Una banda di avventurieri sbarca in Sicilia, sfila dalle casse della Regione novanta milioni di euro per un censimento mai esibito, e scappa con il bottino. E l’onesto, onestissimo Governatore che cosa fa? Tace. Potrebbe per esempio chiamare il bullo che gli sta accanto – persona molto informata sui fatti – e chiedergli qualche spiegazione. Invece niente: meglio una parola in meno che una parola in più. Poi esplode lo scandalo di quattro assessori su dodici impigliati a vario titolo in maleodoranti vicende giudiziarie. Tutti, dal Giornale di Sicilia a Repubblica, si aspettano che l’onesto, onestissimo Musumeci dica una parola di verità su una questione morale mai così acida e travolgente. Ma Musumeci tace: meglio una parola in meno che una parola in più. E fu così – scriveranno un giorno gli storici – che l’onestà diventò, passo dopo passo, sorella dell’omertà.
Giuseppe Sottile
in Operette immorali
L’onestà ha una sorella che si chiama omertà
nello musumeci
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