L’isola senza vie di fuga

Uno spicchio della SS 514, la strada che attualmente collega da Ragusa a Catania. Il suo raddoppio è atteso da trent'anni

Vent’anni per una superstrada sembrano un po’ troppi, francamente. Come le quasi cinque ore che collegano, in treno (e che treno) Modica con la stazione centrale di Palermo. Ma da quelle parti è fiato sprecato. Il sistema infrastrutturale ragusano è peggio dei buchi nell’emmenthal. Quando pensi di goderti a pieno quella meravigliosa isola nell’Isola, i panorami mozzafiato, i monumenti barocchi, i paesaggi incontaminati, ti rendi conto che per andare nel lembo più estremo della Sicilia orientale occorre il viaggio della speranza. Caro turista immaginario, per scegliere quei posti lì occorre una testa e una pellaccia dura. Devi muoverti con la calma dei siciliani, evitare di agitarti per nulla (gli autobus cittadini? E che saranno mai…) o essere pignolo nelle tabelle di marcia. Come viene, viene.

Attenzione, però. Finché il turista sceglie, volontariamente, che resistere al fascino di Montalbano “no, non si può”, per i ragusani la questione è un’altra. Dal loro punto di vista, più che un’isola felice e quasi incontaminata, Ragusa rappresenta un’isola isolata. Un pessimo bisticcio di parole ma fedelissimo al concetto: il sistema dei trasporti non funziona, le infrastrutture sono anche peggio.

Ragusa è una provincia senza un km di autostrada. Zero. Non in senso lato, ma in senso stretto. Da anni i politici locali si battono (o così dicono) per l’apertura della Ragusa-Catania, che in realtà sarebbe una superstrada. Andrebbe a rimpiazzare la “strada della morte” che collega (leggero eufemismo) la perla del Barocco e il capoluogo etneo. Il progetto, fra un ritocchino e l’altro, sembra sul punto di ricevere la benedizione del Cipe (il dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica), propedeutica all’inizio dei lavori.

Un fiume di parole per dire che questa superstrada, capace di risolvere qualche carenza ma non tutte, è un’idea che si trascina stancamente dal 1998, ma che circa un anno fa subì uno stop, uno dei tanti, per preservare un boschetto con una decina d’alberi. Nel marzo scorso, dopo aver impolpettato ulteriormente il progetto, l’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, notò per puro caso che i siciliani, per attraversare i 68 km della nuova arteria, avrebbero dovuto sborsare la bellezza di 18 euro per il pedaggio. Inaccettabile: passo e rilancio. Lo stralcio definitivo, presentato in aprile a Roma, prevede una spesa di 690 milioni di euro, di gran lunga inferiore rispetto ai 1,3 miliardi stanziati inizialmente. Metà della spesa sarà a carico della Regione.

Metti che a Catania – in attesa della superstrada – si riesca ad arrivare attraversando quella statale a due corsie che fa letteralmente inorridire. Ma Palermo? Qui la situazione diventa tragicomica. A Ragusa esistono le ferrovie, ci sono un paio di stazioni funzionanti (una è Modica) ma mancano i treni. Un anno e mezzo fa Trenitalia ha portato in dote i Minuetto, che altrove sono passati di moda da dieci anni. Se domani volete fare una capatina negli iblei da Palermo, spenderete 15-16 euro a tratta e ci metterete in media 4h30’, con un cambio a Caltanissetta. Fare andata e ritorno in giornata è pressoché impossibile. Guai a parlare a un ragusano di treni e littorine: vi darà le spalle sghignazzando. W gli autobus!

Anche gli spostamenti interni, per i ragusani, non sono affatto agevoli. Alcune strade – su tutte quelle che portano dai centri urbani di Ragusa e Modica fino al mare – risultano infide e piene di buche. Gli incidenti si sprecano e talvolta ci scappa pure il morto. Una di queste arterie l’hanno ribattezzata “strada di Malavita”: indovinate un po’ perché?

In fondo a questo libro di sconcezze urbanistiche, però, ecco il guizzo che non t’aspetti: parliamo dell’Aeroporto di Comiso. Anche in questo caso, al netto degli espertoni di bilanci, cda e società di gestione, la comunità iblea continua a chiedersi perché depotenziare uno scalo inaugurato nel 2013, sulle ceneri dell’ex base Nato, che nei primi due anni e mezzo dalla riapertura ha fatto segnare vette stratosferiche, diventando un punto di riferimento per tutta la Sicilia orientale (e non solo quella). I bandi per l’incremento dei flussi, a più tornate, sono andati deserti. L’unica compagnia che sin dal primo giorno ha investito sull’aeroporto, la Ryanair, ha tagliato alcuni collegamenti e ridotto le tratte da Roma nonostante i voli sempre pieni. Non si capisce se è strategia aziendale, se è l’indotto che non funziona, se le prerogative sono altre. Resta il fatto che i ragusani rischiano di rimanere a piedi. E si dice pure che, da queste parti, mancando piste ciclabili all’altezza, le biciclette non abbiano tutta sta gran fortuna.

Paolo Mandarà :Giovane siciliano di ampie speranze

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