu addirittura Crocetta, quando era governatore, a proporre il suo nome per il consiglio d’Amministrazione di Gesap, la società di gestione dell’aeroporto di Palermo, una nomina che naufraga anch’essa a causa del curriculum. La sua Sicily by Car, nata negli ’60, gli permise di accostarsi al calcio un trentennio dopo: quando, alla vigilia dei Mondiali di Italia ’90, strinse un accordo con Luca Montezemolo per diventare sponsor esclusivo dei campionati del mondo. Almeno una cosa riuscì a completarla. Adesso, però, ricompare il sogno pallonaro: “Se io e altri quattro imprenditori ci uniamo e costituiamo una società, la cosa può diventare interessante. Sono disposto a scendere in campo per il Palermo con un progetto non serio, ma serissimo”. Rimarranno parole, finché il bando non verrà pubblicato. A quel punto si capirà se Dragotto è spinto davvero da intenzioni serie.