L’incarico era “grosso”, ma l’avvocatessa, seppure giovane, aveva un big sponsor. Così dicono le indagini della Procura di Caltanissetta.
Il Palazzo di giustizia di Palermo torna a fare parlare, male anzi malissimo, di sé. Due anni fa fu la sezione misure di prevenzione a svegliarsi con le sirene dello scandalo. Ora tocca alla Fallimentare. Il giudice Giuseppe Sidoti, uno dei più brillanti e stimati del Tribunale, scivola sulla relazione con una donna. È lui che ha nominato Vincenza Palazzolo nella proceduta fallimentare. Ed è sempre lui che l’avrebbe raccomandata con l’ex presidente del Palermo Calcio, Giovanni Giammarva, per un incarico nella società rosanero e per entrare gratis allo stadio in Tribuna Vip.
La bocciatura dell’istanza di fallimento del club calcistico avanzata dalla Procura è il frutto di un patto illecito e corruttivo? Si vedrà. Nel frattempo si è aperto uno squarcio sulla sezione fallimentare e sull’assegnazione degli incarichi.
Quali sono i criteri di scelta dei professionisti? Conta la fiducia fra il giudice delegato e il professionista. Un principio che in teoria non fa una piega, ma che in pratica fa acqua da tutte le parti. Era emerso con le indagini dello scandalo Saguto e sta emergendo adesso. Con un’aggravante: le vicende delle misure di prevenzione sembrano non avere insegnato nulla.
I finanzieri sono tornati a riempire di microspie le stanze dei magistrati. Li hanno seguiti e spiati per mesi. L’altro ieri sono scattate le perquisizioni. Gli investigatori si sono portati via una serie di fascicoli. Erano solo quelli relativi al fallimento del Palermo Calcio? Quasi sicuramente la risposta è no.
Nei giorni dello scandalo Saguto in sezione Fallimentare fu emanata una circolare che richiamava al principio della rotazione degli incarichi. Il criterio è stato rispettato? Ai posteri l’ardua sentenza? Il guaio è che i posteri hanno la faccia dei pubblici ministeri di Caltanissetta che, tra le tante cose da fare, hanno pure il dovere di bacchettare i colleghi palermitani che sbagliano.
Chissà che ne pensano al ministero di Grazia e Giustizia. Magari al siciliano titolare del dicastero, Alfonso Bonafede, potrebbe venire in mente di mandare gli ispettori in nome dello sbandierato cambiamento.
Lo sanno pure le pietre che la Fallimentare si è trasformata spesso in un crocevia di intrighi e di affari sottobanco. Basta pensare ai beni pregiati o alle belle case romane sottratte alle aziende fallite e vendute per pochi spiccioli a parenti, amici e fidanzati.