E’ la settimana dai manager della sanità (forse), ma anche quella della grande indignazione di Renato Schifani. E, al contempo, dell’ennesima caduta dal pero: poteva non sapere il presidente della Regione delle criticità dell’ospedale pediatrico “Di Cristina” di Palermo, prima delle rivelazioni di una madre a Repubblica? Potevano Schifani o l’assessore Volo ignorare in maniera così netta che i contenitori per le urine fossero semplici bicchieri di plastica e che i medici non sapessero condividere diagnosi o terapie? O che la ludoteca fosse così decadente da far passare la voglia di giocarci?

La sanità non è soltanto cura ma sollievo. “Il personale sanitario – ha confermato Schifani – è chiamato a una duplice responsabilità: l’assistenza sanitaria al bambino e il conforto del genitore”. Nel caso della signora Gabriella, poi traslocata col piccolo di sette anni al Gaslini di Genova, sono mancati entrambi. E Schifani non lo sospettava nemmeno. Nonostante alla vigilia di Natale avesse mandato sua moglie, la signora Franca, a distribuire ai bambini sorrisi e giocattoli adatti per tutte le età. Al “Di Cristina”. C’era pure il cerimoniere di Palazzo d’Orleans. Ma come accade in queste circostanze, di fronte alle visite annunciate, anche i peggiori tuguri si rifanno il trucco. E così all’ospedale dei Bambini nessuno ha colto la precarietà della struttura o la litigiosità degli infermieri, né che i piccoli pazienti dovessero svegliarsi all’alba per i prelievi. Ma cosa ancora più grave è che nessuno, dall’interno dei reparti, abbia fatto filtrare un messaggio per Schifani, o per il dirigente della Pianificazione strategica, affinché conoscessero la realtà, e si allarmassero com’era giusto fare.

La levata di scudi del governatore, nella settimana che porta alla nomina dei direttori delle Asp, è tardiva. E, come accade di frequente, autoassolutoria. Le vergogne si manifestano per l’assenza di una catena di comando e di controllo. E Schifani è la massima autorità sanitaria a livello regionale, cui spetta l’onere di vigilare. Ora promette blitz a sorpresa ma anche “un’indagine conoscitiva. Ritengo doveroso – ha spiegato – verificare con puntualità i fatti denunciati. Nessuna caccia alle streghe, solo ricerca della verità per avere le idee chiare su come intervenire per cambiare le cose”. E ancora: “Bisogna individuare il meglio della classe medica e infermieristica. Su questo mi impegnerò personalmente e seguirò l’attività dell’ospedale Di Cristina anche con accessi senza preavviso, per verificare l’eventuale mancanza di materiali sanitari di prima necessità”.

Insomma, c’è voluta una denuncia grande quanto una casa per evidenziare la precarietà di un sistema sanitario, pubblico e regionale, che fa acqua da tutte le parti. Nonostante la risaputa sensibilità, in linea di principio, di per le cure pediatriche. Di recente ha chiesto al ministro Schillaci di concedere una proroga di sei mesi alla struttura di Cardiochirurgia pediatrica dell’ospedale di Taormina, che invece è stata rimpiazzata dalla nuova Unità operativa complessa sorta al “Civico” di Palermo e affidata ai medici del Policlinico San Donato (in collaborazione col gruppo che fa capo ad Angelino Alfano). Nel capoluogo l’attività è in fase di rodaggio ma è già stata avviata lo scorso luglio, con soddisfazione delle parti. Può contare su 18 posti letto: undici per pazienti pediatrici e pazienti adulti che presentino patologie cardiache dalla nascita, tre neonatali e cinque di terapia intensiva.

A Taormina, dopo la proroga, si chiederà una deroga: secondo il decreto Balduzzi, infatti, sono previsti 15 posti di cardiochirurgia pediatrica ogni 5 milioni di abitanti. Alla Sicilia il secondo presidio non spetta, a meno che Schifani non riesca nel miracolo. Un altro miracolo sarebbe quello di istituire un Polo pediatrico presso l’ex ospedale di Fondo Malatacca, a Palermo: “Prevediamo di realizzare una struttura all’avanguardia con 200 posti letto e 14 specialità pediatriche. Siamo già in fase avanzata per l’acquisizione delle autorizzazioni ministeriali. Oltre ai 10 milioni di euro già spesi, abbiamo stanziato 40 milioni e chiesto al ministero un ulteriore finanziamento di 120 milioni per completare l’opera”, ha argomentato il presidente della Regione.

Ma è dalla realtà che bisognerebbe partire. Senza alibi. Schifani sarebbe tenuto a spiegare perché, per ben due volte, sono state rinviate le nomine dei nuovi direttori generali della sanità, l’ultima il 31 ottobre scorso. Al netto delle motivazioni fornite – come il mancato aggiornamento degli elenchi dei direttori sanitari e amministrativi – il presidente, con la sua intervista, dimostra finalmente di aver chiari i criteri: “La Regione ha indetto una selezione trasparente e aperta a chiunque avesse i titoli. La commissione ha valutato caso per caso, fornendo giudizi sintetici. Le eventuali conferme rappresenteranno solo l’eccezione. Verrà riconfermato solo chi ha lavorato bene”. La Commissione aveva concluso il suo lavoro da tempo, ma si è preferito posticipare, evitando di intaccare gli ultimi mesi dell’anno – dove già si sarebbe dovuto discutere di Finanziaria – con altre decisioni che avrebbero comportato mal di pancia nella coalizione di governo.

Perché è tutta una questione di politica e di equilibri, e Schifani non fa più nulla per nasconderlo: ha spiegato di attendere a giorni una rosa di candidati dai partiti, come se i partiti fossero i detentori delle competenze sanitarie degli 89 “idonei” a ricoprire gli incarichi, e non invece dei meri collezionisti di potere e di poltrone. Dissacrante, ma terribilmente realistica, l’analisi di Massimo Lorello su Repubblica. “Alcuni illustri luminari, numerose volte a un passo dal premio Nobel, si confrontano da settimane per trovare i più qualificati e talentuosi manager ai quali affidare gli ospedali e le aziende sanitarie della Sicilia. Questi luminari solo incidentalmente e casualmente sono anche leader e parlamentari della coalizione di governo perché è dall’alto delle loro comprovate competenze scientifiche che scrivono e cancellano i nomi dei papabili amministratori della sanità pubblica. Del resto, chi potrebbe sospettare che il loro modus operandi sia dettato piuttosto da una inaccettabile, vergognosa, inqualificabile spartizione di poltrone?”.

Dite alla mamma di Repubblica che l’ospedale “Di Cristina” non cambierà mai finché un manager coraggioso, quello dell’Arnas Civico – cui è legato l’ospedale dei Bambini – non prenderà la situazione di petto, imponendo scelte drastiche, magari potendole pianificare nel tempo assegnato alla sua carica (tre anni). Inoltre, se è vero come è vero che i manager insipienti non meritano la conferma, perché questo ragionamento non vale anche per l’assessore? Perché Schifani non ha mai richiamato la Volo, o pensato di sostituirla, nonostante un malessere diffuso sulla sua conduzione? E nonostante l’incapacità e l’impreparazione dimostrate anche in aula, al cospetto delle interrogazioni presentate dalle opposizioni? Solo uno coi paraocchi non si sarebbe accorto dei deficit politici, oltre che amministrativi, della dottoressa Volo. Sarebbe bastato un atto di coraggio, quello richiesto ai manager per assumere delle scelte e ai medici per salvare delle vite, per rimettere a posto le cose. Per far diventare il merito dirimente e cancellare gli effetti di una scelta post-elettorale, quando il nome di un “tecnico” sembrava l’unico diversivo per tenere a freno gli appetiti dei partiti.

Gli stessi che si contendono (apertamente) i 18 manager. Gli stessi che, come avvenuto a Schifani con la Volo, potrebbero accontentarsi di posizionare una bandierina anziché provare a risollevare i vari “Di Cristina” di questa Isola, rendendo la sanità siciliana un polo attrattivo (o comunque non a perdere, visti i dati della mobilità passiva: l’equivalente di 230 milioni l’anno). Per una volta, senza Manuale Cencelli. Ma con gli investimenti (come il miliardo promesso per la nuova rete ospedaliera), i dirigenti, i medici, gli infermieri che sappiano farla funzionare. Davvero.