Il primo indagato del governo del cambiamento si chiama Armando Siri. Il sottosegretario ai Trasporti, leghista, avrebbe incassato 30mila euro per favorire il re dell’eolico, Paolo Arata. Al fine di inserire nella manovra all’esame del Parlamento un emendamento sul mini-eolico. Apriti cielo. Toninelli ha subito ritirato le deleghe all’ideologo della flat tax e consulente economico di Matteo Salvini. Il quale, invece, lo difende a spada tratta dall’assalto “purista” dei Cinque Stelle: “Toninelli avrebbe bisogno di aiuto e invece toglie le deleghe a Siri. Io non l’avrei mai fatto” ha commentato il Ministro dell’Interno. E mentre il premier Conte, sempre più stretto tra due fuochi, ha scelto di chiedere personalmente a Siri lumi sulla vicenda, il suo vice, Luigi Di Maio, era già partito all’assalto un’ora dopo che era stata battuta la notizia: “C’è una questione morale, i fatti sono legati alla mafia”. E mentre Salvini replica ai grillini, dicendo di non sopportare i due pesi e le due misure, il clima si infervora e la tenuta del governo, che vive di dualismi e malintesi, vacilla. Ci sono anche le Europee sullo sfondo e la battaglia elettorale, col M5S che prova a recuperare terreno sulla Lega usando il vecchio mantra dell’onestà, non fa rimanere sereno Salvini. Che potrebbe sbottare una volta per tutte e decidere si staccare la spina a un esecutivo che ha smesso di lavorare insieme troppo presto.
Paolo Cesareo
in Il sabato del villaggio
L’inchiesta sull’eolico scuote Palazzo Chigi
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