L’inaugurazione della rete idrica di Agrigento, che sarà pronta non prima di un anno, di fatto archivia l’estate 2025. In pratica, non c’è speranza. La siccità rischia nuovamente di inghiottire la Sicilia, ma Renato Schifani e il suo governo (con il quasi-ex assessore Di Mauro in prima linea) guardano oltre: “La Capitale della Cultura potrà dire addio alle autobotti”. Ma prima c’è una stagione – rovente – da affrontare e superare. E la Regione si ritrova, come al solito, con le armi spuntate e gli invasi quasi a secco: solo in provincia di Palermo mancano all’appello circa 130 milioni di metri cubi d’acqua su un totale teorico di 170 milioni. Addirittura il 20% in meno rispetto alla scorsa primavera, che ha rappresentato la vigilia dell’estate più nera di sempre.

Inoltre, da qui in avanti le precipitazioni si ridurranno di numero, e non c’è traccia nemmeno dei dissalatori che dovrebbero (almeno quelli mobili) essere pronti entro l’estate. Non esiste una sola misura transitoria che possa allontanare dall’Isola la nube dell’emergenza idrica: nonostante gli invasi monitorati dalla Regione contengano circa 230 milioni di metri cubi d’acqua, soltanto la metà di questa risorsa potrà essere realmente utilizzata a causa delle perdite nelle condotte. Di conseguenza, se non dovessero arrivare nuove piogge, l’acqua potrebbe bastare soltanto per altri sei mesi. La Sicilia è la seconda regione italiana per dispersione idrica, con una media del 51,6%, secondo l’Istat.

Per le condotte colabrodo non esiste rimedio: né a breve né a lungo termine. Anche se Schifani, da Agrigento, deve mostrare il volto dell’ottimismo, evitando allarmismi che potrebbero far precipitare la situazione (già resa pessima dalla cattiva organizzazione degli eventi culturali): “La dispersione delle reti idriche, che in questa zona raggiunge anche il 60 per cento, specialmente se collegata al fenomeno della siccità, è una situazione che non possiamo più tollerare – ha detto il governatore -. Iniziamo i lavori che metteranno la parola fine al razionamento dell’erogazione dell’acqua. È cambiato l’ecosistema ma con questo governo è finito il tempo delle autobotti e stiamo portando avanti soluzioni strutturali”.

Poi il mirino si sposta sui dissalatori, che verranno finanziati in parte dall’investimento previsto dal governo centrale grazie all’impiego dei fondi Fsc (nell’ambito dell’Accordo di Coesione firmato a Palermo con la Meloni), in parte dal project financing che permetterà ai privati di coprire la restante quota parte. Si parla di 270 milioni circa, sebbene i tempi di realizzazione rimangano incerti, almeno per le strutture definitive. Per quello di Gela, come riferiva Stella sul Corriere della Sera, la Regione continua a pagare 10,5 milioni di debiti l’anno (anche se è passato tempo immemore dalla sua dismissione): “Il dissalatore mobile che sarà installato a Porto Empedocle verrà realizzato entro l’estate – ha spiegato Schifani -. La Regione, con il contributo degli uffici e di tutti gli enti coinvolti, sta facendo la sua parte tempestivamente. Avevo preso l’impegno di sbloccare i lavori e per farlo abbiamo anticipato 10 milioni di euro, risorse che hanno consentito di accorciare i tempi e di arrivare all’inaugurazione” di venerdì.

Un altro dissalatore, dopo il via libera da parte della commissione nazionale per l’emergenza idrica, sorgerà a Trapani “per il recupero di complessivi 192 litri al secondo”. Successivamente, l’impianto dell’Agrigentino sarà trasportato a Trapani e sostituito da un nuovo impianto di tipo fisso realizzato tramite il revamping di quello da tempo dismesso. Soggetto attuatore di tutti gli interventi è Siciliacque che ha già provveduto a selezionare le imprese fornitrici. Al netto dei verbi declinati al futuro, però, non si scorgono soluzioni immediate. No, la danza della pioggia non vale. E anche a Palermo la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro a causa dell’ignavia della politica: l’Amap, che gestisce il servizio idrico in 47 comuni dell’area metropolitana, ha attivato da ottobre un piano di razionamento dell’acqua che, per ora, continuerà. Ogni quartiere resta senza acqua un giorno a settimana, misura che ha permesso un risparmio stimato di 100 mila metri cubi a settimana.

A metà giugno si farà una nuova valutazione, per capire se prolungare o attenuare le restrizioni. In parallelo, sono in corso vari interventi, tra cui i primi prelievi dal fiume Oreto, il completamento del dissalatore di Presidiana e la ristrutturazione del potabilizzatore Jato. Tuttavia, il razionamento sta creando forti disagi, soprattutto nei quartieri dove le abitazioni non sono dotate di cisterne o pompe. Alcuni residenti della zona dell’Arenella denunciano interruzioni dell’acqua fino a 36 ore consecutive e la comparsa di acqua torbida nei rubinetti. Le proteste dei cittadini si sono già fatte sentire e un comitato spontaneo ha organizzato un sit-in.

Intanto la Regione è impegnata a riparare i danni della siccità dello scorso anno: 18 milioni per gli agrumi, 11 per l’olivicoltura e 6 per i comparti di mandorli e pistacchi. L’economia è saltata per aria, i siciliani hanno vissuto mesi di distruzione, e tuttavia ci ritroviamo con la criticità di sempre. E il consueto immobilismo di una classe politica che, oltre a non saper risolvere i problemi, ha smarrito pure l’ambizione di parlarne.