L’Ora-Inchiostro contro piombo parte con un lungo piano sequenza che parte dalla redazione del giornale siciliano, sale sul terrazzo dell’edificio che la ospita, scende di qualche piano per mostrare l’esterno e poi torna sulla terrazza, poco prima di un’esplosione che ci riporta sulle scale, ora piene di fumo. Ecco, basta una scena come questa per capire da una parte l’ambizione della serie e, dall’altra, la difficoltà che incontrerà a conquistare il pubblico Mediaset.
Sì, ci risiamo, stiamo per scrivere ancora una volta che la fiction Mediaset fatica a trovare un proprio pubblico e che, in questi anni, sta cercando una strada che fatica a trovare e, soprattutto, a perseguire. Scusate il disco rotto, ma è così: e con L’Ora, ci troviamo di fronte ad un prodotto che per Canale 5 è… troppo.
A cominciare dal cast, con un Claudio Santamaria ben calato nei panni del protagonista ed alla guida di un cast di professionisti, ciascuno impegnato nel rendere al meglio la propria parte. A sorreggere attori ed attrici ci pensa la regia, a nostro dire il vero punto di forza di questa serie: uno sguardo che non racconta e basta, ma accompagna personaggi e luoghi, costruendo un mondo noir, realmente esistito ma al tempo stesso immaginato per rendere la storia de L’Ora quasi mitologica e leggendaria.
L’Ora-Inchiostro contro piombo sfugge al rischio di essere una fiction di impegno civile come le altre: il progetto offre una visione della lotta contro la mafia che tornando indietro nel tempo e trasformando il passato in un genere vero e proprio restituisce un messaggio inedito e già conosciuto, che incuriosisce ma richiede anche concentrazione.
Uno sforzo, quello a livello produttivo, che è richiesto anche al pubblico e che, complice anche una messa in onda estiva comprensibile (siamo fuori dal periodo di garanzia) ma che spiace, potrebbe non essere raccolto.