Chissà se il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, andrebbe fiero della diciassette produzioni appena finanziate dalla Sicilia Film Commission per 3,5 milioni di euro; se i film, i documentari e l’unico cortometraggio scelti dalla commissione diretta da Nicola Tarantino, uomo del Balilla, soddisfino i criteri dell’ex direttore del Tg2, che qualche tempo fa ebbe a lamentarsi col Foglio: “Dobbiamo smetterla coi film che facevano 16 spettatori. In questo momento ci sono 259 film finanziati, prodotti, mai usciti. C’è gente che ha preso i soldi del tax credit, dei contributi selettivi e anche delle Film commission regionali, ha fatto dei film e poi non si sa che fine hanno fatto”.
L’intervista resa dal ministro, ben prima dei fischi ricevuti a Taormina per la serata di Taobuk (e poi censurati prima della messa in onda da parte della Rai), risale a un mesetto fa. Quand’era già scaduto il termine per la presentazione delle istanze: alla Film commission ne erano pervenute 73. I criteri per cui vale la pena finanziare una produzione, a prescindere dalla cifra richiesta e dai costi sostenuti (o dichiarati), riguardano: la qualità del prodotto, il numero dei soggetti coinvolti, gli impatti economici e occupazionali in Sicilia e la solidità economico/finanziaria della produzione. Ad aver ricevuto una grossa fetta del finanziamento, oltre che la più corposa (500 mila euro), è “L’abbaglio”, un film con la regia di Roberto Andò e la partecipazione di Toni Servillo, oltre a Ficarra e Picone. Tra gli altri beneficiari spicca la quarta stagione di Makari, ormai serie cult di Rai 1, prodotta da Palomar e con Claudio Gioè nelle vesti del giornalista d’inchiesta Saverio La Manna. Altri sceneggiati sono rimasti fuori per insufficienza di risorse, e magari faranno il botto puntando su investimenti privati e basta. Chissà.
E’ stato ammesso a finanziamento anche un documentario sul ciclista Vincenzo Nibali, alias “Lo Squalo di Messina”, ultimo italiano a vincere il Tour de France, per circa 32 mila euro; il doppio della cifra andrà a Franco Maresco per un altro, indubbio capolavoro (si intitola “Quelli che restano”). Ma la propensione cinematografica della Regione, ormai, è nelle cose. Schifani e l’assessore Amata, dopo aver superato indenni le sciagure del Turismo certificate dalla Commissione Europea – anche se in teoria continuano a indagare sugli sperperi sia la Procura di Palermo che la Procura regionale della Corte dei Conti – si sono tuffati a capofitto sul cinema, dicendo di voler trasformare l’Isola, rimasta a corto d’acqua, in un set a cielo aperto. Vorrebbero farlo diventare roba loro, e prendersene i meriti.
L’allieva di Manlio Messina, che ha rilevato le redini dell’assessorato direttamente da Francesco Scarpinato – che il cinema avrebbe voluto farlo a Cannes, assecondando (ma non firmando) l’affidamento diretto di una mostra fotografica sulla Croisette, a una società lussemburghese, per quasi 4 milioni di euro – ha dichiarato: “Le produzioni audiovisive nazionali e internazionali che abbiamo selezionato hanno anche l’intento di valorizzare l’immagine della nostra Isola e potranno incrementare i flussi turistici verso il nostro patrimonio culturale e architettonico. Inoltre – ha ribadito l’Amata, degna erede della corrente turistica di FdI – offrono occasioni di sviluppo e di lavoro per le imprese locali, favorendo la crescita professionale degli operatori del settore”.
Anche se in questi casi è un terno al lotto. Tutto dipenderà da quanto le produzioni riusciranno a coinvolgere gli spettatori e gli inserzionisti pubblicitari. “The White Lotus”, ad esempio, non ha ricevuto un euro di sovvenzione pubblica da parte del nostro assessorato al Turismo, da sempre così sensibile al tema. Eppure ha riversato su Taormina migliaia di americani in cerca della nuova Mecca: la perla dello Jonio. Coi suoi paesaggi mozzafiato e le sue granite a prova di vip (forse un po’ inflazionate). Segno che un film può essere buono o cattivo indipendentemente dai finanziamenti pubblici. E anche questo è un concetto caro a Sangiuliano, su cui Sangiuliano farebbe bene a vigilare: “Non si può fare un film con la copertura del 100 per cento di contributo pubblico, un rischio d’impresa bisogna metterlo. Io ti do un 70, ma un 30 per cento tu lo vuoi rischiare? Chi è che in Italia apre un bar o un negozio di scarpe tutto quanto coi contributi pubblici? Nessuno può farlo”.
Il Ministro, che in due anni (o quasi) ha seminato le sue apparizioni di gaffe, talvolta è anche riuscito in decisioni accurate e assennate: come la nomina di Pietrangelo Buttafuoco alla Biennale di Venezia, per rompere l’incantesimo dell’egemonia culturale che la sinistra credeva le appartenesse in via esclusiva. Ma forse, anche se non avrà apprezzato i fischi del pubblico di Taormina, farebbe meglio a osservare più da vicino cosa accade alla Regione, in quanto a cinema e a turismo, senza limitarsi a imporre la figura di Beatrice Venezi per ogni poltrona semi-libera. Evitando di limitare le comparse a qualche evento di grido – come gli Stati generali del Cinema organizzati lo scorso aprile a Ortigia – e, piuttosto, addentrandosi nella gestione del denaro pubblico (lui che ne vorrebbe imporre un uso morigerato) allo scopo di placare gli appetiti di certi personaggi, come quelli del gruppo Balilla, che ormai da anni possiedono lo scettro del comando e delle clientele, e non sono disposti a cederlo in alcun modo.
Bisogna sempre ricordare – e Sangiuliano ce lo insegna – che i soldi della Regione sono soldi dei cittadini. E che pure quelli dell’Europa, utilizzati a suo tempo per riempire Cannes di schermi, foto e suggestioni siciliane, sono risorse che bisognerebbe utilizzare nell’interesse di 4,8 milioni di persone e non di una ristretta cerchia di amici. Lode a Makari, ad Andò e a tutto il cinema, ma mai abbassare la guardia di fronte ai patrioti più spregiudicati.