Luigi, il magistrato che sfida Salvini

“Sono stato il loro amico dell’ultima ora”, disse di se stesso Luigi Patronaggio parlando di Falcone e Borsellino. Quando Patronaggio fu nominato sostituto procuratore a Palermo ricevette la telefonata di Borsellino: ‘Cerca di veniri e ricordati di comportarti bene’. Il giudice che sarebbe stato ammazzato dalla mafia come l’amico Giovanni amava usare il dialetto siciliano. Era un suo tratto distintivo, la sicilianità. E lo è anche di Patronaggio che quando divenne procuratore ad Agrigento sottolineò che “questo è il posto di Pirandello e Sciascia” per ricordare che – i due scrittori erano stati maestri nel raccontarlo – il siciliano persino quando va allo sportello di un ufficio pubblico cerca l’amico.

Ad Agrigento è tornato due anni fa alla soglia dei sessant’anni dopo avervi lavorato come presidente dell’ufficio Gip-Gup. Prima era stato vice di Roberto Scarpinato alla procura generale di Palermo e capo dei pm di Mistretta. Tanta mafia nelle sue indagini. E tante minacce in una vita blindata. Nel 1996 lasciò Palermo dopo quattro anni e ammise che si stava verificando uno scollamento fra la magistratura e la società civile. Si stava esaurendo il movimento emotivo prodotto dalle stragi. E così il magistrato rischiava di restare isolato. Erano gli anni di tangentopoli e non si capiva più chi fossero gli inquisiti e gli inquisitori. Qualcuno vide nella sua domanda di trasferimento da Palermo una presa di distanza dall’allora procuratore Giancarlo Caselli, ma Patronaggio sgombrò il campo dalle chiacchiere: “Caselli è il miglior procuratore che Palermo ha avuto e che potrà avere, è un vero e proprio eroe della lotta alla mafia”.

Il giorno del suo insediamento ad Agrigento aveva ben chiaro che ormai bisognava fare i conti con nuovi filoni investigativi in una “terra di frontiera. Terra di accoglienza per un flusso di migranti disperati che fuggono dalle guerre”. Ed è proprio per la questione dei migranti che il nome di Patronaggio è diventato centrale in questi giorni. È lui, infatti, a coordinare le indagini sulla nave Diciotti ferma al porto di Catania con decine di migranti a bordo. Il procuratore di Agrigento ha parlato di situazione devastante a bordo dopo aver fatto una ispezione. Più che un indagine è la fotografia di una vicenda che si muove su due due piani che rischiano di entrare in conflitto. C’è il piano delle scelte politiche, avallate dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini, e quelle giudiziarie che prevedono il rispetto delle convenzioni europee, della Costituzione, del Codice penale e del Codice di procedura penale che salvaguardano i diritti degli uomini. “Nessuna interferenza”, ha detto Patronaggio ma è forte il rischio che i due piani entrino in conflitto. Patronaggio tirerà dritto. Non è magistrato che si fa condizionare dall’esterno. Lo ha dimostrato nel processo a Mario Mori dove rinunciò a contestare l’aggravante mafiosa e quella della “trattativa”. Gli è andata male, perché il generale fu assolto, salvo poi essere condannato nel processo principale.

Enrico Ciuni :

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